Capitolo 23

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Din don

Sento il suono del campanello mentre sono stesa sul letto, a finire di leggere il libro delle vacanze prima ancora che siano iniziate.
Questo è un accenno di pazzia?

Il suono si ripete qualche altra volta e nessuno va ad aprire, così afferro la prima cosa che mi trovo sottomano dal comodino, una bottiglietta di gel disinfettante, e lo infilo tra le pagine per tenere il segno. Piegare i lati non è neanche pensabile nel mio modo di fare da lettrice accanita, capace di leggere più di un libro al giorno se davvero non ho nient'altro da fare.

«Mamma, papà.» Provo a chiamarli, ma evidentemente saranno usciti e non me ne sono resa conto, troppo immersa nell'atmosfera profonda del romanzo che stavo leggendo.

Scendo le scale rischiando di scivolare un paio di volte e arrivo alla porta aprendola di scatto.

Jane mi guarda torva dall'alto verso il basso, prima di entrare in casa poggiando la sua borsetta sul muretto dell'ingresso.

«Si può sapere perché sei in pigiama di sabato sera?»

Schiocca la lingua e stringe le labbra per uniformare la tinta rosso scuro che indossa.

«Stavo leggendo, tu di solito leggi con un tubino indosso?»

«No amica mia, io di solito non leggo.»

Mi mette i capelli dietro le orecchie con fare da madre e mi guarda fissa nelle iridi.

«Jane, devi per caso dirmi qualcosa?»

La guardo anche io, notando solo ora, da quando ha messo piede in casa, che indossa un vestito di raso color prugna e dei tacchi a spillo neri, pericolosamente alti.

«Ho bisogno di te stasera.»

Prevedo guai.

«Jane, non uscirò, sappilo.»

Non avevo ancora sbollito la delusione del giorno prima, avrei voluto dimenticarla, e quando questo accadeva mi piaceva rifugiarmi in dei pensieri che non fossero i miei, piuttosto di un protagonista di un libro o anche di un qualsiasi film, solo per scappare dalla realtà, la cosa che ormai mi riusciva meglio di tutte.

«Invece è proprio quello che farai, se mi vuoi bene.»

Era passata ai ricatti, doveva essere una questione importante.

«Si può sapere che devi fare?» le chiedo inarcando il sopracciglio, non avevo proprio voglia di uscire.

«Senti, sei stata per un mese intero a casa, se non per andare a scuola, è il momento di uscire allo scoperto e farti una bella serata fuori con le amiche. Non succede nulla se per un giorno non te ne stai in pigiama sotto le coperte a immaginare unicorni che vomitano cupcake e arcobaleni.»

Simpatica.

«Prima dimmi che dobbiamo fare.»

«Mentre ti vesti ti racconto tutto, dai su.» Mi spinge verso le scale e corre superandomi, buttandosi sul letto. Mi affretto a recuperare il libro e riporlo sulla scrivania.

Apro l'armadio in cerca di un jeans semplice e una maglietta leggermente più elegante. Non avrei indossato un vestito per fare una semplice passeggiata in centro e, in più, non avevo voglia di stare scomoda perché questo mi avrebbe solo fatto desiderare di tornare a casa il prima possibile.

Alla fine opto per un jeans chiaro accompagnato da una magliettina verde con le maniche a sbuffo, e ci abbino degli stivaletti bianchi e accessori color oro. Alla fine era uscita una cosa abbastanza carina e non avevo accettato alcuna critica da parte di Jane che insisteva per quel dannato vestito verde.

In another life - The perfect Boy #1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora