Evan si sedette nella stanza della psicologa, stringendo la pallina antistress che gli aveva dato durante la prima seduta. Era ormai la sua ancora di salvezza, la compressione ritmica gli dava una piccola sensazione di controllo, come se potesse rilasciare tutta la tensione in quei piccoli gesti.
La psicologa lo osservò con il suo solito sguardo calmo e accogliente, aspettando che fosse lui a prendere l'iniziativa. Si trattava di un'attesa delicata e rispettosa, ed Evan sentiva che non c'era alcuna pressione. Questo lo metteva a suo agio, almeno in parte. Ma anche così, ogni parola che provava a dire sembrava bloccata, come se ci fosse una barriera invisibile che non riusciva a superare.
Vedendo la sua difficoltà, la psicologa decise di cambiare approccio. Si alzò lentamente e andò verso un piccolo scaffale dietro di lei, da cui prese una candela profumata e l'accese. Il leggero aroma di lavanda iniziò a diffondersi nella stanza, creando un ambiente ancora più rilassante. Tornò a sedersi, lo guardò e disse, con tono rassicurante: "Sai, Evan, a volte le parole possono sembrare delle barriere difficili da oltrepassare. Ma possiamo provare a fare un piccolo esercizio per calmare la mente."
Gli porse una coperta morbida, leggera ma avvolgente. "Se ti fa piacere, usa questa per coprirti. Chiudi gli occhi e concentrati sul respiro, lasciando che i pensieri fluiscano. Non c'è fretta, prendi il tempo che ti serve."
Evan annuì, un po' sorpreso dal nuovo approccio, ma anche curioso. Si lasciò avvolgere dalla coperta, sentendosi stranamente protetto da quel semplice gesto. Chiuse gli occhi e respirò profondamente, cercando di lasciar andare l'ansia. Poco alla volta, il suo corpo cominciò a rilassarsi e la tensione nelle spalle diminuì.
Dopo qualche minuto, la psicologa riprese a parlare, con una voce calda e pacata. "Quando ti senti pronto, raccontami quello che vuoi. Non importa da dove inizi, va bene qualsiasi cosa."
Evan rimase in silenzio per qualche istante, ascoltando il ritmo del proprio respiro. Poi, quasi senza rendersene conto, cominciò a parlare. "È difficile... spiegare cosa ho passato. Certe cose... sembrano incredibili persino a me." Fece una pausa, mentre cercava di trovare le parole giuste. "All'inizio, con Alessandra, tutto sembrava perfetto. Era gentile, sempre attenta, e mi faceva sentire... importante."
La psicologa ascoltava attentamente, non interrompendo il suo flusso. Evan continuò, guardando la pallina tra le sue mani. "Ma col tempo, tutto è cambiato. Ogni cosa che facevo non andava mai bene. Mi diceva che ero inadeguato, che senza di lei sarei stato perso... e io ci credevo. Ogni critica, ogni accusa, sembrava avere senso. Ho iniziato a pensare che fosse vero."
Prese un respiro profondo, sentendo le emozioni affiorare mentre parlava. "A volte mi accusava davanti agli altri, faceva battute su di me... e io non riuscivo mai a ribattere. Mi sentivo paralizzato, come se fosse colpa mia che lei fosse così."
La psicologa lo osservò intensamente, dando un piccolo cenno d'incoraggiamento. "Hai subito molto, Evan. È normale sentirsi bloccati, non riuscire a reagire. Ma ricorda, quello che hai provato è reale, e il dolore è legittimo."
Evan annuì, grato per quelle parole. Un piccolo senso di sollievo cominciò a sciogliere il peso che aveva tenuto addosso per tanto tempo.
"Vorrei farti una domanda," disse la psicologa, cercando di mantenere il tono il più possibile neutro, quasi delicato. "In quei momenti, quando ti sentivi così paralizzato... cosa avresti voluto dire o fare? C'è qualcosa che avresti voluto esprimere a te stesso o ad Alessandra?"
Quella domanda lo colpì come un fulmine. La risposta che sentiva nascere dentro di lui era talmente forte che quasi gli fece paura. Sentiva l'angoscia risalire, avvolgendolo come una morsa. La sua mano cominciò a stringere la pallina antistress con più forza, e il respiro si fece affannoso. La mente sembrava bloccarsi in un turbinio di emozioni, e il senso di panico crebbe fino a fargli tremare le mani.
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Oltre le crepe
General FictionIvy ed Evan, due anime spezzate dal peso di relazioni tossiche e da un passato difficile, si trovano in un luogo inaspettato: la sala d'aspetto di uno psicologo. Entrambi cercano di ricostruire la loro vita, imparando a fidarsi di nuovo di sé stessi...