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Siena dista un'ottantina di chilometri da Firenze, e con il pullman ci avremmo impiegato un'ora e quaranta, mentre con Diego, dopo cinquanta minuti, siamo già nei paraggi di Santa Maria Novella. A Firenze, come in molte altre città d'arte, l'area di maggiore interesse turistico coincide con la ZTL, così decido di farmi lasciare vicino al capolinea del pullman, quello che avrei dovuto prendere, e fare una passeggiata fino agli Uffizi.

Mary è stata chiara: questa volta non verrà con me.
Vuole accompagnare Diego in delle commissioni urgenti. Rimango un po' delusa, ma capisco la sua voglia di rimanere sola con lui...

«Allora ci ritroviamo qui più tardi», dico scendendo dalla macchina. «Se c'è qualche problema, ci mandiamo un messaggio.»

Mary scende subito dietro di me e mi saluta con un bacetto sulla guancia. Gli brillano gli occhi come stelle, ed è una meraviglia da guardare.
«Stai attenta», mi sussurra con tono materno, che mi fa storcere la bocca.

«Dopo la scena di tua zia Amelia non mi può far paura più nulla!» ironizzo. «Piuttosto, ora sei tu quella che corre maggiore pericolo...» concludo, facendo un cenno del capo verso la Mini, dove Diego è coinvolto in un'altra telefonata.
Deve essere un tipo molto social.

Mary fa un gesto vago con le mani. Sono persino riuscita a farla arrossire, cavolo... e tra un sospiro e un sorrisone, mi sussurra in tono confidenziale: «È un gran figo, vero?»

Vorrei lasciarmi andare a una risposta sincera e con una certa enfasi, ma proprio quando sto per aprire bocca, mi accorgo che Diego mi sta fissando.
Anche se non riuscirebbe a sentire le mie parole perché stiamo sufficientemente lontane, il suo sguardo su di me è così acuto da farmi bloccare.

«Non ora, Mary... è già tardi!» la zittisco prima che continui con altre domande, chiudendole scherzosamente la bocca con una mano. «Devo proprio andare... ci vediamo dopo.»

Mi giro verso Diego, facendogli un gesto di saluto con la mano, e mi incammino spedito lungo via Cerretani.

Mi sento di nuovo a casa. Le vie del centro mi sono familiari come le mie tasche, avendoci abitato per alcuni anni. Sono così eccitata e ansiosa di arrivare che cammino dritta per tutta la via fino a Piazza del Duomo, poi prendo via Calzaiuoli, che si trova sulla destra, verso Piazza della Signoria. Arrivo a Palazzo Vecchio senza lasciarmi sedurre dalle vetrine dei negozietti, piene di adorabili ninnoli e cianfrusaglie, e tra l'angolo di quest'ultimo e la Loggia dei Lanzi mi trovo di fronte alla Galleria degli Uffizi. Bene.
Per evitare la classica fila a serpentone, ho già prenotato su Internet da alcuni giorni il biglietto d'ingresso, così mi avvio indisturbata all'entrata.
La Galleria è talmente grande e dispersiva per chi vi entra per la prima volta, che si rischia di perdersi nei suoi labirinti e non riuscire a vedere tutte le opere più importanti.
Uno dei problemi più comuni è come ottimizzare il proprio tempo. Per fortuna non è il mio caso: questa sarà la sesta volta che vi entro e so orientarmi bene...

Il percorso inizia al secondo piano per poi scendere al primo. È uno dei musei più ricchi di opere al mondo, migliaia di dipinti che vanno dal 1200 al 1600 per non parlare delle sculture quasi tutte di età classica...

Mi dirigo direttamente alla sala dieci: sala Botticelli, e lì, dietro un drappello di visitatori, c'è lei, la bellissima tavola in tempera della Madonna col Bambino di Botticelli, eseguita nel 1467.
L'opera è arrivata agli Uffizi direttamente dal museo francese di Avignone, il Petit Palais, per prendere parte alla mostra sull'eclettico maestro rinascimentale...

Ho aspettato con trepidazione di poterla ammirare con i miei occhi, di potermi perdere tra questi colori così accesi, dal chiaroscuro incisivo e dal tono bronzeo. Ho passato così tante ore, in questi ultimi mesi, a studiare, osservare ogni panneggio, linea e contorno. Ora riesco quasi a sentire tutte le verità nascoste, sussurrate nelle espressioni malinconiche e pensierose dei volti della Madonna e del piccolo Gesù.
Nessuna foto, neanche la migliore, gli rende giustizia. Se non avessi potuto ammirarlo dal vero, avrei pensato che tutte le ore passate sul libro non sarebbero valse molto perché, come ci dice di continuo il nostro prof. Galli, un bravo critico è colui che possiede un'ottima conoscenza artistica, storica e antropologica, che partecipa a mostre e rassegne per studiare le opere attraverso le proprie capacità visive, senso critico e cura per i singoli dettagli. Ormai le sue parole sono diventate un vero vademecum per me...

Con un po' di fortuna riesco a sgusciare tra gli osservatori e piazzarmi in prima fila.
Nessun ostacolo tra me e la tavola. Vorrei allungare una mano, sfiorare con la punta delle dita la sua superficie, ma la ragione mi trattiene perché so bene che innescherei le sirene dell'allarme e si scatenerebbe un inferno nella sala gremita.

Ora, finalmente, posso finire la ricerca su quest'opera. Fa parte dell'esame che sosterrò tra meno di un mese. Sento di aver raccolto tutto il necessario per concluderla al meglio, mi rassicuro, rivolgendole un'ultima occhiata da cima a fondo. Poi, mentre mi ritiro lasciando il posto a qualcun altro, sbircio l'orologio e noto con gioia che ho ancora altro tempo a disposizione prima di andare via.

Così decido di passare alla sala accanto, sempre dedicata a Botticelli e, con mia grande fortuna, è vuota e silenziosa. Solo un gruppetto di giapponesi, intenti ad ascoltare la radioguida davanti al grande quadro della Primavera, che occupa la parete principale della stanza.

Mi avvicino in silenzio, rimanendo estasiata davanti a tanta meraviglia, totalmente rapita dall'immagine, incapace di battere le ciglia. Resto lì, in totale adorazione, finché qualcosa nella mia mente si spezza, e un'allucinazione, o forse una visione, invade il campo visivo della mia mente.

Occhi scuri mi appaiono dalla nebbia della confusione del momento, belli e penetranti, che mi fissano...

Mi perdo in loro, provando la forte sensazione che non ci sia altra ragione di vita al mondo per me se non quegli occhi, lui e... poi, in un battito di ciglia, tutto svanisce e la testa inizia a girare vorticosamente.
Il cuore mi schizza in gola per la paura, e faccio fatica a respirare.

Mi arriva una voce lontana: qualcuno mi chiede se mi sento male, se ho bisogno di aiuto.

Sbatto ripetutamente le palpebre per scacciare i puntini neri che volteggiano davanti a me, ingrandendosi in una macchia scura pronta a inghiottirmi.
La confusione cresce, e un senso di panico inizia a invadermi. Le voci intorno a me si confondono, trasformandosi in un unico turbinio indistinto, e non riesco più a distinguere nulla.

Vorrei dire qualcosa, ma le gambe mi cedono, e crollo come una torre di carte al soffio di un vento invisibile...
Cerco di aggrapparmi con le poche forze che mi rimangono alla corda rossa della transenna, ma è tutto inutile.
Cado a terra, sentendo la pelle del viso sul pavimento gelato di marmo...
Qualcosa urta violentemente la mia testa...

Il Gioco del Male Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora