Capitolo sette

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Forse avrei dovuto interessarmi a Rebecca Arden qualche mese fa. Se non altro avrei apprezzato di più il clima del Maine. La media delle temperature degli ultimi giorni, infatti, è di 50 gradi Fahrenheit, che, per me che sono nata nel sud del paese, significa già inverno inoltrato. E poco importa che qui se c'è il sole, tutti escano all'aria aperta.

Mi avvolgo nella sciarpa e indosso il berretto. Poco importa che ai locali posso sembrare ridicola, lo stesso accadeva regolarmente anche a Boston, per lo meno non sento il freddo pungente paralizzarmi l'estremità inferiori del corpo.

Quando lascio l'hotel, il sole è già alto nel cielo. Sono sola, e mi incammino lungo il sentiero segnato nella brochure che mi ha dato Danica. La strada sterrata si dirige in direzione opposta rispetto alla statale, e si immerge in una foresta che l'autunno ha tonto di risso e arancione. Sono convinta che la maggior parte degli alberi che ombreggiano il cammino siano aceri, ma non riesco a riconoscere le altre specie vegetali. Quella delle piante è una passione che mia madre non è mai riuscita a trasmettermi: non riesco a distinguere la maggior parte dei fiori e a casa mia ogni creatura con foglie e radici ha vita breve, anzi brevissima.

Il sentiero è seminascosto da un tappeto di foglie, che rende il fondo piuttosto scivoloso. Tuttavia, il panorama è notevole e non riesco a non scattare delle foto. I colori sono vibranti, accesi, senza nemmeno la necessità di photoshopparli. Come è possibile che un posto così bello non sia mai menzionato da nessuna parte? Certo, è vero anche che se fosse preso d'assalto dai turisti, Reed Cove perderebbe il suo fascino, eppure mi scalda il cuore sapere che nel mondo, e, soprattutto in questo paese, ci siano delle gemme nascoste che aspettano solo di essere scoperte.

Dopo un'oretta di camminata, inizio a sentire i primi dolori. Le gambe si fanno sempre più pesanti ad ogni passo e una fitta continua alla milza mi costringe a fermarmi. Dovrebbe mancare poco al faro: magari lì potrò trovare una panchina, visto che lungo il sentiero non ne ho vista manco una. In questo momento, mi accontenterei anche solo di un masso su cui sedermi.

Faccio appello alle mie ultime forze, promettendo che una volta tornata a Boston avrei iniziato a fare jogging. O meglio correggendomi subito: una volta tornata a Boston e con la bella stagione. Niente e nessuno potrebbe convincermi a fare jogging d'inverno!

Il mio corpo si oppone, ma, dopo quello che mi è parso un tempo infinito, riesco finalmente a uscire dalla foresta, arrivando in una piana brulla, a picco sul mare, dominata da un faro bianco. Anche qui, sento il bisogno di dover immortalare il momento.

Credo sia uno dei panorami più belli che abbia mai visto in tutta la mia vita. Non mi definisco una viaggiatrice, ma ho avuto l'occasione di visitare diversi paesi in Europa ed Asia che mi hanno lasciato senza fiato. La sensazione è simile, con la consapevolezza che un posto così incantevole si trovava solo a qualche ora di macchina da casa mia, e io non lo sapevo nemmeno!

Mi avvicino al faro, e una brezza gelata mi schiaffeggia il volto. Gli unici rumori che sento sono l'ululato del vento e il fragore delle onde che si infrangono nelle rocce. Respiro a pieni polmoni, e decido di esplorare il faro.

Il volantino diceva che, nonostante non sia più in funzione da anni, il faro di Reed Cove è ancora ben tenuto e visitabile dai turisti. Dall'esterno, sembra ancora in attività, ma non c'è nessuno ad occuparsi della luce che per tanti anni deve avere guidato le barche dei pescatori nella piccola baia. E, a quanto pare, nemmeno a chiedere un biglietto di ingresso.

Mi avvicino con circospezione. La porta del faro è aperta: molto strano. Se fosse davvero fuori uso qualcuno l'avrebbe chiusa a chiave, o avrebbe appeso un cartello con scritto "vietato l'ingresso". 

Rebecca Arden non esisteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora