12. You can hear it in the silence

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DIANA

È mercoledì e io sono un po' combattuta.

Lunedì sono stata scortese con Raffaele e non avrei dovuto; dopotutto l'ho respinto perché ero nervosa, non con lui, ma a causa di mio padre.

A proposito di mio padre, sto preparando la cena per entrambi.

Una bella pasta alla carbonara, sperando che gli piaccia.

Lui ama la cucina romana e io la gradisco abbastanza, quindi perché no?

Sentendo il campanello, vado ad aprire la porta a mio padre, che entra con la sua valigetta e dopo avermi salutato va in camera sua a cambiarsi.

Io nel mentre mescolo la pasta aggiungendo i tuorli precedentemente sbattuti e inserisco anche il guanciale, per poi servire il tutto in due piatti.

Mio padre esce dalla sua stanza con indosso una tuta e si siede a tavola.

<< Da quando sai fare la carbonara?>> chiede impressionato.

<< Da quando la zia Bianca mi ha insegnato questa ricetta; a vederla sembra buona>> gli dico, iniziando ad assaggiarla.

Per ora nella stanza c'è un silenzio imbarazzante.

Dopo lunedì io e mio padre non abbiamo più parlato.

La sua voce interrompe il silenzio assordante e il suono della forchetta che batte sul piatto mi fa rivolgere l'attenzione su di lui.

<< Senti Diana, l'altra mattina non volevo dire quelle cose su tua sorella>> mio padre si sta scusando o mi sbaglio?

Poso la forchetta anche io e lo ascolto.

<< Quello che intendevo dire è che devi imparare a convivere col fatto che lei non ci sia più, anzi, dobbiamo impararlo insieme>> mi porge la mano.

Mi sembra un discorso surreale.

Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere da lui.

Avvicino la sua mano alla mia.

<< Tua sorella manca anche a me, sai? Quando l'ho vista dentro quel sacco nero, col viso pallido e sereno, sono morto insieme a lei. E avrei potuto fare molto di più per salvarla. Molto di più. Non averla aiutata è il rimpianto più grosso della mia vita — scuote la testa — lei era mia figlia e io l'ho abbandonata>> non avevo mai visto mio padre così vulnerabile.

<< Quando ho visto Miriam togliersi la vita è stato traumatico>> confesso.

<< Non posso nemmeno immaginare cosa tu abbia provato alla vista di tua sorella. Non avresti dovuto essere lì in quel momento. Eri troppo piccola>> continua a scuotere la testa.

<< È vero, ero troppo piccola e non avrei dovuto vederla. Ma è successo ormai e bisogna conviverci>> ammetto, anche un po' a me stessa.

Non ha più senso continuare a portarmi dietro questo dolore.

Non ha più senso incolparsi di tutto.

Devo imparare a vivere la mia vita come un'adolescente normale.

E anche se non c'è nulla di normale nella mia famiglia, non posso continuare a precludermi le cose belle della vita, solo perché mi sento colpevole della morte di mia sorella e immeritevole di ogni tipo di bene.

Non sarebbe giusto, né per là me di ora, né per la me bambina.

<< Ti chiedo scusa Diana, per tutto quanto>> mi alzo dalla sedia e vado verso di lui.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 22 ⏰

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