ELISA

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Dicono che lo senti quando arriva il momento di andarsene.
Dicono che é come se qualcuno ti prendesse per mano e ti portasse via con sé verso una luce accecante e meravigliosa.
Dicono che la paura in quel momento é talmente forte da non farti sentire più nemmeno il dolore.
Dicono anche che, però, tutto questo non supera il vuoto che si prova a lasciare la persona amata.
Quella sensazione di impotenza nel vederlo restare lì mentre ci si allontana senza poter far nulla.
Dicono che perdere l'amore terreno e il male che esso causa, provoca un dolore peggiore della morte stessa.

É strano a pensarci, io Niccolò lo sento ancora qui, talmente vicino da percepirne il profumo e anche il suo fiato che mi solletica la pelle.
Non lo vedo é vero, ma lo vivo al punto che, forse, non sono morta.
O per lo meno, non ancora.
Sbatto le palpebre a lungo, intorno a me la luce é talmente forte da impedirmi di capire dove mi trovo.
So che se avanzo ancora di qualche passo andrà meglio: gli occhi smetteranno di fare male e io potrò capire dove mi trovo e proseguire. Eppure farlo comporterebbe smettere di sentire Niccolò vicino a me, e io non posso proprio.
Piego le ginocchia in avanti fino a toccare quello che sembra un pavimento duro con il sedere e resto immobile, gli occhi ciechi, ma il cuore pieno di speranza.

Non so quanto tempo durerà, l'unica mia certezza é la volontà impellente della mia anima di restare aggrappata a quella di Niccolò.

Esattamente come in un passato che mi appare lontanissimo, quando ero una bambina alle prese con i primi giorni di scuola elementare e ne ero terrorizzata.
Adriano e Niccolò avrebbero iniziato la seconda e quella mattina dopo che mio fratello si era dileguato in fretta per non farsi vedere con me dagli altri amichetti, Niccolò mi aveva presa per mano e l'aveva stretta forte.
"Se hai troppa paura chiudi gli occhi e pensa solo che ci sono io con te, non può accaderti nulla di male." Mi aveva sussurrato all'orecchio.
Saperlo vicino mi ha sempre dato coraggio e adesso, anche se non é qui fisicamente, sta facendo lo stesso.
Riportami indietro Nic, penso serrando le palpebre, riportami da te!"

Quando apro gli occhi la luce non é più accecante come la ricordavo. Nonostante siano appannati riesco, a poco a poco, a distinguere i particolari intorno a me: c'é un soffitto bianco, una finestra da cui entrano i raggi del sole e, ancora un po' indefiniti, volti che mi scrutano dall'alto.
Mi lecco le labbra secche con la lingua e provo a sollevarmi un po', ma questo mi provoca un dolore al petto così forte da farmi gridare.
"Elisa tesoro non devi muoverti! Ora arriva il dottore!"
La voce di mia madre mi giunge da un punto imprecisato, ma mi da un sollievo enorme.
Volto la testa lentamente e, finalmente, la vedo: ha gli occhi colmi di lacrime e lo sguardo stanco ma immensamente felice. Vorrei chiederle che cosa mi é successo, ma pensandoci bene credo non sia necessario, lo so già. Tutti sapevano che poteva accadere, tutti tranne il più importante, Niccolò.
Lo stesso che trovo quando volto la testa dalla parte opposta a quella dove sta mia madre. Mi stringe la mano e piange, i suoi grandi occhi color nocciola ancora più brillanti del normale.

"Amore mio..." Riesco a dire tentando di ignorare il dolore che sento al petto anche solo se provo a parlare.
"Sono qui, non ti lascio..." Continua a dire sorridendo.
"Come il primo giorno di scuola..."
"Sì. E come sarà per sempre..."
Avvicina il suo viso al mio e le nostre labbra si sfiorano. Vorrei che potesse durare all'infinito, ma Niccolò si toglie e lascia che un uomo con un camice bianco mai visto prima mi si pari davanti munito di stetoscopio.
"Signorina come si sente?" Chiede premendo il suo attrezzo sul mio petto, all'altezza del cuore.
Scruto i volti dietro di lui: vedo Adriano che mi sorride, Giulia e mio padre, tutti sul punto di piangere.
Tiro su con il naso e respiro forte.
"Bene... credo. Posso sapere cosa mi é accaduto?" Domando mentre il dottore si allontana da me annota qualcosa in una cartella.

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