Mi rigirai sul divano, fissando il soffitto del nostro salotto. Il nostro appartamento, un umile rifugio nel cuore di Boston, ora illuminato dagli ultimi raggi del tramonto. Le finestre lasciavano entrare la luce calda, mentre il suono distante delle auto e delle persone per strada creava un'atmosfera quasi irreale, come se il mondo avesse deciso di rallentare solo per un momento. Un lusso raro per la frenetica vita in città. Theo era seduto sulla sua poltrona accanto alla finestra, le gambe elegantemente incrociate, un bicchiere di vino tra le mani. June, la mia collega e amica, era venuta a trovarci per i nostri venerdrink, serate in cui ci aggiornavamo sulla nostra settimana, e si trovava ora sul divano accanto a me, il suo sguardo critico e penetrante rivolto verso di me mentre io finivo di raccontare della mia intervista con Lucas Raynolds.

June aveva inclinato la testa, fissandomi con i suoi occhi castani penetranti. Lei era sempre pratica, una di quelle persone che sanno dove mettere le mani e che non perde mai tempo in sciocchezze. Aveva le gambe accavallate, un taccuino aperto sulle ginocchia e una penna che faceva roteare tra le dita. Ero sicura che le stesse mentalmente soppesando ogni cosa, come al solito.

«Fammi capire bene», iniziò June, facendomi sentire come se fossi sotto esame. «Hai accettato di chiamarlo Lucas?» Il suo tono ironico era inconfondibile, e mi fece sentire leggermente imbarazzata. 

Sbuffai, affondando ancora di più tra i cuscini del divano. «Mi ha detto di farlo. Sembrava una specie di gioco di potere all'inizio, ma alla fine ho ceduto solo per liberarmi della situazione.»

Theo, seduto sulla poltrona vicino alla finestra, fece un cenno teatrale con una mano. «Clare, tesoro, ti ha lanciato un amo e tu l'hai preso in pieno! Ammettilo, quel tipo ti ha affascinata. 'Lucas', sul serio? Potrebbe essere il protagonista di una delle mie fantasie romantiche da copertina!» Sorrise malizioso, i suoi capelli biondi scivolavano perfettamente sul viso mentre si lasciava andare su un cuscino, visibilmente divertito.

Con un'espressione sognante dipinta in volto, continuò: «Io lo vedo già: lui, un uomo affascinante e misterioso; tu, la giornalista imperturbabile che lo spoglia di tutte le sue armature... tranne una!»

«Non essere ridicolo, Theo,» gli risposi, cercando di trattenere un sorriso. «Era solo un'informalità.»

June incrociò le braccia, scettica. «Oh, certo. Ma non dirmi che non hai sentito qualcosa di strano. Questo tizio ha un'immagine pubblica ben definita: freddo, calcolatore, controllato. Tu gli hai concesso di decidere come farsi chiamare. Hai aperto la porta a qualcosa, e lui l'ha percepito subito.»

Alzai gli occhi al cielo, ma sapevo che aveva ragione. Lucas Raynolds non era il solito uomo d'affari arrogante che pensava di poter manipolare la verità.
C'era qualcosa in lui che andava oltre l'apparenza perfetta e professionale. Aveva un'aura che non avevo mai incontrato in nessuno prima d'ora. Non si limitava a rispondere alle mie domande, le aggirava con abilità, giocando con le parole come un maestro della retorica. Ogni frase, ogni silenzio, ogni gesto... sembravano studiati, ogni sguardo calibrato per ottenere una reazione.

Theo sbuffò, drammatizzando ogni parola. «June, amore mio, io dico che Clare dovrebbe approfittare della situazione. Un uomo come Raynolds? Sogno una parte da protagonista per me e lui in un film d'amore. Ho persino il titolo: Il CEO e il cuore rubato.» Fece un inchino immaginario e mi lanciò uno sguardo complice.

Mi misi a ridere, scuotendo la testa. «Theo, ma che diavolo!»

June sorseggiò il suo vino, fissandomi con un'espressione più seria. «Non dubito che tu possa gestire la situazione, Clare. Però fai attenzione. Raynolds non è uno qualunque. Gioca su un altro livello, e non puoi permetterti di abbassare la guardia. Lo capisci, vero?»

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