𝟐𝟕) 𝐀𝐌𝐄𝐑𝐈𝐂𝐀, 𝐇𝐄𝐑𝐄 𝐈 𝐂𝐎𝐌𝐄

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Jasmine si svegliò con una sensazione di disorientamento totale e dí vertigine che sembrava avvolgerla da un coperta pesante. I suoi occhi si aprirono a fatica, la luce che filtrava dalle persiane era un'aggressione diretta alle sue pupille. Ogni fibra del suo corpo sembrava pesare una tonnellata, e la testa le martellava senza fermarsi. Era sudata, appiccicata alle lenzuola, con il cuore che le batteva nel petto a un ritmo irregolare. Il respiro era corto e affannato. Si sentiva stordita, come se fosse stata travolta da un treno.

Cercò di raccogliere i pensieri, ma tutto era avvolto da una nebbia fitta e impenetrabile. L'unica cosa che riusciva a ricordare con certezza era che la sera prima aveva preso qualcosa. Qualcosa. Ma cosa fosse successo dopo... niente, solo vuoto.

Si mise a sedere sul letto con uno sforzo tremendo, portando una mano alla fronte. Il movimento le fece venire la nausea, e si ritrovò a piegarsi in avanti, pregando che il mondo smettesse di girare. Era sola nella sua villa, ma la solitudine in quel momento era come un peso. Le sembrava di sprofondare in un pozzo senza fondo, senza nessuno che potesse tirarla fuori.

Jas: Che cosa ho fatto?
si chiese a voce alta, ma non c'era nessuno a rispondere.

Il suo sguardo vagò per la stanza, cercando qualche indizio che potesse aiutarla a ricostruire la notte precedente. C'erano bicchieri vuoti sparsi per il pavimento, vestiti in certi punti della camera e qualche residuo di quella maledetta polvere bianca sul vassoio di vetro. Jasmine si accasciò contro lo schienale del letto, maledicendosi per aver ceduto alla tentazione.

Improvvisamente, il suono del suo telefono interruppe il silenzio opprimente. Sobbalzò, il cuore le accelerò come se fosse stata colta in flagrante. Allungò una mano tremante verso il comodino, afferrando il cellulare e guardando il nome sullo schermo: Hanna, la sua manager di Victoria's Secret.

Oh no.

Prese un respiro profondo e rispose, sperando che la sua voce non tradisse lo stato miserabile in cui si trovava.
Jas: Pronto?
chiese, sforzandosi di sembrare normale.

Hanna: Jasmine, finalmente! Dove sei? Ti ho chiamata diverse volte. Devi venire in ufficio subito. Abbiamo delle novità importanti e dobbiamo parlarne di persona.

La mente di Jasmine, ancora offuscata, fece fatica a processare l'urgenza della richiesta.

Jas: Ok...
rispose, incerta.
Jas: Vengo il prima possibile.

Hanna: Non fare tardi, Jasmine. Questo è cruciale per il tuo futuro con noi.

Jasmine chiuse la telefonata, il cuore ancora in tumulto. Il futuro con noi. Quelle parole la colpirono come una frustata. Si costrinse a scendere dal letto, combattendo contro la sensazione di nausea che minacciava di sopraffarla.

Andò in bagno e si specchiò. Il riflesso che vide la spaventò. Occhiaie profonde, pelle spenta, capelli spettinati e lo sguardo vuoto. Questa non era Jasmine, la modella perfetta che tutti ammiravano. Era una versione distrutta di sé stessa. Si sciacquò il viso con acqua fredda, cercando di svegliarsi del tutto, ma il senso di oppressione non accennava a diminuire.

Prese al volo un paio di jeans, una maglia nera e una giacca di pelle che la facevano sembrare più composta di quanto si sentisse. Non c'era tempo per altro. Doveva andare da Victoria's Secret e capire cosa stesse succedendo. Avrebbe affrontato quella conversazione anche se la testa continuava a martellarle e il corpo si sentiva come se fosse fatto di piombo.

Chiamò un taxi e si diresse verso gli uffici. Durante il tragitto, cercò di ricostruire i pezzi mancanti della sera prima, ma ogni tentativo si scontrava con il nulla. Non ricordava assolutamente niente dopo aver preso quella polverina. Come avevo fatto a ridurmi così? Jasmine sapeva che stava camminando su un filo sottile, ma fino a quel momento si era sempre illusa di avere tutto sotto controllo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 5 days ago ⏰

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A NEW KIND OF HATE ; 𝒯ℴ𝓂 𝒦𝒶𝓊𝓁𝒾𝓉𝓏 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora