Quel che più conta, alla fine,
è dove rincasa sempre il tuo pensiero.
- Anonimo
Due ore prima
La sera prima mi era arrivata una mail in cui comunicarono l'orario e la sala riunioni in cui avrei dovuto incontrare il cliente di alto profilo. Ero nervosa? Certo. Nell'ultima settimana erano successe tante di quelle cose insolite da lasciarmi senza fiato. Avevo chiesto a Steve di affiancarmi in questo lavoro e aveva accettato volentieri, ma quando avevo risposto alla mail chiedendo se fosse necessaria la sua presenza, mi avevano risposto dicendo che sarebbe stato meglio affrontare il primo incontro con il cliente a quattr'occhi. Cercai di non pormi troppi interrogativi, mi avrebbero solo resa più nervosa di quanto già non fossi. Non riuscii neanche a cenare, ero troppo nervosa. Mi limitai a una tazza di caffè, accompagnata da un paio di biscotti. Ero soddisfatta dei traguardi che avevo raggiunto fin dal mio arrivo. Ma stavo anche creando aspettative non indifferenti sul mio conto. E, ogni giorno, aumentavano. Più arrivavo in alto, più non potevo fare a meno di pensare a quanto doloroso sarebbe stato l'atterraggio al suolo. Mi sentivo come se stessi saltando da una nuvola all'altra senza paracadute. E, se la brezza ne avesse spostata una, sarei caduta nel vuoto. Avrei potuto gioire del vento a favore, eppure non riuscivo a smettere di ascoltare la vocina nella mia testa che mi avvertiva di un pericolo imminente.
Il mattino dopo, quando la sveglia suonò, i miei occhi erano già spalancati. Rimasi immobile per un lasso di tempo inquantificabile, mentre fissavo il soffitto. Feci appello a tutto il coraggio che avevo in corpo e trovai la forza di mettere un piede davanti all'altro, per poi trascinarmi in cucina.
Caffè. Avevo solo bisogno di caffè.
Quando arrivai in ufficio la sala riunioni era vuota. Con qualche incertezza, mi accomodai all'interno e cominciai a sistemare tutto ciò che mi sarebbe servito per l'incontro preliminare. Solo quando terminai mi resi conto di essermi seduta dando le spalle alla vetrata che dava sul resto del piano. Non volevo spostare tutto, rischiando di farmi vedere da qualcuno che, inevitabilmente, mi avrebbe presa per matta. Guardai l'orologio. Otto e cinquantotto. Era quasi ora. Non mi restava che attendere, cercando di controllare l'insano desiderio di fissare la porta. Presi un appunto mentale: fare attenzione a dove avrei preso posto. Solo dopo qualche minuto, quando la penna rotolò sul pavimento, mi resi conto di come la mia gamba stesse ballando su sé stessa per scaricare l'agitazione. Mi allungai per accoglierla e, senza volerlo, feci cadere lo sguardo verso la porta. Riuscii a scorgere un paio di mocassini lucidi a pochi centimetri dalla soglia d'ingresso. Non potei fare a meno di risalire la sua figura e rimasi di sasso quando i suoi occhi incrociarono i miei. Ebbi bisogno di qualche secondo per fare mente locale, prima di capire chi avessi davanti. Spalle larghe e fisico scolpito che saltava fuori dal completo firmato. La bellezza di un dio e l'arroganza di Narciso. Per pochi secondi dimenticai anche il motivo che mi aveva portata a incrociare il suo sguardo. Per un tempo che mi parve infinito rimanemmo immobili, le nostre iridi incatenate.
Fu lui a rompere quel contatto. «Hunter Maddox.» Mi tese la mano, non prestando la minima attenzione alla mia posizione a dir poco inusuale. «Sei tu ad aver vinto il caso McGaller?»
Mi rimisi a sedere correttamente. «Carrie Heaven.» Strinsi la sua mano, ancora tesa verso di me. «Sì, l'ho vinto io. Con un po' di aiuto, certo.»
«Chiunque ti abbia affiancata farà parte del team.» Non mi aveva chiesto neanche chi fosse o se io fossi d'accordo. Una cosa era chiara: con lui non ci sarebbe mai stato compromesso. «Comunicagli che da domani mattina si unirà alla squadra. Vi voglio qui alle nove.»«Glielo comunico immediatamente.» Mentre gli parlavo, si voltò per avviarsi dall'altra parte del tavolo. Che maleducato.
«Sarà meglio.» Asserì atono. «Questi» Continuò, indicando una pila di documenti alta quasi quanto me. «Sono tutti i documenti relativi al caso. Hai tutta la mattina per visionarli. Ci vediamo dopo pranzo per discutere i prossimi passi.»
«Discutere? Davvero?»
«Qualche problema?»
«So bene qual è il mio ruolo in tutta questa storia.» Tuonai, alzandomi in piedi. «Ma non sarò solo una stupida pedina nel tuo braccio di ferro con l'avvocato Hallford.» Mi interruppi, ma non sembrò voler controbattere. «Io sono qui perché mi è stato chiesto come favore, non perché morissi dalla voglia di lavorare a contatto con uno come lei. Non sono al suo servizio. Sono qui per dimostrare che sono più di una semplice associata.»
«Uno come me?» Davvero? Dopo tutto quel discorso, era solo su quello che riusciva a concentrarsi?
«Sì, uno come te.» Puntai i piedi ma, quando fece un paio di passi verso di me, mi venne istintivo rimettermi a sedere. Non lo decisi, fu un gesto quasi obbligato. Come se la forza della sua aura fosse riuscita a imporsi su di me.
«E com'è uno come me?» Più avanzava, più il mio corpo diventava un tutt'uno con la sedia.
Mi sentivo sempre più vulnerabile. Sembrava quasi che i suoi occhi mi stessero spogliando da ogni certezza. Ma non potevo arrendermi a lui. Non potevo permettergli di avere la meglio su di me. Forse mi sentivo esposta davanti a lui, ma non potevo permettermi di dimostrarglielo. «Arrogante. Presuntuoso. Megalomane. Con manie di protagonismo.»
Si chinò e raccolse la penna che, quando mi accorsi della sua presenza, avevo dimenticato sul pavimento. Ancora piegato sulle ginocchia, allungò la mano e la poggiò sul tavolo, proprio a pochi centimetri dal mio braccio. Era così vicino che potevo sentire il suo respiro su di me. Le mie gambe, accavallate, riuscivano quasi a sfiorare il suo petto. «Eppure, non riesci a togliermi gli occhi di dosso.»
Touchè. Le scintille che avevo dentro di me, all'improvviso, divamparono in un fuoco carico d'odio. Ma non potevo farne a meno. Non riuscivo a smettere di guardarlo. La mascella spigolosa, le spalle definite, gli occhi brillanti, erano un mix accattivante, dovevo ammetterlo. Se lo avessi incontrato in un bar, le probabilità di tornare a casa con lui sarebbero state molto elevate. Ma non avrei mandato all'aria il lavoro più importante della mia vita per uno stronzo qualsiasi. «Mi limito a osservare la persona che ho davanti. Mi piace sapere con chi ho a che fare.»
Avvicinò la mano al mio viso, fino a sfiorarmi la guancia con delicatezza. «Tesoro, non ne hai idea.»
Si alzò di scatto, si voltò e si diresse verso l'uscita. «Forse sei tu, a non avere idea di chi hai di fronte.» Poteva anche intimidirmi, ma non gli avrei permesso di mettermi i piedi in testa.
«Prego?» I suoi occhi tornarono su di me.
Ogni parte di me tremava sotto il suo sguardo. Ma quello era un gioco di forza, e sarei stata dannata se glielo avessi lasciato vincere. «Hai capito bene.»
«Non giocare con il fuoco, ragazzina.» In poche falcate, fu di nuovo ad alcuni centimetri da me. Il suo fascino era magnetico. Lo odiavo con ogni fibra del mio corpo. Eppure, non riuscivo a fare a meno dell'elettricità che ci legava. «Potresti bruciarti. E non illuderti, questo non è come i soliti film che vedi in tv.» I nostri nasi si sfiorarono. I nostri respiri diventarono un tutt'uno. «Non arriverà nessuno a salvarti.»
«In questo caso...» Mi alzai, recuperando qualche centimetro. «Sarò io la scintilla che darà vita all'incendio.»
Spazio autrice
Sorpresa! Sapete quanto sia grande il mio amore per i capitoli brevi e, a volte, mi piace il modo in cui paragrafi molto piccoli lascino la giusta suspence. Ma una cosa è certa: non potevo lasciarvi una settimana con quei piccoli capitoli, così ve ne ho pubblicati tre <3
Spero che la storia tra Carrie e Huxton, anche se solo all'inizio, vi stia piacendo!
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Al prossimo mercoledì per il prossimo capitolo <3
Sempre vostra, Andry
STAI LEGGENDO
In between - Would you fight for love?
RomanceCarrie Heaven è un giovane avvocato. Hunter Maddox è il CEO di un'azienda multimilionaria. Così diversi, eppure così simili. Proveranno a sfuggirsi, ma riusciranno solo ad attrarsi di più. Come calamite, non faranno che attrarsi, senza mai smettere...