Capitolo 9✨

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Mi tormentava, il fatto che nessuno mi somigliava

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Mi tormentava, il fatto che nessuno mi somigliava

e io non somigliavo a nessuno.

"Io sono solo, e loro sono tutti", pensavo,

e mi mettevo a riflettere.

- Fedor Dostoevskij


Non importava quanto impegno ci mettesse nel respingermi, il suo corpo dimostrava che tutte quelle avances avevano un effetto su di lei. Nelle settimane successive lavorammo molto a stretto contatto e, per la prima volta dopo tempo, la sera tornavo a casa con uno strano senso di leggerezza. Quella compravendita, che in principio era stata per me peggio di una spina nel fianco, si era rivelata un piacevole inconveniente. Le riunioni e gli incontri con i clienti non mi erano mai sembrati tanto lunghi, e io non ero mai stato tanto impaziente di tornare da lei.

Adoravo vedere il modo in cui il suo corpo rispondeva al mio, anche se negava di provare qualsiasi coinvolgimento. Quando passavo dietro la sua sedia, riuscivo a notare come seguisse ogni mio movimento con la coda dell'occhio, mentre i suoi muscoli si irrigidivano sotto la mia statura. Facendo finta di voler correggere qualche cavillo, avvicinavo il viso al suo, mentre con un braccio reggevo il mio peso, scaricandolo sul tavolo. Ogni volta che le davo qualche suggerimento la mia bocca era all'altezza del suo orecchio e, tutte le volte che pronunciavo una parola, le sue gambe si serravano sotto il tavolo. Più mi allontanavo, più i suoi muscoli si rilassavano. Come se avesse paura di lasciarsi andare in mia presenza.

Era stato difficile, ma il clima cominciava a distendersi tra noi. Ogni tanto, anche se raramente, ci capitava di ridere per qualche battuta. Anche se non era pronta ad ammetterlo, le piaceva la mia compagnia.

Era così concentrata sul suo lavoro da non essersi accorta della mia presenza. Le capitava spesso. E io, dal mio canto, mi regalavo qualche attimo di pace in cui mi limitavo a osservarla, mentre faceva roteare gli occhi sul foglio alla ricerca di una soluzione o quando faceva tamburellare nervosamente le unghie sul tavolo di vetro. «Dovremmo andare a cena insieme stasera.»

Quando la mia voce spezzò il silenzio, sussultò sulla sedia. Persino quando si spaventava era dannatamente bella. «Dio mio. Sei impazzito per caso?» Si portò una mano al petto, all'altezza del cuore. «Mi hai quasi fatto venire un infarto.»

«Sono certo che sopravviverai, principessa.» Asserii, ridendo compiaciuto. «Andiamo a cena insieme, stasera.»

«Non verrò mai a cena con te.» Brava, mi avevi quasi convinto.

«Invece lo farai, stasera.»

«Non trovo alcun motivo valido per accettare la tua proposta.»

«Non te lo sto chiedendo, te lo sto dicendo.» Era davvero un osso duro, a volte. Insopportabile, quasi sempre. Ma, se fosse stata accondiscendente, non avrebbe mai attirato la mia attenzione. «Ci vediamo alle otto nell'atrio. Ti porto da Giovanni's. non farmi aspettare.»

In between - Would you fight for love?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora