LA CAVALCATA DELLE VALCHIRIE

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Volare con le mie nuove ali fu faticoso e frustrante come imparare di nuovo a camminare.

Faticai a sollevarmi dal suolo e tentai più volte di darmi lo slancio sotto lo sguardo addolorato di mio fratello che prima di me aveva già vissuto a suo tempo quell'umiliazione e quel senso di impotenza.
Ignorai il suo sguardo compassionevole e ritentai caparbio ancora ed ancora finché non riuscii e quando finalmente mi sollevai emisi un sospiro di sollievo.
Ma quella sfida non era ancora terminata.
Anche durante il volo stesso fui costretto a mettermi di nuovo alla prova per guadagnare e mantenere l'equilibrio in movimento e modulare le virate e le planate rischiando più volte di fallire  schiantandomi al suolo.
Non potei fare a meno di pensare che il ritorno sarebbe stato ancora peggiore, considerando che avrei anche dovuto portare lei assieme a me.
Avrei dovuto ricalcolare ancora l'equilibrio con il suo peso aggiuntivo,
temendo anche che presa dal panico si divincolasse scivolando dalla mia presa.
Avrei tentato di raggiungerla con tutte le mie forze,
certo comunque che se non fossi stato capace di agguantarla nel suo rovinoso precipitare avrei semplicemente chiuso le ali per seguirla.

Lux rimase ad osservarmi discretamente a distanza,
pronto ad intervenire soltanto qualora ce ne fosse stato bisogno.

Ero più che certo che condividesse le mie stesse preoccupazioni e che stesse valutando le stesse variabili,
ma si costrinse a celarle per darmi coraggio.
Lui sapeva benissimo che se qualcosa fosse andato storto io non sarei sopravvissuto.
Sapeva benissimo che se le fosse accaduto qualcosa, mi sarei lasciato andare per schiantarmi al suolo un attimo dopo di lei.

Sorvolammo nel buio assoluto il territorio del suo branco che dall'alto appariva tranquillo e dormiente.
Non un rumore o un qualsiasi movimento ad interrompere il silenzio e la quiete.
Feci cenno a Lux di seguirmi ed iniziai a planare lentamente,
una volta riconosciuta la casa dove quella sera avevo compiuto il rito.
Era la casa dell'Alpha,
quindi la più grande fra tutte ed in una posizione centrale rispetto alle altre abitazioni più modeste e disposte attorno ad essa in modo concentrico sino a diradarsi gradatamente verso il margine della foresta.

Immagini di lei iniziarono a proiettarsi implacabili nella mia mente infiammandola di sensazioni sconosciute e profonde.
Era vicina.
Il mio petto iniziò a bruciare destabilizzandomi e compromettendo inesorabilmente la traiettoria della mia discesa,
ma strinsi i denti e cercai di costringermi ad allontanarle per non sbilanciare ulteriormente il mio baricentro.
Lux si avvicinò silenzioso ma rapidissimo come un rapace per poter intervenire ed impedire che mi schiantassi rovinosamente al suolo.

Di nuovo lui aveva compreso.
Ed ero certo che come me si stesse anche domandando come avrei potuto trasportarla stretta tra le mie braccia al rientro
se soltanto il suo ricordo mi provocava questa reazione violenta ed inconsulta.
Ero anche certo che questa fosse l'ennesima conferma per lui per augurarsi di non trovare mai il proprio Zahir perché ora aveva sotto agli occhi la prova tangibile di quanto potesse renderlo vulnerabile.

"Stringerò i denti e resisterò, dovessi frantumarli uno per uno.
Se non riuscirò volando,
la porterò in braccio a piedi.
E se occorresse, posso anche strisciare"
lo anticipai deciso prima che lui potessi esternare le sue perplessità.
Lui sollevò un sopracciglio,
ma tacque.
"Ma sarò io a portarla.
Non tu, né nessun altro.
Sarò io"
lo ammonii severo.

"Anche se questa tua egoistica ostinazione dovesse procurarle un danno?"
insinuò velenoso inclinando malizioso il capo verso di me.

"Io non le farei mai del male"
obbiettai colpito dalla sua osservazione.

"Non consapevolmente, naturalmente"
aggiunse lui accondiscendente.
"Ma sei reduce di un trauma molto recente e non hai ancora abbastanza confidenza con le tue nuove ali da padroneggiarle abilmente..
Dico solo che se la sua incolumità ti importa come sostieni,
dovresti mettere da parte la tua gelosia e considerare almeno delle alternative.
Un piano B, Az..."

Mi irrigidii al pensiero disturbante che altri fuori che me la toccassero, foss'anche il mio fratello più caro.
Allo stesso tempo tuttavia,
non potevo non ammettere che il suo pensiero fosse più che legittimo e che al di là di tutto importava il suo benessere e la sua sopravvivenza.
Io venivo dopo.

"D'accordo Lux"
accettai tra i denti,
trattenendo un fremito di repulsione.

Lui si arrestò sgranando gli occhi incredulo che avessi ceduto così facilmente.

"Farò del mio meglio per metterla in salvo con le mie possibilità.
Ma se per qualche motivo dovessi fallire, mi affido a te"
gli concessi.

"Sono colpito"
ammise lui disorientato,
dopo un attimo di esitazione.
In quel momento realizzai che aveva avanzato quella sua proposta non per sincero altruismo ma soltanto per provocarmi e non sicuramente perché si stesse realmente preoccupando di proteggere la mia amata.
La mia risposta quindi l'aveva spiazzato.
E mi sorpresi di non avere previsto che un essere egocentrico ed egosintonico come mio fratello non si potesse realmente preoccupare di qualcosa che esulasse da sé stesso.

"Deve essere davvero un sentimento molto profondo e nobile quello che provi per questa donna"
aggiunse, quasi vergognandosi che la sua proposta non fosse dettata da una reale preoccupazione per lei ma soltanto per schernire me.

"La porta è quella"
sussurrai indicandone l'entrata, ignorando volutamente le sue considerazioni.
"Entrerò io da solo.
Tu resterai qui fuori ad attenderci e a controllare che nessun altro entri"

"D'accordo Az,
ma ricordati che il tempo scorre e la situazione può essere pericolosa"

Confondendomi con le ombre della notte coprii lo spazio che mi separava dall'ingresso e lo forzai silenziosamente e senza alcuno sforzo.

Richiusi lentamente l'uscio alle mie spalle ed incedetti nel familiare piccolo atrio su cui si aprivano le stanze del pianterreno,
davanti a me la familiare rampa di scale che conduceva alle camere da letto al piano superiore.
Salii il primo gradino,
ma qualcosa catturò la mia attenzione e mi arrestai.
Era un crepitio secco e ritmico,
come lo scoccare di un ceppo avvolto dalle fiamme e dal calore di un caminetto acceso.
Mi girai verso la direzione del rumore e notai un timido bagliore pulsante provenire dalla porta aperta della prima stanza del pianterreno,quella che doveva essere il salone.

Rimasi immobile, confuso.

Udii il rumore metallico di quello che immaginai essere un attizzatoio che strisciava sulla pietra, come se qualcuno fosse ancora desto nel cuore della notte
e stesse muovendo i tizzoni per ravvivare il fuoco.

Il cuore galoppava talmente forte che minacciava di esplodermi nel petto.

Lei era lì.

AZRAEHL - L' ANGELO CADUTO Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora