40-BACK TO HOME

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A tutti quelli che amando troppo, son dovuti scappare.

🍓✨️💃


Esistono diversi tipi di persone: quelle che sanno amare, quelle che non lo sanno fare.
Io non sapevo che tipo di persona fossi.
Sapevo offrire il mio amore alle persone mie care, in una forma tutta mia.
Non in un modo normale.
Ed io, ho amato lui in una nuova forma.

Fino a quel momento non mi ero resa ben conto di quello che fosse successo, finché non mi ritrovai su un aereo diretto a Miami.
Stavo tornando a casa.

Tutti noi indossiamo una maschera. Chi per un motivo chi per un altro.
Indossiamo maschere per paura di essere giudicati per quello che siamo, per quello che diciamo e per quello che facciamo.

Indossiamo maschere per nascondere le nostre debolezze, fragilità e sentimenti.
A volte indossiamo la maschera più pulita, la faccia perfetta, la vita perfetta.

La perfezione non esiste, è solo un'illusione che crea la nostra mente. Solo quando siamo da soli, probabilmente la notte, la nostre maschera cede e tutto quello che c'era sotto viene fuori, portandoci a pensare, creandoci dubbi, paranoie, pensieri.

Erano ormai due anni che Trevor mi aveva lasciato, e con lui, si portò parte della bambina che era in me.

Quando Trevor volò via, lontano da me, il giorno del suo funerale, quando rientrai a casa, dopo aver visto persone che neanche conoscevo con le lacrime agli occhi e il silenzio prevalente in casa, oltre a Milo -il nostro gatto- che miagolava contro la mia gamba appena varchai la soglia di casa, mi buttai sul divano sdraiata, con il capo rivolto al soffitto mentre lo fissavo.

Non piangevo. Avevo già finito tutte le mie lacrime quei giorni.
Lucy venne con un aereo il giorno dopo dalla California, e rimanemmo in silenzio, abbracciate tra le lacrime, ma in silenzio.

Rimase due settimane con me. Parlammo poco, se non niente, e a me andava più che bene così.
Alla fine delle due settimane Lucy partì, e con la sua partenza diventai la persona che mai avrei voluto essere.

Bevevo, cominciai a fumare, andavo in giro per locali e non rispondevo più al telefono.
Dalla morte di mio fratello, mi assunsi tante di quelle responsabilità, tra cui la cerchia, che avevo soprannominato Hell.
Il mio inferno.

O almeno pensai che fosse il mio inferno. Finché non capí quanto potere avessi. La soprannominai inferno, perché la mia vita dalla sua morte, diventò un inferno.

Poi conobbi lui, il mio portatore di guai, ma anche la mia luce. O almeno era quello che credevo, finché non arrivò il giorno in cui conobbi la verità.

Scesi dall'aereo e respirai l'aria salata di Miami. Anche se eravamo ben lontani dal mare e dalla spiaggia, il forte odore innebbiava il cielo luminoso e privo di nuvole. Faceva abbastanza caldo, quindi scesi le scalette e mi diressi all'interno dell'aereoporto. Mi avvicinai al nastro delle valigie, dove avrei dovuto recuperare le mie, che erano una nera e l'altra blu.

Guardai ogni valigia che passò sotto il mio sguardo e non appena vidi le mie anche se con difficoltà le afferrai al volo e andai all'esterno, dove estrassi il cellulare dalla borsa e chiamai un taxi che mi avrebbe riportato a casa.

Il taxi arrivò e si fermò aprendomi il portabagagli dove misi le valigie. Poi salì e dettai l'indirizzo di casa. Il taxista si fermò davanti al portone del mio palazzo, pagai ben 100 dollari per 10 minuti di macchina, recuperai le valigie e varcai il portone d'ingresso, entrando nel palazzo.

Chiamai l'ascensore, e al bip che emise,le porte si spalancarono, così afferrai le valigie e le misi in ascensore con me. Salimmo fino al quarto piano. Quando le porte si aprirono mi rivelarono il mio vecchio pianerottolo.

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