"Dal tuo petto nudo
Aperto con le sue cupole gemelle
Verso il mare, verso il vento dell'isola
E come io nel tuo sonno navigavo
Libero."
- Versi tratti dalla poesia "Epitalamio" Pablo Neruda.«Mi hai aspettato dunque.» Io e Aren siamo fuori da casa Liv e nonostante il freddo, lui, è a petto nudo come un gladiatore dei ghiacci. Poi mi ricordo, ho io la sua pelliccia, la tolgo dalle mie spalle, lui fissa la Luna in cielo e non presta attenzioni ai miei movimenti.
«Non abbandono nessuno io.» Lo sussurra ma riesco a sentirlo e quando si volta, ha un'immagine di me piccola e infreddolita, con la sua pelliccia tra le mani e un leggero sorriso di gratitudine fra le labbra.
Lui rimane per un attimo a studiarmi, vagamente perso, poi abbassa i suoi occhi color mare più in basso, precisamente fra le mie mani.
«A me non serve, io non ho freddo.»
«Ma sei nudo!» Affermo d'impeto e subito le mie guance si scaldano.
Aren rimane serio. «Tu non mi hai mai, davvero, visto nudo.»
Si incammina e taccio, rimetto la pelliccia pesante e calda sulle mie spalle e con fatica, cerco di stare al suo passo, difficilmente. Lui è notevolmente più alto, sfiora un metro e novanta, e un suo passo equivale a due dei miei, ma non oso lamentarmi. Quest'uomo non mi conosce e non credo nemmeno di piacergli, per colpa mia è al freddo in una notte gelida come questa, in più mi sta riaccompagnando in hotel, lo stesso luogo in cui ha animamente discusso poco fa, con nientemeno che Roberto, il proprietario incendiario.
Non credevo che un semplice ballo potesse prendere una tale svolta. Ma evidentemente qui in Norvegia i balli funzionano così.
Aren riesce a camminare, al buio, come se avesse con sé una lanterna che, gli illumina il sentiero. Io, al contrario, continuo a camminare seguendo, semplicemente, i bagliori di luce lunare sulla schiena di Aren; che bianca com'è, riflette al pari di un qualsiasi specchio.
Le dita delle mie mani, si stanno ghiacciando e intorpidendo sempre di più. Spero solo di arrivare all'hotel il più presto possibile.
Aren, senza alcuna motivazione a me nota, si ferma e, lentamente si volta a guardarmi; mi fermo, a un passo da lui.«Perché alloggi all'hotel? Sei una parente di Roberto?» Aren è serio e questa sua domanda, mi lascia un non so ché di amaro. Riesco a percepire, in ogni sua singola parola, l'urgenza di avere una risposta.
«Sono in vacanza qui, Roberto è solo un vecchio amico di mio padre ma, non ci è molto simpatico. Soprattutto, non, dopo questa notte.» Ammetto onestamente.
Lui rimane in silenzio per un attimo, poi annuisce tra sé e sé e, riprendiamo il cammino senza dialogare.
Non mi pongo troppe domande, ho solo voglia di toccare il letto e sprofondare nel mondo di Morfeo. Tutto a un tratto Aren si ferma, si gira a guardarmi e con il il volto contratto da una qualche idea a me sconosciuta, mi afferra per la vita e mi carica in spalla. Io non ho nemmeno il tempo di obbiettare, scalciare o rifiutare questo suo strano gesto che, subito mi blocca mani e gambe con le sue braccia.
Ma le labbra non sono cucite e sono in grado di parlare.«Aren!» Esclamo.
«Che c'è?» Domanda, continuando a camminare con le sue ampie falcate.
«Ah non lo so, forse il fatto che sono un tronco sulla tua spalla?» Ogni tanto la mia ironia è presente.
«No, sei una ragazzina sulla mia spalla. I tronchi sono più pesanti.» Il suo tono è serio, non si scompone un attimo.
«Sono adulta in realtà, una zitella per precisare.» Non so perché ho voluto rivelargli questo dettaglio.

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Spine Vermiglie
Hombres LoboLuna calante -Percy Bysshe Shelley E come una dama morente che pallida e smunta ravvolta in un velo diafano esce vacillando dalla sua camera, ed è insensato incerto vaneggiare della mente smarrita che la guida, la luna sorse nel tenebroso oriente, u...