capitolo 1

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Quella mattina così fredda e nebbiosa l'ultima cosa che volevo fare era andarmene in ospedale, ma dovetti farlo e me ne pentii. Passarono i minuti e le ore prima che potessi presentarmi allo sportello per annunciare il mio arrivo; avevo quell'appuntamento da un'eternità da oltre due mesi, ma dovetti comunque faticare per ricordare alla segretaria chi fossi e chi fosse il mio medico. Rincoglionita, pensai lanciandole una serie di sguardi cupi.
Mi pentii anche perché io ho la strana fobia dei medici fin da..sempre, per quanto possa ricordare. E' più forte di me; tutti i medici, dai dentisti ai veterinari sono solo esseri umani insoddifatti della loro vita piena di sofferenze, così si divertono a vivere grazie a quelle delle altre nascondendosi dietro alla scusa 'Aiutiamo a guarire'. Col cavolo che aiutate, voi rovinate solo le vite, non le salvate.
Fatto sta che queste sono solo ragioni futili, il vero motivo per cui quella mattina avrei preferito starmene a letto furono i risultati dei miei mille test e analisi fatti durante l'estate. Non appena entrai in ambulatorio il medico mi chiese il nome, e appena vide le parole stampate sulla mia scheda fece uno sguardo (finto) rattristato, per poi non dire nulla e limitarsi a consegnarmi la busta con all'interno l'esito.
Non la lessi, gli riferii che avrei preferito sapere la causa del mio problema da sola, così sorrisi e salutai, fingendomi felice di vederne uno del suo genere. Insistette affinché la lessi con lui, ma non ci pensavo proprio.
Andai in sala d'attesa a leggere, giusto perché non c'era nessuno oltre ad un uomo sulla quarantina e un paio di vecchie che chiacchieravano come se non ci fosse un domani. Dovetti leggere una serie di noiosissime informazioni inutili, a mio parere, per poi arrivare alla fine e leggere: "Esito finale: al paziente rimangono 365 giorni di vita". La rilessi ancora e ancora e ancora e ancora..e ancora, nella speranza che le parole si cancellasserro continuando a leggerle, ma no, non era possibile.
Mi portai una mano alla bocca, iniziai ad ansimare e potei notare la mia vista offuscarsi pian piano mentre mi sentivo morire dentro. No, meglio evitare il termine morire.
Sentii le gambe cedermi, anche se me ne stavo comodamente seduta su una sedia ironicamente scomoda. Mi guardai intorno e all'improvviso mi sentivo come se tutti fossero a conoscenza di quel che avevo appena letto. Mi sentivo spogliata da tutto, da dignità, da libertà, da umanità, da orgoglio, da vita.
-Stai bene, cara?-una delle due vecchiette mi si era avvicinata con aria preoccupata, ed io scossi nervosamente la testa, ma non le risposi alzandomi immediatamente e correndo verso l'uscita. Non so perché non mi cadde nessuna lacrima, forse perché il dolore fu talmente forte che non riuscii nemmeno a lasciarmi andare. Una volta fuori lasciai che un freddo invernale mi invase provocando finalmente il mio pianto isterico.
-Porco dio, no!-mi lasciai sfuggire senza far caso alla poca gente che mi passava accanto. Mi presi il volto fra le mani, per poi metterle nei capelli e lasciare scorrere liberamente e disperatamente le mie lacimre infernali. Mi accucciai a terra, contro il muro. Mi meravigliai di come nessuno dei presenti si fosse avvicinato a chiedermi cosa stessi facendo o semplicemente se stessi bene. Ipocriti figli di puttana.
Dopo ben dieci minuti di pianto ininterrotto mi alzai da terra ed affondai gli stivali nella neve bianca nell'intento di raggiungere l'auto.Durante il tragitto per il parcheggiò mi asciugai le lacrime con le maniche della felpa, ma era tutto inutile dato che continuavano a scendere.
-Ehi, una sterlina bellissima?-ci manca solo il barbone di turno che cerca di rimorchiarti per avere due soldi, commentai mentalmente. Mi voltai fulminandolo.
-Non ho un cazzo in tasca, e adesso levati dai coglioni-cercai di sembrare minacciosa, ma apparevo solo debole per colpa del mio viso bagnato. Mi aspettai uno schiaffo da parte sua o che scappasse insultandomi, anche se non lo fece.
-Stai bene?-rimasi alquanto sorpresa dal tono tranquillo e preoccupato con cui lo chiese. Scossi la testa continuando a pensare all'immagine nella mia testa della scritta 'rimangono 365 giorni di vita'. Mi coprii il volto con le mani e lo ignorai continuando a disperarmi.
Si avvicinò lentamente e con fare indeciso, credendo che lo avrei respinto, ma lasciai che si avvicinasse. Io non mi mossi di una virgola ed avevo gli occhi coperti, ma potei sentire la sua presenza avvicinarsi sempre di più. Poi successe un fatto che mi fece immobilizzare completamente, mi abbracciò.
Quel ragazzo vestito di stracci, gentile, infreddolito, della quale non sapevo il nome mi strinse non appena mi vide piangere spaventata. Mi allontanai un po' troppo bruscamente senza dirgli una parola, nemmeno lui disse niente, limitandosi ad osservarmi con fare dispiaciuto.
Salii piuttosto spaventata in auto, che era lì a circa una decina di passi, senza mai distogliere lo sguardo dai suoi meravigliosi occhi veramente tristi, e non come quelli dei medici. Non capivo. Non capivo come uno sconosciuto potesse provare pena per una sconosciuta della quale non sapeva nulla. Non sapeva nemmeno il motivo, quindi perché si è rattristato in quel modo? E perché mi ha abbracciato?
Cercai freneticamente il telefono nella mia borsa, e quando rialzai gli occhi il ragazzo non c'era più. Non era più nel bel mezzo della strada con lo sguardo da cane bastonato.
Non ci feci caso e composi tremolante un messaggio indirizzato a mia sorella, dicendole che le avrei dovuto parlare urgentemente entro sera. Misi in moto e nonostante le lacrime minacciavano di scendere ancora, fui forte e le trattenni. Non appena feci retromarcia buttai un occhio alla mia borsa e mi chiesi dove cazzo fosse finito il mio portafoglio. Era una borsa molto piccola, conteneva solo telefono, chiavi, fazzoletti e portafoglio che ora non c'era più.
-Bastardo di merda-ennesima esclamazione. Che giornata di merda, pensai scendendo dall'auto e guardandomi intorno in cerca di quel figlio di puttana che mi aveva appena derubato. Non mi bastava una notizia del genere quella mattina, ma anche essere vittima di in furto così accurato e da stronzi. Fingere di essere gentili e poi sfilare il portafogli dalla borsa di una donna, tsè.
Non appena riconobbi il suo cappotto color marrone pieno di toppe e stracciato in vari punti iniziai a correre. Non chiamai nessuno e tanto meno non urlai, perché, cazzo, avrebbe iniziato a correre anche lui. Mi sentivo alquanto ridicola, ma non mi importava perché in quel momento sentivo troppe emozioni e volevo solo il mio borsellino per poter andare a casa con una preoccupazione in meno. Anche se non avrebbe sollevato poi così tanto il carico di angoscia di quella mattina.
Quando fui a pochi metri da lui non seppi che fare. Insomma, avrei dovuto prenderlo per il braccio o gli sarei dovuta letteralmente saltare addosso? Non feci a tempo a ragionare perché la prima cosa che fui fu proprio quella di assalirlo.
-Che stai facendo?-
-Ridammi il portafoglio, bastardo!-fui subitamente immobilizzata dalle sue possenti braccia. Mi dimenai cercando di liberarmi da quella presa, mi faceva male ai polsi.
-Io non ho il tuo portafoglio, non sono un ladro e cerca di calmarti!-mi scosse facendomi andare fuori di testa un'altra volta. Era una situazione troppo strana, e il mio cuore non resse, facendomi lacrimare per l'ennesima volta in una sola mezz'ora.
-Non credo che tu stia bene-quasi sussurrò osservandomi paralizzato piangere. Non risposi e mi limitai a starmente zitta continuando con la mia serie di singhiozzii. Il punto è che mi sentii così stupida ed umiliata quando toccai la mia gamba e potei sentire il portafoglio nella mia tasca dei jeans.
In tutto questo lui non mi aveva ancora lasciato andare i polsi e continuava a reggermi e grazie a Dio, perché sentivo che sarei caduto nel bel mezzo della neve sporca altrimenti.
-Mi dispiace così tanto..-piagnucolai poco dopo, quando finalmente sciolse piano piano la presa.
-Non so cosa tu abbia, ma stai tranquilla, non sono arrabbiato con te-sorrise. Voglio dire..sorrise e dico proprio che sul suo viso comparve un enorme e raggiante sorriso. E' sorprendente come i suoi denti fossero curati nonostante fosse un ragazzo di strada.
Come risposta annuii semplicemente ed mi avviai lentamente verso l'auto, provando imbarazzo, dolore e tristezza dalla testa ai piedi. Mi sentivo uno schifo. Ero marciume e l'unica cosa che volevo era stendermi nel letto e dormire per i prossimi 365 giorni.
-Sì, uhm, comunque io sono Harry!-mi voltai notandolo sorridere per l'ennesima volta come se non fosse successo nulla. Come se non lo avessi accusato di furto, come se non lo avessi mandato a quel paese, come se non lo avessi buttato a terra scatendandomi come una pazza.
-Camille-risposi. Altro sorriso da fare invidia al sole, alla luna, a tutto il resto delle stelle e tutti i pianeti. Sembrava l'ottava meraviglia del mondo, se non la migliore di tutte.
Detto ciò filai in auto, ancora accesa, dato che non mi preoccupai nemmeno di spegnerla prima di scendere. Partii uscendo dal parcheggiò dell'ospedale. Passai al suo fianco e mi rivolse un saluto sincero alzando una mano. Non ricambiai sentendomi una stronza maleducata.

365 giorni per dirti ti amo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora