Capitolo sei

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Sono convinta che il sogno delirante che ho appena avuto sia il modo in cui il mio corpo cerca di metabolizzare lo stress di ieri: prima il viaggio, poi la rottura della macchina, infine il disastroso incontro con Damian Zubcic e famiglia. Certo, non includerei Daniel nella parte disastrosa, ma al tempo stesso non riesco ancora a cogliere il senso del suo comportamento nei miei confronti. Mi sembra un po' troppo premuroso per essere semplice ospitalità del New England, quindi o gli piaccio, o questo albergo è sempre così vuoto che ogni volta che vedono un turista non possono fare a meno di ricoprirlo di attenzioni. La mia testa cerca di convincerli per la seconda opzione, ma il cuore fa le capriole al solo pensiero che la prima opportunità sia plausibile. E questo non va bene. Ho quasi trent'anni, non quindici.

La gente alla mia età non si prende una sbandata per un tizio conosciuto da nemmeno ventiquattro ore che dimenticherà finito questo viaggio, e sempre che gli Zubcic non mi denuncino una volta che l'articolo sarà uscito.

In quel caso... non voglio nemmeno pensarci.

Mi preparo e scendo per la colazione.

L'albergo è silenzioso, e non c'è traccia né di Daniel né di suo fratello. Mi siedo all'unico tavolo apparecchiato della sala, e, dopo qualche minuto, compare Danica dalla cucina. «Buongiorno» mi saluta con un gran sorriso sulle labbra. «Dormito bene?»

Mento spudoratamente. «Certo»

«Sono contenta. Posso darti del tu?» Accenno un "sì" con il capo. 

«Cosa  ti preparo stamattina?»

«Non so...»

«Se mi permetti, ti vorrei consigliare i pancake. Sono la nostra specialità»

«Volentieri» avrò anche dormito male ma il mio stomaco brontola lo stesso.

Danica annuisce e se ne va. Stamattina sembra molto più gentile rispetto a ieri sera. Forse lei e Damian erano solo di cattivo umore.

Rimasta sola, estraggo il cellulare. Mia madre insiste parecchio sul fatto che il telefonino non vada estratto a tavola, ma sono da sola, ufficiosamente in vacanza, e tutto quello che voglio è potermi leggere un quotidiano in pace proprio come nel mio rituale della domenica mattina. Non essendoci giornali in questo posto, e non volendoli chiedere alla proprietaria –so benissimo che questo non è un hotel a cinque stelle– mi accontenterò della versione online dell'Herald.

La prima pagina è dominata da un articolo sulle prossime elezioni. Salto tutta la parte dedicata alla politica, e passo alla sezione economica. C'è un mio articolo –non uno dei miei migliori, se devo essere sincera– sull'andamento dell'industria dell'intrattenimento nell'ultimo trimestre. Non che l'idea alla base non fosse buona, è stata la scintilla che mi ha spinto verso l'inchiesta su Rebecca Arden, ma avrei potuto concentrarmi di più sul messaggio che volevo trasmettere con il mio pezzo.

Salto quindi a piè pari il resto degli articoli sulla finanza e passo alla rubrica letteraria.

Intanto un profumo delizioso mi richiama alla realtà: è tornata Danica, con in mano quella che potrebbe essere una fornitura trimestrale di pancakes. «Sono...» rimango un attimo in silenzio, cercando di esprimere il mio stupore di fronte a quella enorme torre pendente di bontà «Sono tutti per me?»

«Dicono tutti così ma poi non ne avanza mai nemmeno uno!» ribatte lei divertita, poi piazza davanti a me un curioso contenitore in ceramica, forse una salsiera, contenente un liquido ambrato. «Provali con questo. È lo sciroppo d'acero prodotto qui, a Reed Cove. Non ha nulla da invidiare ai più famosi sciroppi d'acero canadesi». Non ho il coraggio di dirle che non ho la minima idea di cosa sappiano "i più famosi sciroppi d'acero canadesi" considerato che mi accontento di quello in offerta per pochi dollari al supermercato, ma la ringrazio comunque. Poi mi avvento sul primo pancake. È talmente grande che da solo potrebbe riempire metà del fabbisogno calorico giornaliero di un adulto, ma quando il sapore raggiunge le mie papille gustative...

Fanculo le calorie, sono in paradiso. 

Il pancake è morbido, dolce e ancora caldo. Danica sa cucinarli molto bene, gliene devo dare atto. Decido dunque di seguire il suo consiglio, quindi prendo lo sciroppo d'acero e lo verso sulla metà rimasta. Osservo il liquido impregnare la pasta spugnosa della frittella, e annuso il suo profumo dolciastro fondersi con l'aroma del pancake. Questa volta, taglio il pancake in piccoli pezzi e mi prendo il mio tempo per assaporarli lentamente.

Credo di non aver mai assaggiato un pancake così buono in tutta la mia vita e ne ho mangiati tanti. Senza rendermene conto, sono passata al secondo pancake, e poi al terzo fino a che non è rimasta nemmeno una briciola nel piatto e una goccia di sciroppo nella salsiera.

La mia pancia sta per scoppiare. Quando Danica torna, non sembra sorpresa di vedere il piatto vuoto di fronte a me. «Allora?»

«I migliori pancake mai mangiati in tutta la mia vita» sentenzio.

Lei ride. «Mio figlio dice che se dovesse andare male con l'albergo dovrei aprire un chiosco di soli pancake»

«Avresti già una cliente»

Lei si limita a sorridere. «Non succederà mai. Questo albergo è la mia vita... Abbiamo passato tanti momenti difficili in passato, ma ne siamo sempre usciti»

Il suo tono di voce è così velato di malinconia che decido subito di cambiare discorso. «Hai notizie della mia macchina?»

«Daniel l'ha portata stamattina dal meccanico in paese, ma non sarà pronta prima di stasera». E io che volevo scendere in paese per continuare le mie indagini. Lei deve essersi accorta della mia espressione perché aggiunge: «Posso chiamarti un taxi per il paese».

«Grazie. Credo però che rimarrò nei dintorni dell'hotel» avrei fatto una passeggiata e poi sarei rimasta in camera a lavorare. Dopotutto, questa non è una vera vacanza. «Buona idea» replica lei «Oggi è una splendida giornata e Reed Cove è incantevole in questo periodo dell'anno. Se mi dai solo un secondo...» se ne va verso l'ingresso e sparisce per alcuni secondi nella stanzina sul retro della reception. Poi ne riemerge con in mano un volantino turistico «È di qualche anno fa, ma i consigli sono ancora validi»

Do un'occhiata alla brochure. "Reed Cove" recita il titolo in un font che farebbe sanguinare gli occhi di qualsiasi grafico. "La perla nascosta del Maine". La foto del volantino ritrae un faro bianco a picco su una scogliera, circondato da aceri dalle foglie rosse.

«Ti consiglio di salire verso il faro. È una delle passeggiate più belle nei dintorni, e non richiede nemmeno troppo allenamento. Saranno circa 5 miglia».

Deglutisco. Non sono una grande fan dello sport in generale, e dubito seriamente di riuscire a portare a termine la camminata. Ma Danica è così presa che non mi sento di contraddirla. Sia mai che la sua personalità autoritaria faccia di nuovo capolino e mi costringa a salire al faro di corsa.

«Grazie dell'idea» non dico che percorrerò tutta la strada che porta al faro, ma forse prima di buttarmi a capofitto su Rebecca Arden una passeggiata non può altro che farmi bene.

«Vado a preparami» e mi congedo da Danica. 

Rebecca Arden non esisteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora