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Mi alzai in tarda mattinata, con ancora un sorriso ebete sulle labbra. Ero stata contentissima la sera prima di incontrare Nick e finalmente ci eravamo scambiati il numero di telefono.

Passai il resto della mia mattinata al centro commerciale con Clara e Mia, che sorprendentemente si era rivelata una buona amica nei pochi giorni che avevamo passato insieme.

Davanti a Zara, decidemmo che ognuna avrebbe comprato un abito elegante per l'altra: Mia per me, io per Clara e Clara per Mia.

Dopo mezz'ora ci trovammo ai camerini. La prima ad entrare fu Mia; Clara le aveva scelto un meraviglioso vestito lilla, lungo fino alle caviglie, con uno spacco non troppo pronunciato a sinistra e senza spalline.

"Stai da dio!" Le dissi ammirandola. Aveva un fisico stupendo.

"Sì, devo dire che hai fatto un ottimo lavoro!" sorrise, guardandosi allo specchio.

Poi toccò a Clara. Avevo scelto per lei un vestitino corto verde pastello, con un corsetto e una gonna a sbuffo. Sapevo che le sarebbe piaciuto, dato il suo stile un po' hippie-campagnolo, che adoravo.

"Ma è perfetto!" esclamò. "Lo abbinerò ai miei camperos marroni." Non avevo dubbi.

Infine, toccò a me. Mia non mi conosceva bene e, quando entrai in camerino, trovai appeso un vestito bordeaux attillato, che arrivava fino a metà coscia, con scollo a barca e maniche a tre quarti. Era elegante e con un décolleté nero sarebbe stato ancora più bello. Non credevo al riflesso nello specchio, mi sentivo così bella. Uscì dal camerino e le due amiche trattennero il respiro.

"Isa, sei irriconoscibile! Ti calza a pennello!" esclamò Mia.

"Dove hai nascosto la mia amica?" prese in giro Clara.

Tra risate e altro shopping, il pomeriggio volò. Arrivò il momento di seguire la mia tradizione: mettermi la tuta più comoda che possedevo, le cuffie insonorizzate con della buona musica, un ottimo libro ed il mio bar preferito.

Il piccolo locale, con le sue pareti di mattoni a vista e i tavolini di legno, era il mio rifugio. Scelsi un angolo tranquillo, ordinai un cappuccino e affondai nel mio libro, mentre la musica nelle cuffie creava un’atmosfera rilassante. Dopo qualche pagina, però, il campanello della porta suonò e sentii una presenza familiare.

John, il mio capo, entrò nel bar. Indossava il suo solito completo impeccabile, ma quel giorno sembrava più teso del solito. Inizialmente sperai che mi ignorasse, ma con uno sguardo veloce mi individuò e si diresse verso di me.

"Isabelle," disse, la voce un po' brusca. "Non sapevo fossi qui."

"Beh, ora lo sai," risposi, cercando di mantenere un tono neutro. "È il mio rifugio domenicale."

"Posso sedermi?" chiese, anche se non sembrava aspettarsi una risposta positiva.

"Se proprio devi," mormorai, alzando un sopracciglio.

Si sedette, fissando il tavolino come se fosse il suo più grande nemico. Io tornai a leggere, ma l'atmosfera si era già fatta pesante.

"Dunque," iniziò lui, rompendo il silenzio, "hai fatto buoni progressi sul progetto di marketing?"

"Quale progetto?" replicai, senza alzare lo sguardo dal libro. "Quello che hai deciso di ignorare fino all'ultimo momento?"

John si schiarì la gola. "Non è il momento di polemizzare. Abbiamo bisogno di un piano solido. La presentazione è tra pochi giorni."

"Non è colpa mia se non ho avuto il supporto necessario," risposi, finalmente chiudendo il libro e incrociando le braccia. "Se mi avessi coinvolta prima, saremmo già a buon punto."

"Non è il momento di lamentarsi," rispose con tono autoritario, ma nel suo sguardo c'era una sfumatura di frustrazione. "Dobbiamo lavorare insieme."

"Se solo fosse così semplice," dissi, scuotendo la testa. "La comunicazione è fondamentale, John, e non siamo mai stati sulla stessa lunghezza d'onda."

"Non sto cercando di fare la guerra," disse, quasi con un sospiro. "Voglio solo che il lavoro venga fatto e che tu mi obbedisca."

"Obbedire? Ma cosa sono, un oggetto?" lo scimmiottai, alzando un sopracciglio.

Ci fu un momento di silenzio, mentre entrambi riflettevamo sulle parole scambiate. La tensione nell'aria era palpabile, ma per un attimo ci guardammo in faccia e la mia frustrazione si mescolò a imbarazzo. Era sempre così in ordine, così profumato. Dannazione, si era accorto che lo stavo ammirando. Prontamente riabbassai gli occhi sul mio libro, dato che non avevo ricevuto risposta. Anche lui sembrava preso dal suo telefono.

Indignata, mi alzai per pagare il conto, ma un’immagine sul suo schermo attirò la mia attenzione. Sembrava una foto di una donna in biancheria intima... Aspetta, era Betty!

Senza dare nell’occhio, pagai ed uscii dal bar.

Ottimo, non solo quell'uomo stava pian piano distruggendo la mia autostima, ma adesso aveva anche dei segreti da nascondere. Per non parlare della sua arroganza, sembrava che tutto gli appartenesse. Ero stufa di essere trattata in quel modo. Eppure, c’era qualcosa di elettrico in lui, un’attrazione che mi tirava costantemente verso di lui, come una calamita.

Mi sedetti su una panchina vicino al bar, cercando di schiarirmi le idee. Il sole cominciava a calare e il cielo si colorava di sfumature calde. Ripensai a quel momento e alle parole che ci eravamo scambiati. Anche se avevamo avuto un confronto, c'era stata una sorta di vulnerabilità che non avevo mai visto prima. Era strano, ma in quel momento mi chiesi se, sotto la sua facciata di severità, non ci fosse qualcosa di più profondo.

Mentre riflettevo, il mio telefono vibrò: un messaggio di Nick. Un sorriso si fece strada sul mio volto. Forse era ora di lasciar andare le tensioni e concentrarmi sulle cose belle che mi circondavano. Ma John, con il suo modo di fare e i suoi segreti, continuava a restare nella mia mente, come un enigma irrisolto che non riuscivo a dimenticare.

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