Back to the Past - capitolo 13

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This night is sparkling, don't you let it go
I'm wonderstruck, blushing all the way home

- Taylor Swift -

Quella sera, mi chiesi cosa ci facesse lì. Non doveva essere a casa, lontano da me? Eppure eccolo, davanti a me, proprio mentre il DJ metteva "Enchanted" di Taylor Swift.
Mi sorprese quando mi disse: "Piccola, balliamo insieme."

La sua mano mi sfiorò i fianchi, e senza pensarci ci dirigemmo verso la pista da ballo. I nostri corpi si muovevano insieme, i suoi occhi erano un riflesso di tutte le mie fragilità, e io guardavo i suoi, cercando di trovare delle risposte che non avevo. Quel ballo sembrava un sogno, un ritorno a un tempo che sembrava irrimediabilmente lontano. Io ero nel pieno di un turbinio di emozioni, ma le parole mi scivolarono dalle labbra senza che potessi controllarle: "Mi sei mancato."

Le parole mi sembrarono come un grido disperato, ma in quel momento non riuscivo a fermarmi. Mi stavo ricordando di noi, di tutti quei momenti passati insieme, di come sembrava che nulla potesse separarci. Eppure eravamo lì, e io volevo solo che mi baciasse, che mi chiedesse di tornare. Avrei accettato senza esitazione, avrei perdonato tutto. Ma quel momento non arrivò mai. La canzone finì troppo presto, lasciandomi con la voglia di più.

Ci allontanammo dalla pista, fuori nel cortile, dove il vento fresco ci accoglieva. Sembrava di essere tornati indietro nel tempo, quando tutto era più semplice, quando nessuna delle nostre emozioni sembrava troppo complicata. Ma poi, come un fulmine a ciel sereno, lui disse quelle parole che mi trapassarono come una lama: "Piccola, dato che te ne intendi... vorrei uscire con una ragazza, ma non so come chiederle."

In un istante, il mio mondo si fermò. Mi aspettavo tante cose, ma non di certo quelle parole. Era davvero innamorato di un’altra? E io che mi ero illusa, che pensavo che forse qualcosa potesse tornare come prima… In quel momento, la gelosia mi divorò, ma cercai di mascherarla, di sembrare gentile. "Certo, descrivimi questa ragazza, così ti aiuto."

Sforzandomi di mantenere un sorriso, sentii le sue parole che mi facevano ancora più male. "Lei è stupenda, è dolce, premurosa, gentile... è fantastica, ma non sa di esserlo." Lo guardai negli occhi, cercando di trovare un senso, ma c’era solo il dolore che cresceva in me. Mi chiesi se quella ragazza sapesse di essere la causa del mio tormento, eppure non potevo fare nulla. Non volevo neppure farlo.

"Dimmi cosa le piace fare," risposi, cercando di mantenere un tono calmo.

"Le piace leggere, stare a casa a guardare la TV e le piace stare abbracciata, fare niente o parlare tra qualche bacio," continuò, con un sorriso che non faceva che aumentare il mio malessere.

Diedi qualche consiglio, cercando di sembrare il più amichevole possibile, ma dentro di me c’era solo caos. Poi, feci una domanda che dovevo fare, ma che mi angosciava: "Jacob, cosa ci fai qui?"

"Sono venuto a trovarti," rispose, guardandomi con uno sguardo che mi disorientò.
"Mi mancava avere qualcuno con cui parlare, e Kate mi ha detto che non stavi bene…"

Maledetta Kate, maledetta la sua bocca. Perché doveva dirglielo? Perché doveva fargli credere che avessi bisogno di lui? Mi sentii tradita da lei e dalle sue buone intenzioni.
"Ok," risposi, cercando di mantenere il controllo.

"Dove dormi adesso che sei qui?" chiesi, cercando di non far trasparire troppo la mia preoccupazione.

"In realtà, Kate mi ha detto che ci pensava lei, quindi non lo so," rispose con una risata che non fece altro che farmi sentire ancora più a disagio.

In quel momento, capii tutto. Ecco perché Kate e Taylor non sarebbero tornate in camera quella notte.
"Jacob, penso che Kate non abbia riservato niente, onestamente," dissi, il cuore che mi martellava nel petto.

The Storm In Her EyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora