Mi stava aspettando all'uscita proprio come aveva detto. Cercai di stare il più tranquilla possibile, anche se era molto difficile per l'attacco di panico che mi era venuto poco fa, e sinceramente non aveva voglia di sentire nessuno, solo di andare a casa e rinchiudermi in camera. "Ehi, allora come è andata?" Chiese ingenuamente, ma non volevo dirgli quello che era successo, quindi evita completamente il suo sguardo guardando a terra. "Bene" risposi secca, con un sorriso forzato, che ovviamente non fu credibile. "Non sei convinc...." Si bloccò nel parlare, alzai lo sguardo su di lui, e non era più accanto a me, ma ben si dietro. Cazzo! Pensai. Vide il mio zaino, pieno di scritte: - fai schifo, ammazzati, sei orribile.- "chi ti ha scritto queste cose?" Mi domando inquieto, che se gia sapeva la risposta. Io incapace di nascondere la mia frustrazione, non risposi, il silenzio si fece spazio tra di noi, quando con prepotenza mi rifece la domanda. "Mi devi lasciar stare ok? Non voglio che tu mi protegga so farlo perfettamente da sola. Ora lasciami in pace". Urlai esasperata, non mi accorsi che la mia voce risuono lungo il viale della scuola, quando tutti si girarono. Rimase li impassibile, come se avessi scosso qualcosa dentro di lui. "N-non volevo essere invadente, mi preoccupo solo per te" rimase fermo dietro di me, mentre continuai a camminare con passo deciso verso l'uscita, "non c'è bisogno che ti preoccupi, so cavarmela benissimo da sola!" Esclamai, mentendo, non sapevo come proteggermi ne dagli altri ne tanto meno da me stessa, iniziai cosi a correre verso la fermata dell'auto, cercando di allontanarmi il più possibile da quello schifo che mi circondava. Ricordavo i volti degli altri le loro risate, la loro indifferenza. Non capivano, e non avevano idea di quanto dolore potesse nascondere un semplice sorriso. Quando finalmente raggiunsi la fermata, mi girai un ultima volta "non preoccuparti", ripetei a me stessa cercando di convincermi. E mentre l'auto partiva, cercavo il mio posto per mettermi seduta, ma nella testa, avevo delle voci, delle urla che rimbombavano come un tamburo martellante che non cessavano un attimo le urla della scuola, le risate beffarde dei compagni che mi prendevano in giro.
Le discussioni a casa, quella signora che prepotentemente si era permessa di giudicare, la nostra vita, si mescolarono a quelle voci creando un grande caos insopportabile. I ricordi apparivano e scomparivano come flashback, rendendo difficile distinguere il presente dal passato. Cercai solo un po' di pace, quel peso che avevo nel petto non volevo più averlo. Volevo solo un po' di silenzio, un po' di tregua da quella tempesta che sembrava non cessare dentro di me. Così una volta seduta, accanto al finestrino, con le cuffie nelle orecchie, sembrava che quel magone, pian piano scomparve.
Arrivai cosi a casa, cercando di nascondere quel malessere che la giornata mi aveva riservato. "Sono tornata!" Dissi andando direttamente in camera per nascondere lo zaino, "Ehi amore, c'è Clara" disse mia madre con voce gioiosa, "ehm, si arrivo" dissi incerta, sbrigandomi a togliere tutti i libri da dentro, per poi metterlo nella lavatrice, sperando che quelle scritte potessero svanire, come questa giornata di merda. Una volta mandata la lavatrice, mi diressi verso il salone abbracciai Clara, con cosi tanto felicita chiudendo gli occhi e come al solito ormai, diedi un bacio sulla sua pancia, sussurrando sempre quelle paroline: "sono qui che ti aspetto". Dopo tutto quello che mi era successo da questa mattina, era l'unico momento in cui stavo bene.
Erano lì a parlare, della camera del bimbo/a, che avrebbero dovuto fare a casa di Clara, e solo il pensiero ero così felice, ma nello stesso tempo anche ansiosa nel conoscerlo. Andai fuori in balcone, quando poi sentii Clara piangere, ma non andai lì da loro rimasi fuori ad ascoltare. "Mia madre vuole che mi sposi, perché dice che non è bello, che sono incinta senza essere sposata" io rimasi un po' così, dalla sua affermazione "non voglio forzare nessuno, tanto meno Mattia, che ha iniziato ora a lavorare. Ma mia madre sta tormentando anche lui per questa storia, e non vorrei mai che si stufasse di me... di noi" disse con un espressione di tristezza, era percepibile anche a distanza, mentre accarezzava quel pancio. Osservai da lontano il suo volto, solcato da un misto di ansia e vulnerabilità, mi dispiaceva tantissimo vederla cosi, mi rattristi anche io, ma di una cosa era certa, che la mia valutazione di quella donna (la mamma di Clara) era giusta, non mi piaceva per niente.
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Quindici inverni sotto lo stesso cielo ( quel legame che ci unisce)
ChickLit-TRATTO DA UNA STORIA VERA- In un tranquillo paesino, l'arrivo dell'inverno porta con sé una gioia inaspettata: la nascita di Nicolò, il primo nipote di Azzurra, una ragazzina di soli 13 anni. Per Azzurra, che ha sempre sognato di diventare zia, l'a...