Capitolo 5

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Ethan

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Ethan

L'odore dell'olio dell'auto mi fa pizzicare le narici, le mie mani si stringono convulsamente sul cofano, un misto di frustrazione e rabbia mi attraversa come una scossa elettrica. I miei occhi continuano a scorrere senza sosta sul motore, cercando disperatamente un difetto, un segno che mi dica cosa c'è che non funziona in questo catorcio.

Ma la verità è che il problema non è qui. È nella mia testa, nel mio petto. È come se tutto ciò che tocco si trasformasse in un groviglio di fili spezzati e ingranaggi rotti. La mia mente è un caos, un turbine di pensieri confusi e rabbia repressa, e questo dannato lavoro... Lo odio. Odio ogni singolo istante passato qui, tra questi rottami, con le mani sporche di grasso e il sudore che mi incolla la maglietta alla pelle.

«Maledizione!» Esplodo, sbattendo un pugno sul cofano arrugginito.

Il colpo rimbomba nell'officina vuota, risuonando come un'eco di tutta la mia impotenza.

Ed è in quel momento che una voce dietro di me mi colpisce come una frustata, costringendomi a serrare gli occhi e a inspirare profondamente per non scattare. «È questo quello che fai adesso? Il meccanico?» Dice con una punta di ironia, ma anche con un velo di qualcosa che non riesco a decifrare del tutto.

Mi giro lentamente, le spalle rigide. Nixie é appoggiata con disinvoltura a un vecchio pneumatico, le braccia incrociate e un'espressione a metà tra il divertito e il deluso.

Afferro uno straccio macchiato di nero, cercando inutilmente di strofinare via l'olio dalle dita. Cerco Maven con lo sguardo, ma lei sembra intuire il mio pensiero, e il suo sorriso si allarga in un ghigno beffardo.

«Lui non c'è.» Dice con tono sicuro, come se fosse ovvio. Come se avesse già previsto ogni mia mossa prima ancora che la facessi. E probabilmente è così. Perché lei e Maven sanno sempre tutto ciò che mi riguarda.

Stringo i denti, una risata amara mi sfugge dalle labbra. Non le chiedo come abbia fatto a trovarmi. Sarei un idiota a pensare che potrei nascondermi davvero. Mi troveranno sempre.

«Perché sei qui?» Mi avvicino a lei di un passo, sentendo la tensione montare tra noi come una corda tesa pronta a spezzarsi. «E soprattutto...perché sei da sola?» I miei occhi la scrutano, sfidandola a mentirmi.

Lei alza il mento, stringe le braccia al petto con quell'aria da bambina capricciosa che però cerca disperatamente di apparire più grande, più dura di quello che è. Per quanto cerchi di sembrare una donna fatta, con il trucco pesante e la sigaretta tra le dita, so che anche lei è intrappolata. Intrappolata in un mondo che non vuole, in un gioco di potere e paura dal quale non riesce a uscire.

«Volevo parlare con te.» Sospira. La sua voce trema appena, ma è sufficiente a farmi alzare un sopracciglio. Tira fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca, ma prima che possa accenderne una, glielo strappo di mano con un gesto brusco e lo getto via.

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