Capitolo cinque - parte 1

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La vibrazione del mio cellulare mi risveglia da un sonno profondo. Impiego qualche istante per capire che stavo dormendo, che la luce nella stanza non è altro che il bagliore lunare che penetra dalla finestra e che i miei piedi sono ingarbugliati nelle lenzuola che ho calciato via nel sonno.

Avverto le tempie pulsare per l'emicrania che mi assale quando qualcosa mi impedisce di riposare. Mi alzo a sedere e prendo il telefono, che sta ancora vibrando sul comodino per una chiamata in entrata da un numero privato. Le cifre in cima allo schermo mi annunciano che sono appena passate le due del mattino.

Nella mia mente che si risveglia balena l'idea che possa trattarsi della redazione di The book addict's dream che telefona secondo il fuso orario statunitense.

Ancora intontita, tocco il simbolo verde e lo trascino verso il centro dello schermo per rispondere. Mi porto il cellulare all'orecchio.

«Pronto?» gracchio, stropicciandomi un occhio con la mano libera.

All'altro capo del telefono non risponde nessuno.

«Hello?» riprovo in inglese, per agevolare il mio interlocutore. Neanche stavolta ho fortuna, ma restando in silenzio per qualche istante riesco a decifrare il suono di un respiro.

Un respiro calmo. Inspirazione, espirazione, poi di nuovo con lo stesso ritmo ipnotico. Eppure, il mio sta inesorabilmente accelerando nel preludio di un nuovo attacco di panico. Lo smartphone mi cade dalle mani e rimbalza sul materasso fino a mostrarmi di nuovo lo schermo. La telefonata si è interrotta.

Non riesco più ad addormentarmi. Scossa dai brividi nonostante il caldo, mi rigiro insonne nel letto, avvolta stretta nel lenzuolo madido di sudore.

Si tratta della stessa persona che mi manda le e-mail. Non può essere altrimenti. È qualcuno che conosce me, il mio soprannome, la mia auto, il numero del mio cellulare privato.

Dopo circa un'ora dalla telefonata trovo il coraggio per prendere di nuovo il cellulare e fare una breve ricerca online. Google risponde ai miei quesiti con migliaia su migliaia di articoli incentrati sullo stesso argomento.

Lo stalking.

Passo da una pagina all'altra, spulciando frasi sconnesse da ciascun articolo.

... provoca ansia, paura per l'incolumità propria e dei propri cari, alterazioni delle abitudini di vita...

... patina di dolcezza e cordialità...

.... volontà di spaventare la vittima per un'esperienza condivisa con lo stalker...

... può culminare in un tentativo di suicidio...

... comportamenti persecutori come minacce, pedinamenti, molestie, telefonate...

... a opera del partner o di un ex fidanzato...

... la non-risposta genera un'angoscia insopportabile...

A ogni nuova parola, il mio senso di impotenza peggiora. Chi mai farebbe una cosa simile a un'altra persona?

Chi la farebbe a me?

Ho avuto soltanto due fidanzati degni di nota nella mia vita. Il primo risale alla fine del liceo. Siamo stati insieme per tutto il quinto anno e ci siamo lasciati dopo gli esami di maturità, quando Riccardo si è trasferito a Pisa per proseguire gli studi. È stata una storia importante per entrambi. Siamo stati l'uno la prima volta dell'altro, ma nessuno dei due se la sentiva di portare avanti una relazione a distanza e la separazione è stata civile. Non ci siamo più sentiti dopo gli appassionati baci d'addio che ci siamo scambiati mentre il taxi carico di valigie lo aspettava per portarlo in aeroporto.

Per la prima volta da quando ho un account, lo cerco su Instagram. Lo trovo al primo tentativo per i numerosi follower in comune: vecchi compagni di scuola, amici con cui uscivamo ai tempi del liceo. Nonostante gli anni, non è cambiato molto. Si è stabilito a Pisa, ha sempre lo stesso taglio di capelli e l'espressione simpatica, forse è solo un po' più magro. La prima foto che mi salta all'occhio è un'immagine che lo ritrae con una ragazza molto carina della nostra età che mostra all'obiettivo della fotocamera la mano sinistra, il cui anulare è adornato da un brillante discreto ma luminoso.

Nella vita nulla è impossibile, ma mi sento di escludere Riccardo dalla lista dei sospettati. La sua personalità è sempre stata pacata, mai una parola di troppo, mai un tentativo di controllare la mia vita. Non ce lo vedo nei panni di uno stalker.

Il secondo – e ultimo – ragazzo con cui sia andata più in là di un paio di mesi di relazione è stato Nicola Lauria. Ci siamo conosciuti all'università, quando eravamo entrambi delle matricole sole e sperdute della facoltà di lingue e letterature straniere. È stato senza alcun dubbio il ragazzo più attraente con cui sia mai stata, con i grandi occhi verdi e la carnagione olivastra, ma si è rivelato anche essere un irrimediabile playboy. L'ho mollato quando mi è stato riferito da colleghi che, oltre a me, vedeva anche molte altre ragazze.

Mentre versavo tutte le mie lacrime del bagno dell'università ho conosciuto Claudia, che mi ha presa sotto la sua ala protettrice e mi ha riempito le giornate di brio finché non sono tornata a stare bene. Questo ricordo mi rifila una dolorosa stilettata tra le costole.

Qualunque cosa stia affrontando adesso, devo farlo da sola.

Non ho mai detto a Nicola la ragione per cui è finita. Non volevo dargli l'occasione per inventarsi delle scuse e spingermi a riprenderlo con me con la sola forza dei suoi splendidi occhi smeraldini. Mi ha mandato messaggi per mesi, aspettandomi persino sotto casa un paio di volte, per provare a riappacificarsi con me. Dopo un po' si è arreso ed è tornato alla sua vita.

Lascio andare un respiro tremolante. Sono passati due anni. È possibile che non se ne sia ancora fatto una ragione?

Nemmeno lui è difficile da trovare su Instagram, ma il suo profilo è privato e dovrei mandare una richiesta per visualizzare le foto. Con gli altri social non va meglio.

Poso il cellulare sul comodino e mi stendo sul letto, lo sguardo fisso al soffitto ormai rischiarato dalla luce del giorno, un senso di solitudine e inadeguatezza che mi accompagna fino al suono della sveglia.

Prima che il tempo scorraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora