Il fascino di Ares

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Sono fuori. Sono finalmente fuori da quelle quattro mura. Avevo sognato questo momento per tutta la vita e ora eccomi qui. Inalo l'aria fresca e ammiro lo splendore del sole che sta sorgendo. Eppure, dentro di me, non mi sento ancora libera. Mi sento vincolata da questa maledizione, come se fosse essa la mia vera cella.
Ad ogni modo, io e i tre dei ci incamminiamo verso un villaggio poco distante che sembra piccolo e tranquillo. Cammino tra Atena, Thaumas e Ares, cercando di ignorare gli sguardi curiosi degli abitanti. Atena si ferma davanti a una locanda, si gira verso di me e, con tono deciso, dice: "Iris, per riuscire a controllare il tuo potere ti devi allenare e prendere consapevolezza di ciò che realmente sei."
Nella mia testa si fanno strada diverse domande, tra cui: "Ma io chi sono? Sono davvero una semidea?" A interrompere i miei pensieri è Ares, che con un sorriso soddisfatto afferma: "È vero, non sarà per niente facile. Sarà come una battaglia tumultuosa, ma con dedizione, impegno e, soprattutto, coraggio, riuscirai a battere Athraxis e a reclamare ciò che ti appartiene dalla nascita."
Detto questo, Thaumas si fa strada all'interno della locanda e tutti lo seguiamo a ruota. Ad accoglierci è un uomo non molto anziano che ci fa accomodare su delle sedie di legno poste al centro di una stanza abbastanza illuminata dalla luce del sole, che penetra dalle finestre su due pareti opposte. Il locandiere ci assegna le stanze, una ciascuna e tutte vicine.
La mia stanza è piccola ma accogliente. Il letto è posto sul lato lungo del muro, accanto c'è un mobile con sopra una lampada antica e graziosa. Sul lato opposto, al centro, è posizionato un tavolino di legno levigato con una sedia nera, ben comoda. Inoltre, la camera è annessa a un terrazzino collegato anche alle stanze degli dei.
Mi siedo sul letto, la sua morbidezza contrasta con i duri anni trascorsi sul pavimento freddo. Quella stanza mi trasmette una sensazione di pace. Esco sul terrazzino e osservo il via vai frenetico delle persone. "Chissà se potrò vivere una vita normale e tranquilla come la loro," mi domando.
Sento bussare alla porta. È Atena che, vedendomi pensierosa, dice: "Tutte le risposte sono dentro di te. Il potere che tanto temi fa parte del tuo essere, e finché lo rifiuterai sarà una maledizione. Ma se lo accoglierai e lo accetterai come parte di te, diventerà la tua più grande forza."
"E se non riuscissi a dominarlo?" domando. Atena, con voce calma, risponde: "È questo il punto, non devi dominare il tuo potere. Devi accettarlo, Iris. Il dominio di esso sarà una conseguenza della sua accettazione. Considerala la tua prima lezione. Domani comincerà l'addestramento vero e proprio."
Successivamente, passiamo il pomeriggio a comprare provviste e abiti adeguati per il lungo viaggio che ci aspetta. Verso sera, ci rechiamo tutti nelle nostre stanze per riposare. Mi dirigo verso il terrazzino ad ammirare il cielo pieno di stelle, cullata dalla brezza notturna. Dopo un po', noto che dall'altro lato del terrazzino Ares sta guardando il cielo.
La luce fioca della luna mette in risalto i suoi splendidi occhi rossi, e in quel momento non sembra più il solito Ares forte, coraggioso e dinamico: mostra un lato di fragilità, la sua postura non è più composta ma rilassata. A guardarlo, sembra una scultura marmorea affascinante. Mi sento attratta da lui e voglio comprendere questa sua duplice natura, tra forza e coraggio, fragilità e rilassatezza. Continuo ad ammirarlo, incuriosita da questo dio misterioso e straordinariamente bello, finché non mi nota. Così decido di parlargli.
"Non ti avevo mai visto così... tranquillo. Di solito sembri sempre pronto a combattere."
Ares mi guarda, con un sorriso orgoglioso, quasi arrogante. "Non si tratta di combattere, Iris. È questione di controllo."
Lo osservo, colpita dalla sua sicurezza. "Tu sembri così sicuro di te, come se nulla potesse mai scalfirti. Io, invece, ho paura di ciò che c'è dentro di me."
Ares sorride ancora. "La paura è per i deboli, Iris. Devi smettere di avere paura del tuo potere se vuoi diventare forte. O pensi che io abbia ottenuto tutto questo avendo paura di ciò che sono?"
"Atena dice che devo accettare il mio potere, ma non è così semplice. E se non riuscissi? E se finissi per distruggere tutto?" dico freneticamente.
Ares si avvicina lentamente, i suoi occhi mi fissano intensamente, colmi di una passione trattenuta. "Non riuscire? Non è una parola che dovrebbe appartenerti. Sei destinata a diventare più forte di quanto immagini. Devi solo smettere di dubitare di te stessa. Il potere che temi è parte di te, e finché non lo accetterai, continuerai a essere la tua peggior nemica."
Sento un brivido correre lungo la schiena, non solo per le sue parole, ma per come mi guarda. C'è qualcosa nei suoi occhi, qualcosa che non avevo mai visto in lui prima d'ora.
C'è una tensione tra noi, qualcosa che non so come definire, ma che è lì, palpabile. "E tu, Ares? Cos'è che ti spinge? Cos'è che ti fa essere così... inarrestabile?"
Ares sorride, con un'ombra di vanità. "La consapevolezza di essere invincibile. Ma c'è una cosa che mi sfugge, Iris..."
Alzo un sopracciglio, incuriosita. "Cosa?"
Ares mi fissa ancora, e la tensione tra noi cresce. "Capire cosa mi attrae di più: la tua forza nascosta... o la tua fragilità."
Il mio battito accelera esponenzialmente. Sorpresa, non rispondo. Ares si allontana leggermente, ma non troppo, si volta e, con un sorriso stampato sul volto, si dirige verso la sua stanza. Rimango lì, confusa e affascinata, chiedendomi se la vera sfida non sia proprio quella di resistere a lui, senza mai poterlo toccare.

Il risveglio della deaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora