Prologo

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Ethan

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Ethan

Otto mesi prima.

Scendo dall'auto con calma, la portiera si chiude dietro di me con un suono sordo. Nella mano destra stringo il pacchetto di sigarette, nella sinistra l'accendino. Un gesto lento e automatico: una sigaretta tra le labbra, il clic del fuoco che illumina per un istante il mio viso. Aspiro profondamente, lasciando che il sapore acre del tabacco si mescoli all'aria notturna, mentre un raggio di luna filtra attraverso le nubi e mi colpisce in pieno volto, costringendomi a socchiudere gli occhi. Fastidiosa, come un occhio indiscreto puntato proprio su di me. Con un gesto secco tiro il cappuccio del giubbotto fin sopra la testa, cercando riparo dall'intrusione.

Il parcheggio è quasi deserto, il silenzio rotto solo dal fruscio del vento tra gli alberi e qualche lontano rumore di auto in corsa. I miei passi, lenti e misurati, risuonano sull'asfalto mentre lo sguardo si sposta in giro, cercando. Poi, la vedo. La sua macchina. Nera, lucida come un gioiello incastonato nell'ombra. Un sorriso sfuggevole mi si forma sul volto mentre mi avvicino con calma, senza fretta, come un predatore che sa di avere tutto il tempo del mondo.

Le mie dita trovano la carrozzeria, e con un tocco leggero come una carezza lasciano una traccia invisibile sul metallo. È un gesto intimo, quasi sensuale, come se stessi toccando lei. In fondo, questa macchina è un'estensione della sua persona, la sua creatura, la sua ombra.

«Scusa?» La sua voce irrompe all'improvviso, un misto di sorpresa e sospetto. «Chi sei e che diavolo stai facendo vicino alla mia auto?»

Rimango fermo, la sigaretta a metà tra le dita, il fumo che si dissolve nell'aria intorno a me. Alzo lentamente il mento, lasciando che un sorriso mi increspi le labbra. Un sorriso vuoto, tagliente, accompagnato da un soffio di fumo che si disperde come un'eco lontana. Mi volto verso di lei, appoggiandomi con nonchalance alla portiera dal lato del guidatore, i miei occhi si sollevano a incontrare i suoi.

Divina. Non c'è altra parola per descriverla. Delia Way é fottutamente divina.

I suoi occhi azzurri brillano come ghiaccio al chiaro di luna, due lame affilate che mi penetrano fin dentro le ossa. È come se mi stesse leggendo l'anima, come se con uno sguardo fosse capace di svelare tutti i miei segreti, eppure non riesco a distogliere lo sguardo. C'è qualcosa di magnetico, oscuro in lei, qualcosa che mi tiene inchiodato.

«Aspetta...» fa un passo avanti, incurvando le sopracciglia in un'espressione di vago riconoscimento. «Tu sei...» inclina la testa, le dita che le accarezzano il mento come se stesse cercando di mettere a fuoco un'immagine sfuggente.

«Il tipo a cui hai salvato la vita qualche settimana fa.» Dico, la mia voce appena un sussurro, ma sufficiente perché sappia che ricordo. E so perfettamente che anche lei lo ricorda. Anzi, probabilmente non se l'è mai dimenticato e mai lo farà.

Le sue palpebre si sollevano impercettibilmente, rivelando un misto di sorpresa e tensione. Non le piace questa situazione, la mette a disagio, eppure...

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