Capitolo quattro - parte 2

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Il giorno successivo tutto torna alla normalità.

Quando, con gli occhi ancora impastati dal sonno, cerco a tentoni il cellulare sul comodino e lo stacco dal cavo di carica, non ho nessuna nuova notifica. Nessun nuovo messaggio e, soprattutto, nessuna nuova e-mail. Non sono mai stata così felice di essere ignorata in vita mia. Abbraccio lo smartphone al petto e il torpore torna a invadermi, almeno finché la mia mente assopita non viene attraversata dal pensiero dell'appuntamento di ieri sera come un tuono che squarcia la placidità di un'oasi.

Spalanco le palpebre. So già che non riuscirò più ad addormentarmi, quindi tanto vale buttare le gambe oltre il materasso e alzarmi.

«Buongiorno», mi saluta Federico quando entro in cucina. Mi porge la tazzina di caffè che tiene tra le mani, che probabilmente aveva preparato per sé, mentre scarta una seconda cialda e la inserisce nella macchinetta. Il malumore di ieri è solo un brutto ricordo. «Una bustina di zucchero, giusto?»

Annuisco. Vederlo con indosso solo una maglietta e un pantalone di tuta mi fa riaffiorare alla mente la conversazione di ieri sera con Sveva. Cerco con tutte le mie forze di non lasciare cadere lo sguardo fino al cavallo dei suoi pantaloni, ma più ci provo più fallisco. Mi sento strabica per lo sforzo. Concentrarmi sugli occhi scuri e sulle labbra solcate da quella piccola fossetta non migliora la situazione. «Grazie.»

«Che c'è? Stai male?» Il suo tono è preoccupato. Si avvicina e china il viso su di me. La pelle del suo collo trattiene ancora una debole traccia del profumo che ha messo ieri sera per l'appuntamento con Mafalda. Quell'odore destinato a qualcun'altra riesce allo stesso tempo a inebriarmi e a farmi serrare la mandibola per un sentimento che somiglia fastidiosamente alla gelosia.

«Sto benissimo.» La voce mi esce piccata anche se non vorrei.

Federico mi guarda stranito, gli occhi a mandorla socchiusi, ma non discute. Lo osservo mentre prende posto e scarta il plumcake facendo scoppiare la confezione trasparente. L'appuntamento deve essere andato bene. Non vedo altra spiegazione al suo improvviso buon umore. Scommetto che si è pentito di avermi ignorata, ieri. Con tutta probabilità gli ho presentato l'amore della sua vita.

Fisso con attenzione la sua bocca per cogliere i segni di una serata di baci appassionati. È più gonfia del solito? Difficile dirlo. Quando la punta della lingua fuoriesce dalle labbra dischiuse per raccogliere una briciola dal labbro superiore, il mio volto va in fiamme.

Ho sbagliato. Non ho bisogno che Sveva me lo urli in faccia per capirlo. La mia strategia ha fallito. Federico forse ha trovato qualcun altro su cui riversare le sue attenzioni, ma io sono sempre allo stesso punto, quello in cui lo osservo mordere il plumcake e mi chiedo come sarebbe se mordesse me.

Oh, dio.

Stupida, stupida, stupida.

«Hai lezione, oggi?» domanda il ragazzo, irrompendo nelle mie riflessioni. Prende un tovagliolo di carta e raccoglie le briciole cadute sul tavolo.

«Sì. Dalle dieci alle dodici.»

Il suo sorriso si amplia. Scommetto che pensa alla mia studentessa. «Quando torni studiamo un po' di coreano? Magari guardiamo anche una puntata di Something in the Rain

«Certo.» Poso la tazzina vuota sul tavolo e mi decido a fare la fatidica domanda, ripromettendomi di non lasciar trapelare le mie emozioni qualunque sia la risposta. «Com'è andata ieri sera?»

«Bene.» Lo sguardo di Federico è enigmatico, ma non mi sfugge il piccolo sorriso che gli increspa le labbra. Gli occhi sorridono anch'essi, curvandosi verso l'alto.

Deglutisco. «Sono contenta.» Spero di sembrarlo, per lo meno.

Neanche Mafalda è prodiga di particolari, più tardi.

Prima che il tempo scorraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora