Prigioniera

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Sono seduta su un pavimento gelido. Il freddo che sale attraverso la pietra si fa strada nelle mie ossa. Le quattro mura che mi circondano sono logore e degradate e l'odore di muffa e umidità è costante. L'unica fonte di luce è uno spiraglio dal soffitto, un sottile raggio di sole che ogni mattina mi illumina il volto e mi costringe a svegliarmi.
É un risveglio crudele: quella luce mi ricorda un mondo al di fuori di queste mura, un mondo che non mi appartiene.
Sono prigioniera della mia famiglia da sempre, non per colpe mie, ma per il fardello che porto: il potere di far morire tutto ciò che tocco. Ricordo come se fosse ieri: mia madre, dolce e premurosa, è crollata senza vita tra le mie braccia. Da quel momento, mio padre e mio fratello non mi guardano più come una figlia o una sorella. Nei loro occhi vedo solo terrore, un riflesso di ciò che io stessa provo.
Temo di ferire chiunque mi stia vicino. Perciò sono determinata a scoprire l'origine di questa mia condanna, sperando di diventare una ragazza normale, come tutte le altre, e liberarmi di questa maledizione.
La mia vita è una sequenza infinita di giorni identici. Mi sveglio, faccio colazione con una misera pagnotta di pane e un bicchiere di latte che mio padre fa scivolare attraverso una fessura nella porta, sufficiente a far passare il vassoio. Non ci sono parole tra noi, solo il rumore stridulo del vassoio che scivola e il silenzio opprimente.
Mi alleno in un piccolo giardinetto collegato alla mia cella. Un tempo era verde e rigoglioso, ma ora è grigio e privo di vita: la mia maledizione ha seccato tutti i fiori, le piante e persino l'erba.
Dopo un pranzo altrettanto misero e insapore, mi rifugio nei libri. In particolare, mi affascinano i miti, le storie degli dèi e le loro gesta.
Ceno e mi sdraio su un materasso grigiastro, un tempo bianco.
Sono rinchiusa in questa cella da quasi diciotto anni, e tra poche ore, allo scoccare della mezzanotte, compirò la maggiore età. Non so cosa significhi davvero o se cambierà qualcosa, ma nel profondo sento un'agitazione crescere, una tensione, come se qualcosa di sconosciuto mi aspettasse.
La mezzanotte arriva e mi sveglio di soprassalto, con quell'agitazione che si fa più forte e presente. Pensavo di sognare, ma presto li vedo. Tre figure incappucciate, imponenti e avvolte da una strana luce che ne nasconde i volti. Non parlano subito, e il silenzio si fa sempre più marcato, come se aspettassi il verdetto di una sentenza a lungo rimandata.

Il risveglio della deaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora