Il ristorante era uno di quelli che ti avvolge appena entri: era elegante e sofisticato ma non eccessivamente formale; un ambiente soffuso, intimo, con una luce calda che faceva sembrare tutto un po' più vicino, un po' più segreto. Lucas Raynolds aveva scelto bene il luogo dell'incontro. Uno dei suoi ristoranti migliori, ma per la serata aveva deciso di chiuderlo al pubblico, riservando ogni tavolo a noi due. Nessun altro, a parte lo staff discreto che ci serviva con la stessa efficienza con cui Lucas gestiva i suoi affari.

Le luci soffuse riflettevano sul bicchiere di vino rosso che stringevo tra le mani, e tutto intorno a noi c'era una leggera musica di sottofondo che sembrava fatta apposta per accompagnare ogni sussurro. 

Mi sentivo quasi avvolta dal lusso, ma non era solo la ricchezza che mi colpiva. Era lui. Lucas sapeva come dominare la scena, soprattutto in un ambiente del genere. Lucas Raynolds aveva deciso di giocare in casa ed ora era seduto di fronte a me, con quell'aria rilassata. Non c'erano tensioni nei suoi movimenti, niente che indicasse incertezza. Eppure, sapevo che c'era molto di più dietro quel suo controllo impeccabile.

Mentre il primo piatto veniva servito – un carpaccio di tonno che sembrava quasi troppo perfetto per essere mangiato – Lucas mi lanciò uno sguardo malizioso, quel tipo di sguardo che ti fa sentire sotto osservazione e, allo stesso tempo, ti mette a tuo agio.

«Tutto di tuo gusto?» mi chiese, con un sorriso che non riuscivo mai a decifrare del tutto.

Annuii, posando il bicchiere. «Non posso negare che sai come trattare i tuoi ospiti.»

«Solo quelli speciali.» Le sue parole scivolarono sulla mia pelle come seta. Era bravo. Forse troppo bravo.

«Dimmi una cosa,» disse, appoggiando leggermente le dita sul bicchiere di vino. «Ti aspettavi di essere invitata in un luogo come questo, dopo la nostra prima intervista?»

Inarcai un sopracciglio, cercando di mantenere il mio tono neutro. «Non saprei. Diciamo che mi aspettavo qualcosa di meno... privato.»

Lui rise, e il suono fu basso, profondo. «Ah, quindi sei rimasta sorpresa. Mi piace sapere di essere in grado di sorprenderti qualche volta.»

«Beh, c'è una prima volta per tutto,» risposi con un sorrisetto, cercando di mantenere il mio autocontrollo.

Lucas portò il bicchiere alle labbra e bevve lentamente, mantenendo i suoi occhi verdi fissi sui miei. Mi scrutavano, penetranti, come se volessero studiare ogni mia reazione.«La sorpresa, Clare, è una delle armi più potenti. La gente si aspetta che tu giochi secondo le regole, ma quando le stravolgi, hai il controllo. E io amo avere il controllo.»

Lo guardai, sfidandolo con lo sguardo. «Forse, ma è una lama a doppio taglio. Sorpresa una volta, cosa resta dopo?»

«Un altro colpo di scena, immagino. E se riesci a gestire ogni mossa, non sei mai veramente sorpreso,» disse Lucas, abbassando la voce di una tonalità. «Ecco perché mi piace tenere le persone sul filo del rasoio, così non sanno mai cosa aspettarsi.»

«Immagino sia un buon trucco, utile nei tuoi affari.»

Lucas annuì, ma c'era un'espressione divertita nei suoi occhi. «Molto. Ma lo è anche in altri contesti. Come questo.» Fece un cenno verso il tavolo, indicando l'ambiente in cui ci trovavamo. «Sono curioso, Clare, cosa pensi davvero di me?»

Era una domanda diretta. Troppo diretta. Ma questo era Lucas: non gli piaceva girare intorno alle cose, o almeno così voleva farmi credere. «Penso che tu sia... interessante. Molto consapevole. E sfuggente.»

«Interessante è un complimento?» chiese, piegando leggermente la testa di lato, come se volesse soppesare ogni parola che usciva dalla mia bocca.

«È per lo più una constatazione. Non è facile leggere qualcuno come te. Sei bravo a nasconderti dietro quello che vuoi far vedere.»

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