Capitolo sei - parte 2

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«Dove hai posteggiato, noona?» mi domanda Federico, conducendomi delicatamente lungo la spiaggia fino a superarne il confine. Mi indica una panchina e aspetta che mi sieda, poi prende il mio piede destro e inizia a sfregarlo con dolcezza per togliere la sabbia umida. Ciocche scomposte gli attraversano la fronte e coprono al mio sguardo i suoi occhi, ma non fanno nulla per nascondermi le sue labbra rosse. I suoi polpastrelli caldi lasciano un'impronta bollente sulla mia pelle, tanto che sento il bisogno di ritrarre la gamba.

«Faccio io», mugugno, mentre Federico si sistema al mio fianco.

Mi porge le mie scarpe con la zeppa. «Allora? Cosa è successo?» domanda, curioso.

Mi stringo nelle spalle. «Sveva mi ha organizzato un appuntamento al buio. Adesso non è più la mia migliore amica.»

«Un appuntamento al buio?» Il corpo di Federico si irrigidisce. «Con chi?»

«Un cretino», taglio corto. Edoardo è così poco degno di nota che non merita neanche di essere nominato. «Bacia da schifo.»

Finisco di allacciare il cinturino delle scarpe e mi alzo, ancora instabile sui piedi. Il ragazzo resta seduto, i pugni stretti abbandonati sulle cosce.

«Andiamo?» lo incito.

Federico solleva lo sguardo su di me. Le iridi, nere nel buio della sera, mi studiano con quello che sembra autentico tormento. Porta il labbro inferiore tra i denti e lo stringe, imprimendo un'orma biancastra in quel turgido rossore.

Il mio stomaco si stringe in un nodo di dolente attrazione. «Ahi», mormoro, posando una mano sul ventre. «Mi fai male.»

«Andiamo», dice il ragazzo, affiancandomi. Il suo braccio scivola di nuovo attorno alla mia vita, il palmo solido si avvolge attorno alla curva del fianco. Tutto il mio corpo è concentrato in quella striscia di carne che sente il contatto con lui. Esisto solo in quei pochi centimetri quadrati, il resto è nebbia.

Sono in pace. Per la prima volta, in sua presenza non mi sento in difetto, come se fossi sporca e schifosa per il solo fatto di essere attratta da lui. Lascio che il mio corpo si avvicini al suo e poso la testa sulla sua spalla. Prendo un respiro profondo per inalare l'odore della sua pelle, il naso a un soffio da lui. Lo sento rabbrividire, ma è bollente.

Abbracciata a lui, mi sento al sicuro. Non esiste stalker che possa farmi del male mentre la mano di Federico mi cinge il fianco. Vorrei restare così per sempre, piccola e protetta.

«Dove andiamo adesso?» mormora, la voce rauca. «La macchina è vicina?»

«Mmm-mmm», confermo. «A sinistra.»

Lui segue le mie indicazioni e mi conduce illesa dall'altra parte della strada.

Rovisto nella mia borsa e gli porgo le chiavi, separandomi a malincuore dal suo corpo. «Non sapevo che avessi la patente», commento.

Il suo sguardo è indecifrabile. «Ci sono tantissime cose che non sai di me.» Ho la sensazione che si riferisca a qualcosa di ben più profondo della patente, come se mi stesse invitando a entrare in lui e sventrarlo fino a conoscere ogni suo pensiero, ogni angolo della sua mente e del suo corpo. Vorrei disperatamente cedere e farlo.

Il rumore dell'auto che si apre ci riporta con i piedi per terra. Federico apre lo sportello e si siede al posto del guidatore, mentre io mi accomodo dal lato dal passeggero. Non ci sono abituata. Nessuno guida la mia macchina a parte me.

All'improvviso un colossale dubbio mi invade. «Fede», attiro la sua attenzione, timorosa. «Devo chiederti una cosa. È importante.»

Il ragazzo sembra preso in contropiede. Mi scocca un'occhiata allarmata, ma annuisce. «Chiedi pure. Tutto quello che vuoi.»

«Secondo te puzzo?»

«Che cosa?» Corruga le sopracciglia, sbalordito.

Mi sporgo su di lui. «Avanti, odorami. Sii sincero. Puzzo?» domando di nuovo, una nota isterica nella voce. «Sveva mi ha detto che gli asiatici pensano che puzziamo. Io mi sono messa il deodorante, te lo giuro, ma se poi puzzo lo stesso?»

«Non puzzi, noona!» Federico sussulta per l'improvvisa vicinanza. «Non ho mai pensato che puzzassi.»

«Ma se non mi hai neanche odorata!» protesto. «Dai, odorami. Solo un'annusatina, ti prometto che poi ti lascerò in pace.»

I suoi occhi a mandorla sono spalancati e profondi come quegli spaventosi pozzi di campagna da cui i genitori mettono in guardia i bambini. Le sue pupille percorrono con attenzione il mio volto, adesso così vicino da poterlo toccare. Arrendevole, si china sul mio collo e prende un respiro, poi torna a livello del mio volto e non arretra. Mi sento come se fossi una calamita davanti a una gigantesca montagna di ferro, perché non riesco a fare a meno di ridurre lo spazio tra le nostre bocche finché non ci separa niente più che un millimetro di aria sfrigolante.

Federico sfiora le mie labbra con le sue. Avverto ogni curva perfetta e ogni avvallamento della sua bocca mentre desidero che quel contatto duri per sempre, ma così non avviene.

All'improvviso lui è di nuovo lontano, il bacio tanto breve che mi chiedo se sia davvero esistito.

«Non puzzi», conferma in un sussurro. Deglutisce, il pomo d'Adamo che fa su e giù. «Continueremo la conversazione quando tornerai sobria, noona. Adesso non posso... non sarebbe giusto.»

«Mi odorerai?» pigolo, delusa.

«Se lo vorrai ancora, odorerò ogni centimetro della tua pelle», promette, rivolgendomi un sorriso che mi fa venire voglia di strapparmi di dosso il vestito e gettarlo dal finestrino.

Annuisco, soddisfatta. «Va bene, allora ne riparliamo domani.» Gli indirizzo uno sguardo appagato. «Neanche tu puzzi, comunque», aggiungo, docile.

Federico sogghigna, gli occhi stretti nella risata più adorabile che abbia mai visto. «Grazie.»

«Non c'è di che. È la verità.»

Sono davvero di buon umore, dopo questa chiacchierata. All'improvviso persino il pessimo appuntamento con Edoardo assume delle tinte esilaranti. Forse non spoglierò Sveva del suo ruolo di migliore amica, in fin dei conti.

«Ehi, la vuoi vedere una cosa divertente?» domando a Federico, che ha appena messo in moto la mia auto e si sta allacciando la cintura di sicurezza.

«Certo.»

Si volta per un momento nella mia direzione, e io ne approfitto per sollevare la gamba sinistra e posarla sul cruscotto.

«Guarda!» esclamo. «Mi sono depilata la gamba soltanto per metà. Non è spassoso?»

Questa è l'ultima frase che riesco a pronunciareprima di aprire lo sportello e vomitare sul grigio asfalto fino all'ultimagoccia del delizioso vino rosso sotto lo sguardo sconvolto di Federico.

Prima che il tempo scorraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora