Capitolo undicesimo - gli spettri della miniera

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Luke continua a vagare nell'oscurità. Invano, con i sensi all'erta, cerca di percepire una corrente d'aria o il minimo rumore. Ricordatosi di avere in tasca una torcia elettrica l'accende, ma la luce non riesce a fendere il buio. Quando ormai sta per rassegnarsi a quella situazione, in lontananza nota un vago chiarore. Luke s'incammina verso la luce ma, giunto a pochi passi da essa si blocca di colpo. «Che c'è Luke? Non dirmi che hai paura di me?» Di fronte a sé Luke scorge Michaela, con indosso un abito dorato di pizzo, impreziosito da paillettes: le trasparenze mettono in evidenza il suo corpo ben tornito. La giovane allarga le braccia e sorride maliziosamente. «Non vuoi più fare l'amore con me, Luke?» «Io... io... tu non puoi essere Michaela. Lei si trova con Madame Nadia in questo istante.» «Come puoi affermarlo con certezza? Lascia che ti abbracci... e non dirmi che non lo desideri. Sono qui per te. Accarezza i miei capelli color del fuoco, bacia le mie labbra carnose, perditi nei miei seni morbidi...» Luke indietreggia, sforzandosi di comprendere il senso di quell'apparizione. «Ma forse per te è troppo difficile concederti all'amore. Ah, l'integerrimo uomo di legge! Hai forse paura di insozzarti mettendoti insieme a me?» «Non è questo... tu sei bellissima, Michaela, ma i nostri ruoli...» «Quali ruoli? Che senso ha mantenere le distanze quando c'è un sentimento così forte a unirci? Suvvia, vieni da me, sono pronta ad accoglierti a braccia aperte» insiste la donna, con un sorriso malizioso. Luke esita. «Allora non mi lasci altra scelta: sarò io a venire da te!» dice Michaela, avanzando con passo deciso; e, mentre lo fa, il suo volto muta d'aspetto e, a poco a poco assume la consistenza del legno, mentre le sue braccia si trasformano in rami nodosi e i capelli in lunghi filamenti ondeggianti. «E così?... Così invece ti piaccio?» domanda. «Sei talmente concentrato sugli uomini-pianta che forse in questa forma sarai in grado di amarmi.» I rami si protendono verso Luke e lo afferrano. Alcuni rami appuntiti lacerano la stoffa dei suoi abiti e artigliano la sua carne. «Vieni! Abbracciami anche tu, sto aspettando che ti lasci andare... ora sono come mi volevi!» «È il suo momento: vada!» sussurra Madame Nadia a Micki. I rami avvinghiano Luke, rendendogli affannosa la respirazione. Quando tutto sembra perduto, un'altra figura appare dal nulla e si porta accanto a Endell: è Michaela. «Luke! guardami! Quella non sono io. È solo un parto della tua immaginazione. Io ti amo, ti amo... tu lo sai bene. Ma non ti forzerò mai ad andare contro i tuoi principi, pur di averti accanto. Ti amo così tanto che sono anche disposta a lasciarti andare, a perderti.» Luke si specchia negli occhi colmi di dolcezza di Michaela e sente allentarsi la presa dei tentacoli. «Io ci sono e ci sarò sempre per te, ma non ti costringerò mai ad amarmi, come vorrebbe fare quel mostro. Ti prego, andiamocene via da qui.» La falsa Michaela si squaglia come un pupazzo di neve e, infine, scompare. «Ce l'hai fatta, Luke. L'hai scacciata!» esclama Micki, esultante, saltandogli al collo e baciandolo con passione. «Scusami, Luke!» dice poi, allontanandosi di qualche passo. «Non scusarti... mi piaci proprio perché sei così dannatamente istintiva!» le dice lui, afferrandole le mani. Anche la visione di Luke si dissolve e si ritrova nell'immensa sala. «E il giovane Assim: che fine ha fatto?» osserva Embrock. Assim, proseguendo la sua esplorazione del cunicolo, si inoltra nelle profondità della terra. A un certo punto, da un cunicolo laterale, ode distintamente il rumore provocato da canti e balli vivaci e scatenati. Incuriosito, si intrufola in quel cunicolo e finisce per trovarsi davanti a una finestra, la quale dà su un locale gremito di persone. Entrato, si guarda intorno cercando di capire dov'è mai capitato, poi va dritto al bancone, facendosi strada tra i clienti, seduti ai tavoli, ma anche ammassati alle pareti laterali, suddivisi in piccoli gruppetti. Ovunque si respira l'odore acre e fastidioso di sigari e sigarette, il cui fumo satura il locale. Su un palchetto, alcune ragazze discinte ballano e cantano, rallegrando i clienti, mentre un pianista e una violinista accompagnano la loro esibizione. L'oste, un omone calvo con due mustacchi neri, scruta il ragazzo dalla testa ai piedi con aria sospettosa. «Ehi, tu! Sì, dico proprio a te, moccioso! Non sei un po' troppo giovane per entrare in questo luogo di perdizione?» «La prego, può dirmi dove mi trovo?» domanda Assim. «Ah! Ah! Ah!» ride l'oste, a squarciagola. «Mi domandi dove siamo? Parola mia: tu devi essere un po' toccato, moccioso!» Un avventore, con il volto e gli abiti logori e sporchi di polvere gli si avvicina. «Lascia in pace questo giovanotto, Gus! Se è venuto qui ci sarà di sicuro un buon motivo: forse il paparino l'ha mandato a farsi svezzare dalla dolce Meg! Eh! Eh! Eh! È così, figliolo?... Anche a me piace tanto la dolce Meg, coi suoi bei riccioli neri. Eh, Eh! Se hai abbastanza soldi per entrambi, posso venire a mostrarti come si fa!» «Sì! Insegnagli al bamboccio! Lo sverginerà per benino!» grida un altro, dal fondo. «No, non è così... non so di cosa stia parlando, signore, e rinnovo la mia domanda: che posto è questo?» Un altro avventore, un omone grande e grosso, con una folta barba grigia, si avvicina a sua volta al banco. «Lo so io cosa ti ci vuole, bimbo: una buona birra scura! Non preoccuparti: te la offro io... prendi il boccale e mandala giù tutta d'un fiato, se vuoi diventare uomo!» «No!» grida un altro, sghignazzando. «Gli ci vuole una sorsata di buon Whisky scozzese! Molto meglio di quel piscio irlandese!» L'omone dalla barba grigia va su tutte le furie e, afferrato uno sgabello, lo rompe in testa all'uomo. Ne scaturisce una rissa che coinvolge diverse fazioni. Alcuni mettono mano perfino ai coltelli. Assim si porta a ridosso delle scale che conducono ai piani superiori e assiste esterrefatto a quella scena totalmente priva di senso. «Stai tranquillo, ragazzo,» lo rassicura una donna mora con indosso un abito d'un rosso sgargiante, molto scollato, affacciandosi alla balconata, «tutte le sere i ragazzi si sfogano così: amano fare bisboccia, ecco tutto! Difficilmente ci scappa il morto, però! Se non ami questo genere di spettacolo puoi salire da me. Se hai qualche spicciolo in saccoccia potrei farti un servizietto veloce.» «Spiacente, signora, ma preferisco restare qui!» «Come vuoi... e grazie per la "signora"!» dice la donna, tornandosene nella propria stanza. La baraonda pare non avere più termine e neppure l'oste, sparando in aria con un fucile a canne mozze, riesce a dirimere la contesa. Quando sembra non esserci più nulla da fare, una sirena suona in lontananza e gli avventori interrompono all'istante ogni ostilità. Con gli sguardi fissi nel vuoto aiutano a rialzarsi coloro che sono a terra e, tutti insieme, escono dal locale. Assim li segue per capire dove stiano andando. Gli uomini, incolonnati, in perfetto silenzio, si avviano verso la miniera, scomparendovi all'interno. Dopo alcuni istanti si ode un enorme boato. Assim sta per correre a vedere da vicino cos'abbia causato quel rumore, quando alle sue spalle ricominciano i balli e la musica. Rientrato nel locale, scorge i clienti ai loro posti, esattamente come li aveva trovati al suo arrivo. Sedutosi a un tavolo, riflette su quanto accaduto, cercando di coglierne il senso. «Posso sedermi accanto a te?» «Prego, il posto è libero!» dice Assim a un ragazzo biondo, anch'egli con gli abiti e il viso impolverati. «Io mi chiamo Huck, e tu?» «Io sono Assim.» «Tu non sei uno di noi: che ci fai in questo posto?» domanda il ragazzo. «Sono capitato qui per caso...» «Il caso non esiste!» replica con sicurezza il giovane. «E allora, sai spiegarmi che ci faccio qui?» «Tu volevi arrivarci. Ti va se ti racconto una storia? » «A quanto pare sono qui per questo...» risponde Assim.

Eghena - seconda parteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora