Capitolo terzo - il ritorno di Sparky

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«Rieccomi in questa città maledetta... spero di riuscire, finalmente, a liberarmi dai miei incubi!» Sparky fissa la miniera appartenuta a Greg Bramante e corre con la memoria al gangster, ma ancor più al proprio capo, Joe Damerino. «Quanti brutti ricordi: i mostruosi uomini-pianta, la mia cattura, il massacro del mio capo nel bunker sotterraneo, la fine di quella serpe di Malone e l'uccisione di quello stupido scimmione di Mammut...» Al pensiero di quegli avvenimenti, Sparky è assalito da un senso di vertigine. «Signore, si sente bene?» gli domanda l'assistente di volo, preoccupata. «Sì, certo... è stato solo un lieve mancamento.» «Abbia un po' di pazienza. Presto le navette saranno qui per accompagnarvi fino in città. Se nel frattempo le occorre qualcosa, sappia che sono a sua completa disposizione.» Sparky ringrazia la giovane, si siede su una grossa pietra e si accende una sigaretta, mentre continua a contemplare il paesaggio brullo. Poi, preso il cellulare dalla tasca interna della giacca, cerca un numero nella rubrica e lo chiama. L'auto di Luke intanto corre veloce verso la città. Michaela ha il volto provato e pare sul punto di cedere alla stanchezza, ma Luke non resiste alla tentazione e decide di porle qualche domanda. «Se la sente di raccontarmi tutto?» Michaela accenna un lieve sorriso. «Avrei dovuto immaginarmelo... il detective che è in lei non va mai in pausa!» «Che vuol farci, sono fatto così.» Michaela comincia a raccontare: «È stata una vera follia! Stavamo sorvolando i cieli di Florentia ed eravamo ormai prossimi a giungere a Eghena quando siamo stati avvolti da quella che pareva una normalissima nebbiolina; col passare del tempo, però, si è fatta talmente fitta da fagocitare ogni angolo di cielo. Ho dato un'occhiata all'orologio per calcolare mentalmente quanto ritardo avremmo potuto avere sulla tabella di marcia e, con stupore, ho notato che si era fermato da qualche minuto. Poi l'aereo ha cominciato a vibrare, come se fossimo stati nel bel mezzo di una turbolenza, finché non siamo stati investiti da una luce accecante. I ricordi successivi sono confusi: è come se mi fossi trovata a vivere in un sogno, o in un incubo. L'aereo era letteralmente scomparso e ho avuto l'impressione di trovarmi all'interno di un ambiente dalle pareti lattiginose e semitrasparenti, dietro le quali si muovevano ondeggiando delle sagome grigiastre... Ha presente le ombre cinesi?» «Si trattava di esseri umani?» «Ne avevano l'apparenza, ma gli arti erano esilissimi e le teste parevano allungate, così come le dita. Sembravano osservarci con estrema curiosità... All'improvviso, ho sentito le forze abbandonarmi e la mia percezione visiva indebolirsi. Quegli esseri, allora, hanno varcato la parete, si sono avvicinati e hanno cominciato a disquisire tra loro in un linguaggio incomprensibile; non somigliava ad alcuna lingua conosciuta, non da me almeno. Con le loro dita setose hanno toccato ogni parte del mio viso, del mio corpo e la stoffa dei miei abiti, come se per loro si trattasse di cose assolutamente nuove. Avrei voluto gridare, ma ero come paralizzata: non riuscivo a muovermi né ad aprire bocca.» «Quello che dice non è dissimile da quanto mi ha riferito Robbins. Vada avanti...» «C'è poco da dire, ancora: alla fine, si sono allontanati soddisfatti, una luce verdognola mi ha investito e mi sono addormentata. Quando ho ripreso i sensi eravamo rispuntati, con l'aereo, nei cieli sopra Eghena. Mi sono ritrovata seduta esattamente al mio posto, senza un capello fuori posto, come se nulla fosse accaduto, come se fosse stato, appunto, soltanto un sogno assurdo...» «E si è fatta un'idea di cosa possa essere accaduto realmente?» «Quale idea dovrei essermi fatta? Non ho altre versioni da raccontarle e, se lei pensa che le cose siano andate diversamente, sta a lei formulare delle ipotesi e scoprirlo.» «Mi scusi se sono stato importuno e indelicato... ha ragione, come sempre!» ammette Luke. «No, mi scusi lei se mi sono saltati subito i nervi, ma capirà... prima la morte della zia, e poi tutto questo...» «Senta, mi è venuta un'idea, per farmi perdonare: e se invece di riportarla subito a casa sua, ci fermassimo in qualche locale dove potrà fare colazione? Offro io, ovviamente.» «Non è un'idea malvagia. Strano che sia venuta a lei, capo.» E così, meno di mezz'ora dopo, poco prima di raggiungere il centro cittadino, Luke e Micki fanno sosta in un piccolo locale. Sedutisi a un tavolo, sono raggiunti da una ragazza che raccoglie le ordinazioni. Una decina di minuti dopo, mentre sono intenti a conversare del più e del meno, la porta si apre ed entrano due avventori. Luke ne scorge, seppur di sfuggita, l'immagine riflessa in uno specchio: una bella donna sulla cinquantina, dai capelli neri legati in uno chignon e dai penetranti occhi verdi, con indosso un elegante abito lungo d'un color viola scuro tendente al nero, e un uomo di cui riconosce all'istante la figura longilinea: Sparky, l'ex braccio destro di Joe Damerino. «Madame Nadia, benvenuta. Le riservo il solito tavolino nella saletta privata?» domanda il proprietario, dimostrando di conoscere la nuova arrivata. «Sì, Herbert caro. E che nessuno venga a disturbarci. Ho degli affari da discutere con questo mio assistito.» Luke si accorge che la finestra alle spalle dei due è aperta e, poiché si affaccia sul retro del locale, chiede a Micki di attenderlo, mentre andrà a verificare perché Sparky abbia fatto ritorno a Eghena. Raggiunto il retro del locale, verificato che nei paraggi non ci sia nessuno, Luke si porta vicino alla finestra riuscendo a cogliere alcuni frammenti della conversazione. «Così, da qualche mese, fa sempre gli stessi incubi ricorrenti. Mi spieghi nella maniera più chiara possibile in cosa consistono» chiede Madame Nadia. «Spesso, durante la notte, mi capita di svegliarmi in preda a una forte agitazione, come se un grave pericolo mi minacciasse e ho la netta sensazione che sotto al letto si nasconda lui!» «Lui chi?» «Ma l'uomo-pianta, naturalmente!» «Ne ho sentito parlare... E allora? Che succede dopo? Riesce a riaddormentarsi?» «No, almeno non sempre... In genere rimango con tutti i sensi all'erta, pronto a cogliere il benché minimo rumore. Non appena sto per rasserenarmi e abbandonarmi al sonno, ecco un fruscio, e poi uno scricchiolio; dal buio ho l'impressione che scaturiscano i filamenti di quei mostri, pronti a ghermirmi e mi paralizzo, non riesco più a muovere neppure un dito. Poi una luce si materializza davanti ai miei occhi, sempre più grande e mi si accosta. Odo una voce familiare, come soffocata, giungere da molto lontano: è Mammut... mi mette in guardia: dice che lui sta tornando, che vuole vederci tutti morti e non può perdonarsi che io gli sia sfuggito...» «Di chi si tratta? Chi la vuole morto?» «Lui: Mickey Malone!» «Mickey Malone?» pensa Luke. «Che accidenti di storia è mai questa?» Madame Nadia non si scompone e riprende la conversazione con la sua voce calma e profonda. «Mickey Malone è quel gangster che morì in uno scontro a fuoco con la polizia qualche anno fa, prima ch'io mi trasferissi in questa città, non è vero?» «Mickey Malone era un demonio incarnato, e non fu la polizia a ucciderlo, bensì il mio socio Mammut. Mammut aveva poco cervello, ma una grande forza... se in qualche modo è tornato dall'aldilà per avvisarmi è perché sta accadendo qualcosa di importante: forse Malone sta veramente per fare ritorno dall'Inferno!» «Se è così lo scopriremo!» lo rassicura Madame Nadia. «Venga a casa mia stanotte, verso le undici e ne riparleremo nel dettaglio. Nel frattempo, vedrò cosa posso fare per saperne di più. Ora non è il caso di proseguire...» E, senza terminare la frase, la donna si alza dal tavolo e si guarda tutt'intorno, come se percepisse una fonte di disturbo. Luke abbandona la sua postazione, rientra dall'ingresso principale e raggiunge Micki. Poco dopo, Madame Nadia e Sparky passano accanto ai due giovani. La donna si volta e, prima di uscire, studia con aria sospettosa Michaela e l'uomo di spalle che ha di fronte a sé. «Se ne sono andati?» domanda Luke. «Sì, sono appena usciti... ma prima quella donna ci ha lanciato un'occhiataccia, come se avesse intuito qualcosa.» «Devo scoprire chi è e dove abita. Chiamo Marchetti perché se ne occupi e poi la porto a casa.» Michaela finisce di sorseggiare il caffè e, non appena Luke ha terminato la telefonata e pagato il conto, lo segue sull'auto. Sulla porta di casa i due si salutano. «Se non fossi così stanca la inviterei a entrare» dice lei, accarezzandone con dolcezza il volto. «E forse io accetterei ... però, come ha detto, questo non è il momento, Micki. Devo tornare in centrale» chiude corto Luke, allontanandosi a passo sostenuto. Michaela lo osserva andarsene, sorridendo, sorpresa da quella risposta, fin troppo esplicita per quell'uomo. «Ecco le notizie che ho raccolto...» interviene Marchetti, passando dei fogli a Luke. «Madame Nadia è una sensitiva, abbastanza famosa dalle parti di Florentia. Alcuni mesi fa, dopo la morte del fratello Emil, col quale viveva, si è trasferita a Eghena, in una villetta poco fuori città. Pare che viva da sola insieme a una domestica.» «Ottimo lavoro, Marchetti!» si congratula Endell. «E non ha scoperto altro sul suo conto?» «Sembra che quella donna abbia una particolare propensione per il mondo dell'occulto. C'è chi la ritiene un'imbrogliona, che sfrutta le proprie doti per arricchirsi, tuttavia non esistono prove in tal senso. Anzi, risulta provenire da una famiglia ricchissima; di rado chiede un onorario per i suoi servigi e, quando lo fa, finisce per devolvere tutto quanto in beneficenza.» «Un personaggio davvero insolito. Credo proprio che stasera andrò a farle visita...» Ciò detto, per il resto della giornata, Endell si occupa del normale lavoro d'ufficio. Alle dieci e trenta si mette in strada e, ben presto, giunge in vista della villa di Madame Nadia, situata in una zona di campagna, fuori città.

Eghena - seconda parteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora