1. Same old empty feeling in your heart

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                            OTTO ANNI PRIMA     
                                    MIRIAM
Piove. 

Le gocce cadono sul vetro della finestra con un angolazione di 40 gradi rispetto alla mia scrivania.

Mi sembra di essere in movimento, su un auto, che accelera e decelera, accelera e decelera.

L'auto si ferma a un semaforo; è rosso.

È così che si comporta la mia testa: prima è euforica, agitata e poi diventa pesante e si blocca.

Osservo la siringa per terra; anche stavolta non ho resistito, è stato più forte di me.

I miei genitori hanno provato a farmi smettere, ma si sono accorti del mio problema un po' tardi, quando la dipendenza dall'eroina era già diventata la mia quotidianità.

Scuola, insufficienze, sesso e droga.
Scuola, insufficienze, sesso e droga.
Scuola, insufficienze, sesso e droga.

Una routine che si ripete da un po' ormai.

Perché alla fine quando inizi a drogarti perdi la dignità.

Fai di tutto per una siringa o per una pasticca.

Fai anche le cose peggiori, quelle innominabili e che una ragazza di diciassette anni non dovrebbe fare.

Mia zia Bianca ha provato ad aiutarmi; ha chiesto a una clinica se vi fosse posto, ma quando ha compreso che non ci sarei mai voluta andare, mi ha detto che la porta di casa sua sarebbe sempre rimasta aperta se io avessi voluto.

E inizialmente passavo più tempo da lei che in casa mia.

Ma dal momento in cui lei e mia madre hanno litigato, sono rimasta nella mia stanza.

Mia madre ha sempre voluto gestire tutto da sola e avere intorno mia zia, nonché sua sorella, la faceva sentire impotente.

La faceva sentire come una nullità, ma non perché mia zia la screditasse o altro; semplicemente la nostra testa è completamente fotutta.

La depressione non è un gioco con cui scherzare e sia io sia mia madre lo sappiamo bene.

A volte mi chiedo se io la mia depressione l'abbia ereditata da lei.

Poi ci ripenso, prendo la siringa e mi ripeto che alla fine non conta se l'ho ereditata o meno.

Conta il fatto che ce l'ho e, in teoria, dovrei cercare di guarire.

Ma non riesco.

E non ci riuscirò mai.

Ho smesso di andare a scuola; di giorno, quando non c'è nessuno, perché Diana, mia sorella minore, è a scuola e i miei genitori a lavoro, rimango a casa; di notte, invece, esco.

La mia vita è così da ormai un anno.

Da quando ho iniziato a farmi di eroina, mi sono persa in un mondo altalenante.

Un mondo che fa su e giù.

Un mondo impreciso, confuso.

Un mondo che esiste solo nella mia mente.

Pensavo di poter evadere da quei pensieri ossessivi che mi tormentavano e così ho iniziato a bucarmi, ma non ha funzionato.

A distanza di un anno sono ancora qui, nella mia stanza, disordinata e sporca, con quegli stessi pensieri suicidi e ogni giorno penso a farla finita.

Non posso più sopportare questa situazione, nè fisicamente, nè mentalmente.

Non riesco e non voglio.

L'unico motivo per cui non l'ho ancora fatto è Diana, la mia dolce e piccola Diana.

Le darei un dispiacere troppo grande e lei è troppo piccola.

L'eroina, però, mi ha reso una persona più egoista ed è il momento di pensare a me stessa.

Sono le 4 di pomeriggio.

Diana suona il campanello di casa.

Le apro.

Saluto mio padre che ha accompagnato mia sorella qui come ogni giorno.

Gli do un lieve abbraccio.

Lui si scansa. Come sempre.

Lo guardo con occhi spenti e probabilmente con le pupille dilatate.

Lui scuote la testa.

Non preoccuparti papà, non dovrai più sopportare questo sguardo.

Chiudo la porta dopo che Diana è entrata.

Poniamo fine a questa questione.

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