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«Eccomi!» ci interrompe Amelia, entrando nel piccolo salottino con un vassoio in mano. «Non si può andare sempre di fretta, ragazze mie.»

Il tè è squisito, ma quando finiamo, Amelia vuole leggere nei fondi delle nostre tazze.
Che sciocchezze! Non credo a queste cose e spero solo che si sbrighi, perché vorrei arrivare a Firenze entro la mattinata.

«Dimmi, zia, cosa vedi?» chiede Mary, facendomi l'occhiolino e cercando di trattenere una risata per i gesti che faccio sotto il tavolino.

«Shhh... qualcosa c'è... qualcosa è andato storto, un esame andato male, eh?!»

Mary sbuffa. «Ma perché ogni volta che ti vengo a trovare scopri solo brutti voti nelle mie tazze?! Te l'ha detto mamma, vero?»

Non riesco a trattenere uno sghignazzo, ma Amelia mi lancia uno sguardo severo.

«E tu, signorina, non ridere,» mi ammonisce, facendomi cenno di passarle la mia tazza.

La osserva attentamente in silenzio, finché all'improvviso l'espressione sul suo viso si riempie d'orrore. «Oh... e questo?! Da quanto lo sogni?» chiede, alzandosi di colpo e facendo cadere la sedia all'indietro.

Sussulto e, con un filo di voce, bisbiglio: «Eh?! Ma chi?»

Amelia sembra innervosirsi. Tanto. Troppo. Inizia a camminare avanti e indietro per la stanza, borbottando parole incomprensibili.

Lancio uno sguardo sconcertato a Mary, che come me è rimasta sbalordita dal comportamento della donna.

«Zia, ma che ti prende? Cosa hai visto nella tazza di Giulia?»

Alla domanda, Amelia si ferma di colpo. Con gli occhi spalancati e lo sguardo perso nel vuoto, alza le braccia come in trance e grida: «L'Oscurità...!»

«Di cosa sta parlando?!» mi chiede Mary, sempre più confusa. Ma prima che io possa rispondere, Amelia mi assale con una raffica di altre domande, a cui non so cosa rispondere.

Sono così colpita da tanta veemenza che inizio davvero ad avere paura di lei, e voglio solo uscire il più in fretta possibile. Alla fine, Amelia, non trovando le risposte che cerca, esce dalla stanza come una furia, e noi decidiamo di svignarcela prima che torni.

«Beh, ciao zia, noi andiamo...grazie per il tè, ci sentiamo presto!» strilla Mary un attimo prima di richiudere la porta dietro di sé.

Iniziamo a camminare velocemente, ma appena Amelia riappare sull'uscio, agitando un ciondolo e urlando di tornare indietro, i nostri passi si trasformano in una corsa. Mary mi afferra per mano, e insieme ci buttiamo a perdifiato tra i turisti che affollano il centro pedonale del piccolo borgo.

Troviamo la Mini di Diego parcheggiata dove l'avevamo lasciata, e lui è lì, tranquillo a parlare al cellulare.

«Diego! Metti in moto, presto!» gli urla Mary mentre attraversiamo la strada di corsa.

D'istinto, lui getta il cellulare sul sedile e accende il motore. Senza aspettare che io chiuda lo sportello, parte sgommando.

«Ma che diavolo sta succedendo?!» ci chiede, allarmato, notando lo spavento stampato sui nostri volti. Non appena ha spazio, affonda il piede sull'acceleratore, e la Mini ruggisce, schizzando via da Monteriggioni lungo la statale per Firenze.

Mary ha ancora il fiato corto e gli occhi pieni di stupore. «Non pensavo che... mi dispiace, Giulia... é completamente fuori di sé!»

Annuisco e, con una mano, le faccio una carezza sulla spalla.

«Ho temuto che ci avrebbe inseguite a cavalcioni di una scopa! È la prima volta che si comporta così...» mormora Mary, ancora incredula. «Ma di cosa parlava? Cosa hai sognato? Sembrava terrorizzata...»

Alzo le mani in segno di resa. «Non ne ho idea!»

Mary scrolla le spalle e lascia cadere lì la questione, tornando a rivolgere tutta la sua attenzione su Diego.

Mi abbandono sul sedile...
Che situazione assurda!

La zia di Mary è proprio fuori come un balcone. Me lo ripeto, anche se una parte di me non è poi così sicura.

Il Gioco del Male Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora