Il ristorante sembrava tornato alla normalità, anche se c'era ancora solo il brusio sommesso, rumori provenienti dalla cucina che riempivano l'aria. La serata con Clare era finita da poco, ma il suo ricordo mi bruciava ancora addosso. Quella donna... non riuscivo a togliermela dalla testa.
Il modo in cui era andata via, nonostante sembrava voler smascherare ogni singola parte di me, si era voltata senza guardarsi più indietro, come se fosse certa che l'avrei ricercata per saperne di più, per capire e, forse, farmi capire.
Era entrata nella mia vita a gamba tesa e stava lasciando impronte sempre più marcate nel mio inconscio. Sapevo che stava giocando il suo gioco, e le usciva maledettamente bene, ma ciò che mi intrigava di più era scoprire fino a che punto sarebbe stata disposta a spingersi. Non era solo una giornalista astuta; era diventata un enigma che desideravo risolvere, una sfida che mi affascinava.

Ero seduto al bancone, guardando il bicchiere di whisky che avevo davanti, mentre Adrian emergeva dalla cucina, le braccia incrociate e uno sguardo curioso. Mio fratello aveva l'aria di uno stanco ma soddisfatto. E sapevo bene il perché. Era sempre orgoglioso del suo lavoro, specialmente quando preparava qualcosa di speciale, come aveva fatto per me e Clare.

Si avvicinò mentre controllavo i tavoli. Era il mio confidente e, a volte, il mio contrappeso. Con il suo modo diretto e la sua mente pratica, aveva un talento innato per mettere a fuoco le cose. «Allora, com'è andata?» mi chiese, togliendosi il grembiule ed il capello per ladciar libera la sua chioma scompigliata.

Non risposi subito. Fissai il bicchiere per un attimo prima di sollevarlo e prendere un sorso. «Bene,» risposi infine, con un sorriso accennato. «Niente di che. Solo una serata interessante, suppongo.»

Adrian mi guardò, leggermente scettico. Lui mi conosceva fin troppo bene. Non potevo nascondergli nulla, neanche se ci avessi provato. «E allora perché sembri... perplesso?»
Il suo sguardo era un misto di divertimento e curiosità. Lui era indiscutibilmente il miglior chef e socio che potessi mai desiderare, gestendo la cucina con la passione e la perseveranza che gli si addicevano. Era il tipo di persona che sapeva esattamente cosa dire per mettere in discussione le mie scelte, per aiutarmi a riflettere.

Sospirai, appoggiando il bicchiere sul bancone. «Lei è... diversa, Adrian. Non è come le altre.»

Lui sorrise ironico, dando una rapida occhiata in giro. «Beh, questo è ovvio. Non avevi accennato al fatto che fosse così bella. E poi, se fosse stata come le altre, non avresti chiesto di riservare l'intero ristorante solo per voi due.»

Scossi la testa, sapevo dove voleva andare a parare. «Non è solo quello,» dissi, rimanendo vago. Non era che non volessi condividere, ma c'era qualcosa di intimo e delicato in ciò che era accaduto tra Clare e me. Mi voltai a guardarlo. «Io non lo sapevo. Sono stato io a volere l'intervista, lo sai?»

Adrian mi fissò sorpreso. «Cosa? Tu odi parlare con i giornalisti. Perché mai avresti dovuto chiedere di fare un'intervista?»

«Avevo bisogno di qualcuno che ascoltasse ciò che avevo da dire, e scrivesse ciò che volevo io. Una giornalista in gamba, ma nulla di più. Di certo non Clare...»

«Che intendi dire?» chiese, la curiosità evidente sul suo volto. «Dai, fratello. Ti conosco meglio di chiunque altro. Non puoi nascondere le cose a me.»

Sospirai, consapevole che non sarei riuscito a evitare il suo interrogatorio, semplicemente deviai l'attenzione su ciò che lo premeva di più al momento. «Lei è... cos' dannatamente imprevedibile. Entrambe le nostre conversazioni hanno preso pieghe che non mi sarei mai potuto immaginare. C'è qualcosa di autentico in lei, e questo mi spaventa. E mi attira. Ho sempre mantenuto il controllo, ma con lei... è come se mi fosse sfuggito tutto di mano.»

«E questo è un problema, solo perché tu lo rendi tale. Lo sai questo, vero?» chiese, sollevando un sopracciglio. Poi si servì da bere anche lui, per accomodarsi infine accanto a me, col bicchiere sollevato. Aggiunse: «Cos'hai da perdere?»

«Non lo so. Tutto? C'è un gran rischio in tutto questo. Lei è curiosa, sa come mettere in discussione le mie decisioni, e mi fa sentire vulnerabile.»

«Vulnerabile? Tu? Da quando ti conosco, e direi un bel po', hai sempre voluto controllare tutto, ogni aspetto della tua vita. Cosa c'è di speciale in questa Clare, per riuscire anche solo a sfiorare quelle radici?»

La sua domanda mi fece riflettere. Non era solo l'attrazione fisica, anche se quella era innegabile. Era il modo in cui riusciva a toccare corde che avevo tenuto ben protette, a sfidare il mio modo di pensare. La sua presenza era un cocktail di audacia e dolcezza, una miscela che mi rendeva affamato di sapere di più.

«Che non riesco a ignorarla,» risposi, le parole che uscivano più sincere del previsto. «Quando sono con lei, dimentico il lavoro, i piani, e mi lascio andare. Ma il suo approccio non è pericoloso perché è intellettuale. È come se cercasse di scavare nei miei segreti, di esplorare ciò che di solito tengo nascosto.»

Adrian annuì, riflettendo sulle mie parole. «Forse hai bisogno di qualcuno che ti sfidi. Se non ora, quando?»

Ero d'accordo. Ma c'era di più. Clare era una tempesta che minacciava di sconvolgere l'ordine delle mie cose. L'idea di lasciare che qualcuno entrasse nel mio mondo, per quanto affascinante fosse, mi creava una tensione interna. Nonostante le mie riflessioni, un pensiero continuava a ronzarmi in testa: e se tutto ciò che era accaduto tra noi fosse solo un gioco, e niente di più?

«Non lo so quando, non so neanche se ci potrà mai essere un quando. Ora sono in un momento estremamente delicato con gli affari, devo restare concentrato e lei... lei non me lo permetterebbe mai.» Dopo un attimo di silenzio, ripresi: «Adrian, la verità è che sono abituato a tenere la mia vita sotto controllo, in un modo tale che le persone che frequento lo sanno, e non fanno mai domande scomode. Ma lei...» non terminai la frase e presi una lunga sorsata, finendo il bicchiere.

«Lei cosa?»

«Lei riesce a strappare via le mie difese.»

Mio fratello si appoggiò sul bancone, contemplando le mie parole. «E forse è proprio quello di cui hai bisogno. Qualcuno che ti costringa a confrontarti con te stesso, invece di fuggire. La vita è troppo breve per giocare a nascondino con i propri sentimenti.»

Le sue parole colpirono nel segno ancora una volta. Ero stanco di giocare. Clare aveva aperto una porta che pensavo fosse chiusa, e il suo invito a esplorare era irresistibile. Ma in quel momento, dovetti ammettere che la mia mente era in conflitto con il mio cuore.

La mia vita era costellata di segreti e sotterfugi, e stavo lentamente realizzando che nascondere ciò che sentivo per Clare sarebbe stato impossibile.

«Forse hai ragione,» dissi infine. «Ma non posso permettere che qualcuno scopra le mie carte, per ora.»

Adrian mi guardò con un'espressione seria. «A volte, Lucas, le cose più belle nascono dal rischio. Forse è tempo di lasciarti andare, anche solo un po'.»

E così, dopo aver chiuso il ristorante e essermi diretto verso casa, tornai a pensare a Clare, alla sua presenza che in qualche modo mi scaldava il mio cuore. La serata scottante che avevo trascorso con lei era solo l'inizio. E sebbene sapessi che il nostro gioco fosse carico di rischi, sentii che avrei potuto affrontarli. Non era solo per me; era per lei, per la verità che avevo bisogno di scoprire.

Una volta a casa, con un sospiro deciso mi immersi nuovamente nel lavoro, ma in fondo al mio cuore iniziai a sperare che Clare non fosse solo un'altra sfida, ma che rappresentasse qualcosa di più.

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