La redazione era già in fermento quando arrivai al giornale. Le persone correvano da una parte all'altra, parlando di articoli e deadline come se fossero questioni di vita o di morte. Mi sentii stranamente calma in quel caos. C'era qualcosa nell'intervista con Lucas che continuava a tormentarmi, ma allo stesso tempo mi dava una strana sensazione di potere. Sapevo di aver toccato un nervo scoperto, anche se non l'aveva lasciato trasparire del tutto. Voleva mostrarsi impenetrabile, ma avevo visto delle crepe nella sua facciata, ed ero determinata a espanderle.

June mi raggiunse alla mia scrivania. «Allora, come va stamattina? Hai visto che delirio c'è in giro?»

Sorrisi, ma cercai di non lasciar trapelare troppo. «Interessante,» risposi, cercando di mantenere un tono distaccato.

«Interessante? June si sedette di fronte a me, fissandomi con occhi curiosi. «Hai scoperto qualcosa di succoso?»

Scrollai le spalle. «Non ancora.»

June mi guardò con un sorriso malizioso. «O magari è solo un altro uomo d'affari con troppi soldi e poco cuore. Non ti ci fissare troppo, Clare. Sai che fine si fanno le persone che scavano troppo in profondità.»

Sapevo a cosa si riferiva. 

La giornata proseguì in un flusso costante di impegni e riunioni. Ero riuscita, in parte, a distrarmi, almeno fino a quando il mio telefono vibrò con un nuovo messaggio.

Numero sconosciuto:
Vieni al mio ristorante in città stasera, ho qualcosa da dirti.

Rimasi immobile per qualche secondo. Nessuna firma, nessun dettaglio che chiarisse chi fosse l'autore, ma lo sapevo. Solo Lucas poteva inviare un messaggio così criptico e sicuro di sé. Mi sentii divisa. Era una trappola o una nuova opportunità per capire chi fosse veramente?

«Tutto bene?» domandò June, notando la mia espressione tesa.

Le feci cenno di sì con un rapido sorriso, ma il cuore mi batteva più forte. Non sapevo cosa aspettarmi, ma poteva essere una buona occasione per vedere cosa voleva svelarmi e, soprattutto, per riuscire a carpire ciò che invece voleva tenere segreto.

E poi, c'era una remota parte di me non poteva ignorare quella chiamata.


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