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Il sole stava tramontando mentre uscivo dall'ufficio, il mio spirito ancora afflitto dalle tensioni del giorno. Nonostante avessi fatto progressi nel progetto per l'evento, la presenza di Betty continuava a tormentarmi. Mentre mi avvicinavo alla fermata del bus, notai che il cielo si stava tuffando in una tavolozza di colori caldi, ma il mio umore rimaneva cupo.

Controllai l'orario del bus e, con sorpresa, vidi che avevo appena perso l'ultimo. "Fantastico," mormorai tra me e me, sentendomi frustrata. La mia mente si affollava di pensieri: come avrei fatto a tornare a casa? Avrei dovuto chiamare un taxi?

Proprio in quel momento, vidi avvicinarsi John, che usciva dall'ufficio con un sorriso. "Ciao, Isabelle! Stavo giusto pensando a te," disse, notando la mia espressione preoccupata.

"Ciao, John. Ho appena perso il bus. Non so come tornare a casa," risposi, cercando di mascherare il mio disguido.

"Se vuoi, posso darti un passaggio. La mia macchina è proprio lì," propose, indicando il parcheggio.

Mi sentii sollevata e, non volendo rifiutare un gesto gentile, accettai. "Grazie, sarebbe fantastico!"

Mentre ci dirigevamo verso l'auto, notai che l'atteggiamento di John era un po' diverso. Sembrava più attento, quasi... protettivo. Mi sistemai nel sedile del passeggero mentre John accendeva il motore. "Dove ti porto?" chiese, mantenendo lo sguardo fisso sulla strada.

"Alla fermata della metro, per favore," risposi, cercando di distrarmi.

Durante il tragitto, la conversazione fluì in modo naturale. Parlammo del progetto e delle idee per l'evento, ma notai che ogni tanto John mi guardava con uno sguardo intenso, come se stesse cercando di capire qualcosa di più profondo.

"Sei davvero talentuosa, Isabelle. Ho visto come hai gestito il team e il tuo entusiasmo è contagioso," disse John, sorridendo impercettibilmente. Sentii le guance scaldarsi per il complimento.

"Grazie, ma ci sono ancora molte cose che devo imparare," risposi, cercando di rimanere modesta.

"Non essere così dura con te stessa. Hai fatto un ottimo lavoro," continuò John, mantenendo lo sguardo fisso sulla strada. Ma notai una certa tensione nel suo tono, come se volesse dire altro.

La musica in sottofondo riempiva il silenzio tra noi, e mi sentii a mio agio, anche se un certo brivido di inquietudine mi percorse la schiena. "John, posso chiederti una cosa?" esordii, decisa a rompere il ghiaccio.

"Certo, chiedi pure," rispose, girando brevemente la testa verso di lei.

"Cosa pensi di Betty?" chiesi, non riuscendo a trattenere la curiosità. "Sembra che ci sia un'aria strana tra voi."

John si fece pensieroso. "Betty è una persona brillante e professionale, ma non voglio che i suoi atteggiamenti interferiscano con il lavoro," rispose con una nota di serietà.

"Ma sembra che ci tenga a te," osservai, cercando di mascherare il mio disagio.

"È solo un'amicizia professionale. La mia priorità è il team e il progetto. Non voglio che ci siano fraintendimenti," disse, ma notai un'ombra di indecisione nei suoi occhi.

Il tragitto continuò e, mentre ci avvicinammo alla fermata della metro, percepii un aumento della tensione tra di noi. "E tu? Cosa ne pensi di me?" chiesi improvvisamente, sorpresa dalla mia improvvisa audacia.

John si fermò un attimo, prima di rispondere. "Penso che tu sia una persona incredibile, con un grande potenziale," disse, con un tono che suonava più personale di quanto mi aspettassi.

"Davvero?" chiesi, sentendo il cuore battere più forte.

"Sì. Non solo per il tuo lavoro, ma anche per come affronti le sfide. Hai una determinazione rara," continuò John, mentre mi sentivo sempre più vulnerabile.

"Grazie, significa molto per me," risposi, cercando di mantenere la calma.

Mentre arrivammo alla fermata, notai che John stava guidando lentamente, come se volesse prolungare il viaggio. "È qui che ti lascio?" chiese, ma la sua voce tradiva un certo riluttanza.

"Sei sicuro che non vuoi venire con me? C'è un caffè nelle vicinanze e potremmo continuare a parlare," suggerii, sorprendendomi del mio stesso invito. "Ma come mi è saltato in mente?" Penso "sembrò una ragazzina alla sua prima cotta".

"Potrei anche essere d'accordo," rispose John, sorridendo, ma nel suo sguardo c'era qualcosa di indefinito, un misto di emozione e esitazione.

Mentre parcheggiava, sentii il mio stomaco contrarsi. Cosa stava succedendo tra di noi? Mi sentivo attratta, ma allo stesso tempo in balia di una situazione che non riuscivo a comprendere appieno.

Entrammo nel caffè e ci sistemammo a un tavolo in un angolo. L'atmosfera era calda e accogliente, e sperai che il caffè potesse dissipare le tensioni.

"Cosa vuoi ordinare?" chiese John, mentre esaminava il menu.

"Un cappuccino, per favore. E tu?" risposi, cercando di nascondere il nervosismo.

"Prenderò un espresso," disse John, guardandomi con un sorriso. "Sai, mi piace questo posto. È tranquillo e lontano dalla frenesia dell'ufficio."

"Anche a me piace. È bello avere un po' di tempo per rilassarsi," risposi, mentre i nostri sguardi si incrociavano.

Mentre attendevamo le bevande, il silenzio tra di noi si fece carico di una nuova tensione. "Isabelle, vorrei dirti che...," iniziò John, ma fu interrotto dall'arrivo delle bevande.

Dopo un sorso di caffè, decisi di rompere il ghiaccio. "Hai detto che Betty è solo un'amicizia professionale, ma c'è qualcosa di più tra voi, vero?" chiesi, non volendo perdere l'occasione di chiarire le mie preoccupazioni.

John sembrò riflettere a lungo, poi disse: "In effetti, ci conosciamo da molto tempo. Ma ciò che provo non è altro che rispetto e stima. Voglio che tu lo sappia."

Le parole di John risuonarono nella mia mente, e il mio cuore sembrò fermarsi per un attimo. "Cosa intendi dire?" chiesi, con il respiro che si bloccava in gola.

"Mi piace passare del tempo con lei, semplicemente. Poi non credo di dover spiegare della mia vita privata a te" schernì John, gli occhi si incupirono talmente tanto da spaventarmi, non mi aspettavo questo cambio di umore.

"S-scusami non volevo essere indiscreta" dissi abbassando lo sguardo.

Mi sentii sopraffatta da una mescolanza di emozioni. Finimmo di bere i caffè. Poi fu John a rompere il ghiaccio.

"Tengo molto alla mia ditta, è il frutto di anni di sacrifici, una seconda casa per me... E seleziono con cura chi farà entrare in casa mia" asserì John.

Con uno scatto feci per andare via ma fu la mano di lui a bloccarmi il polso sul tavolo. "Rimani." Il suo tono caldo e la mano leggermente ruvida scaturirono delle strane reazioni in me.

Successivamente John si occupò di saldare il conto "ti riaccompagno a casa" e sicuramente non suonava come una richiesta.

Il resto del tragitto lo passammo in silenzio.

"Grazie" dissi timida una volta arrivata davanti a casa. "Ci vediamo domani" ma non appena mi voltai l'auto era già lontana dalla mia vista.

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