Capitolo 3

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Ethan

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Ethan

Sono nato e cresciuto in un quartiere dove i sogni non hanno il permesso di entrare, un luogo in cui la speranza viene strangolata fin dalla nascita e dove l'unico obiettivo sembra essere sopravvivere fino al giorno successivo.

Ricordo ancora le prime volte in cui ho compreso quanto il mondo potesse essere spietato. Ero solo un ragazzo, pieno di ingenui desideri, quando ho visto per la prima volta cosa significava essere soffocato dai soldi sporchi. Non si trattava di denaro comune, ma di quei soldi che portano con sé il peso di mille peccati, ottenuti attraverso compromessi morali e azioni illegali. Quei soldi che promettono una via d'uscita, ma in realtà ti legano con catene invisibili, facendoti sprofondare sempre più nell'oscurità.

«Oggi sei uomo, domani un cadavere.» Questa é la frase che mi è stata ripetuta come un mantra fin dall'infanzia da mio padre per mettermi in guardia.

L'ho vista realizzarsi più di una volta, quando amici e conoscenti, persone che avevano scommesso tutto sulla strada sbagliata, sono stati trovati senza vita in qualche vicolo buio, spogliati della loro dignità. È una realtà con cui ho dovuto fare i conti, una crudele verità che mi ha costretto a crescere in fretta, a diventare cinico e disilluso.

In questo mondo, ogni giornata può essere l'ultima, e il confine tra la vita e la morte è sottile come una lama di rasoio.

In questo ambiente, le mani sporche chiudono un affare. Non ci sono regole scritte, solo leggi non dette che regolano ogni interazione. Le strette di mano qui non sono semplici gesti di cortesia, ma atti di contrattazione in cui l'anima stessa viene messa sul piatto della bilancia. Spesso mi sono chiesto se esiste una via d'uscita da tutto questo, un modo per riscattarsi da un destino che sembra già scritto con inchiostro indelebile.

«Non posso credere che io lo stia facendo davvero.» Maven mi colpisce con un calcio secco alle gambe, mi spezza l'equilibrio.

Cado pesantemente in ginocchio sul pavimento lurido di una stanza che conosco fin troppo bene, una stanza in cui io stesso sono stato carnefice, il suono dell'impatto rimbomba nella stanza silenziosa.

Sento un rivolo di sangue caldo aprirsi un varco dalla ferita al sopracciglio, un'onda lenta che mi scorre lungo il viso. Mi brucia l'occhio, distorcendo la mia vista, il sangue raggiunge il mento e una goccia pesante si stacca, colpendo il pavimento con un suono quasi innaturale. Il sapore metallico del sangue invade la mia bocca, mescolandosi all'odore acre di polvere e sudore che riempie l'aria. È un odore che conosco troppo bene: ferroso, penetrante, denso. Mi fa venire la nausea.

Alzo lo sguardo, la vista offuscata, e incontro gli occhi di Nixie. Il suo volto è teso, una maschera di nervosismo. Si passa freneticamente le mani tra i capelli arruffati. Il suo respiro è irregolare, il fumo immaginario le esce dalle narici insieme alle imprecazioni che soffoca.

«Non ce la faccio.» La sua voce è spezzata, si sfila il pacchetto di sigarette dalla tasca del giubbotto. Le sue mani tremano, ne estrae una, il suono della carta che si stropiccia è l'unico rumore oltre al mio respiro affannato. «Questo è assurdo, Ethan...» Mi punta un dito contro come se avessi colpa, il suo sguardo un misto di rabbia e disperazione. «Questo... è...» Non riesce nemmeno a trovare le parole.

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