Il giorno seguente, il sole sembrava fare fatica a penetrare attraverso le persiane, eppure la luce che filtrava nella stanza dava un senso di tranquillità a Evan, che si svegliò più tardi del solito. La testa gli pulsava, il cuore batteva ancora forte per l'incubo che aveva avuto durante la notte, ma il risveglio era comunque diverso. Più lieve.
La notte era stata un insieme di sensazioni contrastanti. Aveva dormito, ma a tratti si svegliava di soprassalto, come se non riuscisse mai ad uscire veramente dal sogno. La voce di Alessandra, le sue parole velenose, risuonavano nella sua mente. L'aveva deriso, l'aveva abbassato a tal punto che non riusciva a credere di essersi piegato così tanto.
I ricordi della notte precedente erano ancora freschi nella sua mente: il momento in cui Dominic lo aveva svegliato dal suo incubo, il modo in cui lo aveva confortato, la sua forza nel rimanere al suo fianco. Eppure, mentre il mattino procedeva lentamente, sentiva che c'era qualcosa che non poteva ancora affrontare, qualcosa che doveva elaborare. La giornata non era ancora iniziata, ma in qualche modo sapeva che sarebbe stata importante.
Il confronto con il passato. Quello era il punto cruciale, la sfida più grande che doveva affrontare: fare i conti con quello che aveva vissuto, con la manipolazione di Alessandra, con il peso di un amore che non lo aveva mai nutrito ma che, al contrario, lo aveva svuotato. L'incubo della notte precedente aveva fatto riaffiorare in lui una serie di sensazioni dolorose, che pensava di aver seppellito. Si era visto di nuovo come quel ragazzo insicuro che si adattava a tutto pur di non perdere l'affetto, anche se spesso si sentiva più in gabbia che amato.
La sua mente vagava, ripercorrendo ogni tappa di quella relazione. I ricordi si sovrapponevano, eppure ogni volta che pensava a come Alessandra lo avesse trattato, il dolore sembrava farsi più vivido. Le parole che le aveva sentito pronunciare con freddezza durante gli ultimi mesi del loro rapporto gli ronzavano ancora nelle orecchie: "Non sei niente senza di me. Non sei nulla. La tua vita è vuota, io ti riempio."
Nonostante la brutalità di quelle frasi, Evan si era convinto che fosse vero. Per troppo tempo, aveva creduto che Alessandra fosse l'unica a dargli un senso di esistenza. La sua approvazione, la sua attenzione, erano diventate per lui essenziali. E quando lei lo derideva, lo faceva in pubblico, davanti ai suoi amici, davanti a tutti, il suo cuore si stringeva. Ma non si ribellava. Aveva sempre pensato che la sua esistenza senza di lei fosse incompleta, che non avrebbe mai trovato il coraggio di andare avanti senza quella figura dominante nella sua vita.
Quella consapevolezza lo stava facendo soffrire ancora di più, ma era anche un punto di partenza per il suo riscatto. La domanda che gli tornava in mente in continuazione era: Come avevo potuto accettare tutto questo? Quante volte si era piegato davanti alla sua manipolazione? Quante volte aveva pensato di non meritare altro?
Si guardò allo specchio mentre si preparava a scendere per la colazione, e per la prima volta in tanto tempo si chiese se potesse davvero rimettersi in piedi.
Dominic era stato al suo fianco tutta la notte. L'aveva ascoltato, l'aveva abbracciato, ma sapeva che l'unico modo per davvero superare quel dolore sarebbe stato affrontarlo. E per farlo avrebbe dovuto essere onesto con sé stesso, smettere di fuggire dalla propria verità.
"Come ti senti?" Dominic gli chiese mentre si sedevano a tavola, la luce del mattino a illuminare i loro volti. C'era una calma nella sua voce, ma Evan notò una certa apprensione nei suoi occhi.
Evan si fermò un attimo, poi si sedette di fronte a lui, ancora titubante. "Meglio... non perfetto, ma meglio." Il suo respiro era più regolare rispetto alla sera prima, ma sentiva ancora il peso di ogni parola non detta, di ogni passo che doveva ancora fare.
"Non devi essere perfetto," rispose Dominic, fissandolo con sincerità. "Devi solo andare avanti. E lo farai. Lo sai, vero?"
Evan annuì, ma c'era ancora una sensazione di incertezza che gli stringeva lo stomaco. La paura di affrontare i suoi demoni, di mettersi completamente a nudo, era ancora lì. Tuttavia, una parte di lui sentiva che doveva provarci. Doveva farlo per sé. Doveva ritrovare quella forza che pensava di aver perso.
"Sarà difficile, lo so. Ma non sei solo. Non sei mai stato solo," rispose Dominic, cercando di infondere forza nelle sue parole. Non c'era più il tono di rabbia che aveva sentito la notte prima, ora il suo sguardo era solo preoccupato per il cugino. "Hai fatto un primo passo ieri. È già un inizio."
Intanto, fuori, Ivy stava affrontando un momento altrettanto difficile. Il giorno prima, aveva trovato una certa forza nel parlare con lo psicologo, ma la consapevolezza che la sua vita stava cambiando la terrorizzava. La solitudine di quei giorni nella casa della zia, il percorso di indipendenza che aveva scelto di intraprendere, la paura di fare di nuovo un errore... tutto le pesava.
Tuttavia, quella mattina, qualcosa dentro di lei si era smosso. La conversazione con Evan e Dominic le aveva fatto capire che non era la sola a portare cicatrici. Anche Evan stava cercando di ricostruirsi, e le sue parole – il suo modo di guardarla, anche se silenzioso – le avevano dato il coraggio di credere che forse anche lei avrebbe potuto trovare una via d'uscita. Doveva solo imparare a fidarsi di sé.
Decise di fare il primo passo, anche se imperfetto. Si era promessa di prendere il controllo della sua vita. "Forse è il momento di fare qualcosa per me," pensò, mentre usciva di casa per prendere un caffè. Un atto semplice, ma che rappresentava una grande conquista. Un inizio.
Il telefono squillò, interrompendo i suoi pensieri. Era Dominic.
"Ehi, Ivy, come stai?" la sua voce al telefono le fece sorridere, anche se non poteva vedere il sorriso. La sentiva sincera, senza forzature, come se stesse cercando di raggiungere una parte di lei che aveva messo a tacere.
"Sto cercando di stare bene," rispose Ivy, consapevole che le parole suonavano più come un'incertezza. "Ma... non è facile. Non lo è mai stato."
"Capisco. Ma sai, se hai voglia di parlare o uscire, io ed Evan stiamo pensando di fare qualcosa insieme. Magari potresti unirti a noi. Sai, siamo qui se hai bisogno."
Ivy sentì la gentilezza nella sua voce, e per un attimo, si sentì meno sola. Decise di non tirarsi indietro questa volta.
"Grazie, Dominic. Forse... sarebbe bello uscire."
Il caffè che stava bevendo mentre si preparava sembrava il preludio di qualcosa di nuovo, qualcosa che le dava una piccola speranza. Non sapeva bene cosa si aspettasse da quell'incontro, ma sentiva che forse, finalmente, stava trovando una via d'uscita dal suo caos interiore.
Quando Ivy arrivò al bar, Dominic ed Evan stavano già seduti a un tavolino all'aperto, entrambi sorridenti ma anche visibilmente più tranquilli rispetto a ieri. Evan, in particolare, sembrava un po' più rilassato, anche se il suo sguardo rifletteva ancora una certa tristezza.
"Ciao!" disse Ivy, avvicinandosi al tavolo con un sorriso timido. Dominic la guardò con affetto.
"Ehi, ciao!" rispose con un tono che cercava di essere informale ma che, inevitabilmente, tradiva una certa apprensione. Evan sollevò lo sguardo, e quando i loro occhi si incrociarono, sentì una strana sensazione, come se, per un istante, tra loro ci fosse una comprensione tacita, un legame invisibile.
Seduta accanto a loro, Ivy si sentì per un attimo come se stesse entrando in un mondo nuovo, lontano dalle sue solite preoccupazioni. Le parole fluirono lentamente, ma senza forzature. Parlarono di poco, di cose quotidiane, ma sotto la superficie c'era un'incredibile sensazione di solidarietà che si stava formando.
Dominic, come sempre, non riusciva a stare in silenzio a lungo. Dopo aver bevuto un sorso di birra, fece una battuta che alleggerì l'atmosfera. "Beh, ragazzi," iniziò, lanciando uno sguardo scherzoso verso Evan. "Mi sa che siamo una coppia di tipo... 'mente e mano', no? Io la mente, Evan la mano."
Evan sorrise debolmente, ma il suo sorriso si allargò quando Ivy rise anche lei. Dominic non smetteva mai di cercare di rendere le situazioni più leggere, ma quella battuta era solo un modo per cercare di far sorridere Evan, per farlo sentire più a suo agio.
Le parole di Dominic però non erano soloscherzi. In quel momento, in maniera sottile, stava suggerendo che, nonostantetutto, loro due avevano una connessione. L'uno era la forza, l'altro ilsupporto. E Ivy, ascoltando quella conversazione, si sentiva stranamente insintonia con quello che stavano dicendo. Per un attimo, si rese conto che,forse, anche lei aveva una parte in questo puzzle.
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Oltre le crepe
General FictionIvy ed Evan, due anime spezzate dal peso di relazioni tossiche e da un passato difficile, si trovano in un luogo inaspettato: la sala d'aspetto di uno psicologo. Entrambi cercano di ricostruire la loro vita, imparando a fidarsi di nuovo di sé stessi...