segreto

10 2 0
                                    


Sei ciò che non merito di avere

Era una mattina come tante, il suono dei palloni da basket che rimbalzavano sulla pavimentazione del campo, il respiro affannato dei ragazzi che si allenavano. Ma qualcosa nell'aria stava cambiando, e io lo sentivo. Marcus si avvicinò a me durante una pausa, con la sua solita aria di sfida.

«Ehi, Jason, devi sistemare le cose con Amelie. Non voglio perdere questa scommessa, capisci?» La sua voce era carica di una fredda determinazione. «E se non ci riesci tu, tanto vale che ci provo io. Amelie è così fragile, basta poco per farla cadere.»

Le sue parole mi colpirono come un pugno nello stomaco. Mi guardò, sicuro di sé, come se avesse già vinto, come se fosse tutto un gioco. Ma non era solo un gioco. Non era qualcosa di cui ridere. «Non toccarla» ringhiai, cercando di mantenere il controllo, ma il fastidio cresceva dentro di me.

Marcus alzò le spalle, come se non gli importasse, ma io sentivo una rabbia crescente che mi saliva dentro. Era come un fuoco che bruciava, che non riuscivo a spegnere. Come un fiume in piena, la mia pazienza si frantumò in mille pezzi. «Non ti permettere di parlare di lei così,»dissi tra i denti, le mani strette a pugno, gli occhi fissi su di lui.

Lui non capì la gravità della situazione, continuò a sorridere e a provocarmi. «Dai, non fare il dramma. È solo una scommessa. Se non ti va, lascia che ci provi io, tanto so come prenderla.»

Era troppo. Non potevo più sopportarlo. In un attimo di pura rabbia, senza pensarci due volte, mi lanciai verso di lui. Il suono del mio pugno che colpiva il suo volto risuonò nell'aria come un colpo di tamburo. Marcus cadde indietro, colpito in pieno volto, incredulo. Il campo si fermò per un attimo, tutti gli occhi su di noi.

«Non pronunciare mai più quelle parole, »ringhiai, il respiro affannato. Il mio cuore batteva forte, ma non mi importava. «Amelie non è un gioco, e non la tocchi, capito?»

In quel momento, il campo sembrava essersi fermato, ma dentro di me, sentivo che avevo appena fatto qualcosa di giusto.

Il silenzio che seguì il mio colpo fu opprimente. Tutti si fermarono, gli occhi su di noi, ma non mi importava. Marcus, stordito, si rialzò lentamente, toccandosi la guancia con l'espressione furiosa di chi non si aspettava una reazione del genere. «Cosa diavolo ti prende, Jlenk?»urlò, la voce spezzata dal dolore.

Ma non mi fermavo. Ogni parola che aveva detto su Amelie mi bruciava dentro come un veleno, e non avrei lasciato che passasse impunita. «Non ti permettere mai più di parlare di lei come se fosse una pedina in un gioco,»dissi, con una calma glaciale che contrasta con il tremore che sentivo nelle mani.

Marcus mi fissò per un lungo istante, gli occhi pieni di rabbia, ma non reagì più. Realizzò che non ero disposto a lasciare che quella conversazione andasse avanti. Quando si scostò, il suo sguardo era un misto di odio e incredulità, come se stesse ancora cercando di capire cosa fosse appena successo.

Gli altri ragazzi si erano fatti da parte, ma l'atmosfera era carica, tesa, come se tutti stessero aspettando la prossima mossa. Io mi presi un momento per respirare, il battito del mio cuore che pian piano rallentava. Non avrei mai permesso che qualcuno trattasse Amelie come se fosse un gioco, non dopo tutto quello che era successo tra di noi.

«Non ti preoccupare, la scommessa salta,»dissi finalmente, fissando Marcus negli occhi, con una determinazione che non avevo mai avuto prima. Non sapevo cosa sarebbe successo dopo, ma sapevo che avrei fatto qualsiasi cosa pur di proteggerla.

Lui non disse più nulla, ma il suo sguardo mi prometteva che questa non sarebbe stata l'ultima volta che ci saremmo affrontati. E io ero pronto. Non avrei più dato nessuna chance a Marcus, né a chiunque altro che provasse a minacciare Amelie. Non avrei mai più permesso a nessuno di rovinarla, non dopo aver visto la sua fragilità, e non dopo aver visto la sua forza.

ευνοίαDove le storie prendono vita. Scoprilo ora