Capitolo 1

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Ethan

Pianto i gomiti sul bancone con un colpo secco e lascio cadere la mano sulla superficie. Il rumore attira subito l'attenzione di Elysia, che si volta con quel suo solito sorriso di sbieco, divertito e malizioso. «Sei già al sesto.» Mi fa notare con un tono scherzoso, ma non troppo, come se la cosa in qualche modo la riguardasse più di quanto dovrebbe.

«Quindi sono ancora all'inizio.» Le rispondo, sollevando un angolo della bocca in un mezzo sorriso, mi passo una mano lentamente sul collo, come a sciogliere la tensione che mi porto dietro.

Lei ride, una risata bassa, carica di un'intenzione che conosco bene. Si avvicina al bancone, afferrando la bottiglia di tequila e versandone un'altra dose nel mio bicchiere. Il liquido scivola, il rumore si mescola alla mia confusione, e le sue dita libere sfiorano con leggerezza il dorso della mia mano, un tocco appena percepibile, ma abbastanza da farmi alzare lo sguardo su di lei.

«Ci siamo divertiti l'altra notte.» Mi provoca. Il suo corpo si sporge verso di me, e con un gesto quasi calcolato mette in mostra il seno, che straripa dal top di pelle nera, un invito silenzioso a riprendere da dove avevamo lasciato. «Magari... potresti cercare un altro modo per dimenticare qualsiasi cosa tu voglia dimenticare anche stasera.»

La sua voce è un sussurro, si avvicina ancora di più, le labbra a pochi centimetri dalle mie, come se volesse spingermi a prendere quella decisione che sa bene che posso fare in ogni momento.

Mi avvicino anch'io, lentamente, lasciando che la tensione cresca tra di noi. I miei occhi si piantano nei suoi, e con un movimento rapido, le afferro il labbro inferiore tra i denti, tirandolo appena, quel tanto che basta a farle capire che non ho intenzione di cedere così facilmente. Un grugnito basso mi sfugge, un suono animalesco che mi esce dalle viscere, un segnale che la parte oscura dentro di me è sempre lì, pronta a prendere il sopravvento.

«Grazie per la proposta.» Sussurro contro le sue labbra, la mia voce bassa e roca. «Ma questa sera preferisco l'alcol... non sei stata un granché l'ultima volta.»

Il sorriso malizioso di Elysia si spegne di colpo. Il suo volto si incupisce, le labbra si serrano in una linea sottile, scocca la lingua contro il palato con un gesto secco, palesemente infastidita e imbarazzata. Senza dire una parola, si tira indietro, scuotendo la testa come se volesse scacciare via l'umiliazione. Pianta la bottiglia di tequila sul bancone accanto a me con un gesto brusco, e la guardo mentre si allontana con movimenti nervosi, quasi rabbiosi, per servire due uomini che sono appena arrivati.

Mi passo una mano sul viso, cercando di scacciare il vuoto che mi sta divorando da dentro. Abbasso gli occhi sul bicchierino davanti a me e lo afferro con una stretta decisa. Lo fisso per un attimo, poi mando giù il liquido tutto d'un fiato. L'alcol mi brucia la gola, il calore aspro si diffonde velocemente nel petto, ma invece di confortarmi, mi lascia un senso di nausea che sale lento, implacabile.

È quel vuoto, quella sensazione opprimente che mi trascina giù, sempre più giù. Il bicchiere vuoto rimane tra le dita, e per un istante mi chiedo se davvero basterà un'altra tequila a farmi dimenticare tutto lo schifo che sono.

Ma è quando la porta del bar sbatte alle mie spalle che lo sento. L'aria cambia, diventa più pesante, e con essa arriva quell'odore che conosco fin troppo bene. Un odore che mi prende alla gola, misto di sudore, fumo e pericolo. L'odore dei guai, di una vita che cerco disperatamente di lasciarmi alle spalle, ma che continua a seguirmi come un'ombra. È quella puzza di marcio che penetra nelle ossa, che mi ricorda che non c'è redenzione possibile, che non c'è via d'uscita. Una volta che entri, o se addirittura come me ci nasci in questo gioco, non ne esci più.

Ho un marchio addosso, un segno indelebile che mi brucia sotto la pelle. È inciso in me come una cicatrice che non si rimargina mai, una macchia che non si può lavare via. Posso ingoiare tutta la tequila del mondo, posso nascondermi in posti come questo bar di terz'ordine, ma quella parte di me è sempre lì, pronta a riemergere.

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