Capitolo 9

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Delia

Sento il suo sguardo perforarmi le spalle, bruciarmi addosso come una fiamma nera. È pesante, mi scava nella pelle, si aggrappa a me e non mi lascia più respirare. Anche se gli ho voltato le spalle, la sua presenza è ovunque: è un'ombra che mi avvolge, mi stringe, mi soffoca.

Quando mi sono girata l'ultima volta, ho visto qualcosa nei suoi occhi. Qualcosa di oscuro, freddo e feroce. Un lampo che non era rabbia. No, era peggio. Era come se, all'improvviso, fosse diventato qualcun altro, qualcuno che non appartiene a questo mondo, qualcuno che sembrava provenire direttamente dagli inferi.

E la cosa assurda? Non ho paura.

Non c'è traccia di timore, neanche un briciolo. Anzi, l'unica cosa che riesco a pensare, che mi stritola lo stomaco e mi sconvolge la testa, è che vorrei solo fermarmi, tornare indietro e restare con lui.

Vorrei voltarmi, affrontare di nuovo quel vuoto che gli vedo negli occhi, quel buio che mi risucchia. Vorrei che mi tenesse lì con lui, in quel caos che è in grado di creare intorno a sé. Perché, anche se mi fa male, anche se so che è sbagliato, in qualche modo mi sento viva solo quando è vicino.

Ma non posso. Non posso, perché se mi fermo adesso, so che sarà la fine di tutto quello che ho costruito.

Dovevo comportarmi da stronza, costringermi a ferirlo con parole taglienti, spingerlo a starmi lontano. È l'unico modo che conosco per proteggerlo, per tenerlo fuori da questo disastro che è la mia vita. Perché io non sono adatta a lui. Non posso esserlo. Eppure, ogni volta che mi sfiora con lo sguardo o mi si avvicina, mi sembra di incastrarmi perfettamente.

È un paradosso crudele. Come se lui fosse l'unico posto in cui sento di appartenere e, allo stesso tempo, il più pericoloso. Nessuno era mai riuscito a scardinare la mia corazza con la sola forza delle parole. Nessuno era mai riuscito a smuovermi dentro, a scuotere quelle certezze che pensavo di aver cementato in profondità.

Ma Ethan... Ethan l'ha fatto.

Ha preso la mia confusione, quella matassa di emozioni contorte, e mi ha costretta a guardare oltre, e l'ha fatto in un battito di ciglia, in pochi minuti mi ha fatta sentire quella voglio essere, quella che sono. Con i suoi silenzi carichi di significato, con la sua rabbia trattenuta e il suo tocco delicato in un momento in cui tutto intorno a me sembra crollare.

Mi ha fatto vedere una parte di me stessa che non voglio affrontare, mi ha tirato fuori da quel torpore in cui mi sto rifugiando per sopravvivere. Perché per lui non sono solo Delia, la brava ragazza o la dottoressa perfetta. Per lui, sono qualcosa di più. E questo mi terrorizza.

Le dita mi scivolano via dalla maniglia quando entro nell'auto con un movimento brusco. Chiudo lo sportello alle mie spalle, cercando di trattenere il tremito che mi scuote le spalle. Non guardo fuori, non voglio rischiare di incrociare gli occhi di Ethan che mi stanno sicuramente seguendo come lame affilate.

Jason mi osserva, il volto increspato in un'espressione di lieve fastidio. «Potevi almeno cambiarti.» Il suo tono è pungente, accusatorio, ma mi fa capire che non mi ha vista con Ethan. «Ho prenotato nel solito ristorante.»

Alzo lo sguardo su di lui, le sue iridi mi fanno sentire sbagliata, tutto ciò che sento è un senso di oppressione crescente. È soffocante. La sua presenza è come una nebbia che si stringe intorno al collo.

«Ho finito tardi, avevo un paio di commissioni da sbrigare e non ho fatto in tempo.» Cerco di tenere la voce stabile, ma l'esasperazione s'infila tra le parole. Sono esausta, ho addosso l'odore pungente della clinica, vorrei solo scomparire sotto una doccia bollente e poi lasciarmi cadere sul letto. «Sei tu ad essere in anticipo.»

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