Capitolo 5.

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                       "Him".

Spostai appena lo sguardo dietro di me notando nell'ombra il volto di Mr.Grien, che a quanto pare di chiamava Nathan, che ora era illuminato da uno di quei pochi lampioni ancora accesi sulle strade, vista l'ora, abbandonate di Amsterdam. Se non per qualche rozzo individuo con qualche litro di alcool in più nel cervello.
"Dimmi, McLennon, cercavi forse di scappare?"
Serrai i pugni e chiusi gli occhi. Dovevo calmarmi sapevo come sarebbe andata a finire, e soprattutto sapevo che non dovevo restare lì. Alzai lo sguardo verso quella donna. Speravo con tutta me stessa che notasse in quello sguardo, quello che in quel momento avrei voluto usare per ammazzarla.
"Pollenman, perché dovrei scappare da qualcuno che non temo?"
Dissi io abbozzando ad un sorrisetto.
Probabilmente avevo paura, le mie mani tremavano sentivo le gambe deboli. Ma cosa mi stava succedendo? Tirai un lungo respiro. Sapevo che non era sola, sapevo che c'era anche lui.
Nidalee non si sarebbe mai azzardata a venire da sola per incontrarmi, mi temeva, per non so quale ragione, ma mi temeva.
Lei in risposta, semplicemente, rise. E fin troppo, per i miei gusti.
Buttai un occhiata al ragazzo accanto a me. Teneva le mani nelle tasche di quei pantaloni eleganti, gli occhi semi chiusi e un sorriso da deficiente, come al solito, stampato sul viso.
Probabilmente ero stata troppo occupata a pensare dove fosse lui per cominciare a chiedermi del come e del perché ,Nidalee e Mr.Grien si conoscevano.
Ritornai con lo sguardo su Nidalee. Dovevo andarmene o per lo meno scoprire dove si nascondesse l'accompagnatore di Nidalee.
Cominciai a guardarmi intorno in cerca di qualcosa che potesse farmi capire dove cazzo si era nascosto, ma attorno a me, tutto sembrava, vuoto e nullo.
"Lo stai per caso cercando? Non pensavo ti interessasse poi così tanto rincontrarlo."
Disse quella vipera di Pollenman sorridendo appena.
Rimaneva solo una cosa da fare, in fondo, non potevo permettere né che trovassero Skyline né che Mr.Grien scoprisse il mio passato.
Non dovevano sapere di Skyline.
Sentivo lo sguardo di Mr.Grien che mi bruciava la pelle. Come se fossi io a dover dare spiegazioni. Come faceva quella donna, danzatrice della notte, a conoscere il suo nome?
"Mh, quindi vorresti dirmi che non sai dove si trova?"
Dissi, e capii, era praticamente dietro di noi.
Pensa Veronica, pensa. Io credo in te, so che a differenza dell'individuo accanto a te, tu puoi. Nella mia testa mille idee si stavano elaborando in una sola.
Avete presente Goku e la sua onda energetica? Ecco, nel mio cervello Goku stava simulando un'onda energetica.
Sarei potuta scappare in molti altri modi, ma sorgeva un problema: Nathan.
Si, ora ci mancava solo che la mia mente si mettesse a chiamarlo per nome.
"Direi di no."
Disse lei credendo di essere stata furba.
Mi sarei sicuramente dovuta scontrare con lui, anche solo a parole, quindi tirai un respiro profondo preparandomi al peggio. "Ma andiamo" pensai. "E' successo anni fa!" Cercavo di autoconvincermi.
Ed eccole le immagini scorrermi davanti. Stop. Questo sarebbe stato il momento di ricominciare tutto. Era la mia nuova fottuta vita.
"Quindi sei io ora mi avvicinassi a te e provocassi in te lo stesso dolore che lui inflisse a Skyline, non succederebbe nulla?"
Il momento della mia vendetta.
Quello che lui aveva fatto a Skyline e a...
"Smettila Ronnie" continuavo a ripetermi. Mi bruciavano gli occhi.
Sorrisi, doveva capire che non scherzavo.
Lentamente feci il primo passo verso lei portandomi le mani nelle tasche dei pantaloncini.
Poi un altro ed ancora un altro.
Ed eccolo, farsi strada nel buio di quella sera. Lanciai un occhiata a Nathan per fargli capire di andarsene.
Non volevo assolutamente scoprisse i cazzi miei e porca vacchettina, dovevo smettere di chiamarlo con quel nome da rincoglionito, stupendo, ma da rincoglionito.
"Ci rivediamo, padre."
Dissi sentendo i suoi passi avanzare verso me.
Sorrisi.
Lui non era venuto. Non sapevo il suo nome, né il suo viso, ma potevo essere certa che non fosse mio padre. In fondo, non avrebbe mai mostrato il suo vero volto.
"Sei cresciuta Veronica."
Disse lui.
"Già. Non trovi?"
Dissi io fermando i miei passi e mi voltai verso mio "padre".
Perché ,porco divisione, Nathan era ancora lì? E stava anche venendo verso me.
Mi prese la mano, sotto il mio sguardo tra il sorpreso ed il "Dopo ti cavo gli occhi e te li metto al posto delle palle.. o viceversa".
Cominciò a correre.
Lo stava davvero facendo? Si, lo stava facendo.
Ormai le offese e le bestemmie che gli stavo lanciando facevano invidia al rotolone di carta igienica "Regina", o come cazzo se chiama.
Non ero molto sicura, di quello che stava facendo.
La sua mano si incastrava perfettamente con la mia, quasi a volerla completare e trasmetteva.. sicurezza.
Ma cosa mi metto a dire improvvisamente?
Lui, ormai, mi aveva privato di uno dei sentimenti più belli, che gli esseri umani potessero mai provare: L'amore.
Ma forse, ero stata semplicemente io a scartare un sentimento che ai miei occhi ora sembra così banale e stupido.
Ma davvero, dove cazzo stavamo andando? Io tutte quelle strade non le conoscevo!
Pian piano che continuavamo a correre, però, cominciavo a riconoscere vagamente qualche negozio chiuso o stradine strane. Ed era proprio in quel momento che mi resi conto di aver camminato davvero a lungo e di essermi dispersa in luoghi che, secondo il mio parere, neppure Nathan riusciva a ricordare.
Ma soprattutto, i miei leggiadri piedini, che la mattina non riescono nemmeno ad atterrare sul pavimento per andare al cesso, erano davvero arrivati fin lì?
Probabilmente ero troppo presa al pensare ai 100 modi in cui sarebbe potuto morire Mr. Maniaco per non avermi nemmeno dato una  stupida cartina.
Ormai mi ero davvero rassegnata a cercare di riconoscere qualcosa o qualche futile essere vivente, quando mi accorsi che ci eravamo appena fermati davanti ad un'auto. Pensavo fosse l'ultimo modello della 500, ma era buio e ,figuriamoci, io non so distinguere le auto di giorno, di certo la sera non migliorerei.
"Salta su!"
Disse lui aprendomi la portiera.
Entrai, allacciai la cintura e richiusi lo sportello aspettando che lui facesse il giro per salire dal lato del guidatore.
"Non tentare di stuprarmi o giuro che ti marchio a fuoco il culo con le mie iniziali."
Dissi guardandolo in cagnesco. Infondo, non lo conoscevo da nemmeno tre giorni e già salivo in macchina con lui per farmi riportare, spero, a casa.
Stai scendendo in basso Veronica, molto in basso.
Si, forse era così, ma sentivo qualcosa, come una vocina, che mi diceva che io di lui potevo fidarmi, come se già lo conoscessi da anni.
Ad interrompere i miei pensieri fu la sua risata per la mia affermazione accompagnata dall'improvvisa partenza dell'auto.

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Ormai eravamo in auto da almeno una decina di minuti e c'era uno strano silenzio che cominciava a diventare quasi... imbarazzante.
"Come vi conoscete tu e Pollenman?"
Chiesi io andando dritto al punto. In fondo, non mi piaceva fare mille giri di parole per dire una cazzata.
"Cosa ci guadagneresti sapendolo?"
"Semplicissima curiosità."
Risposi semplicemente.
Silenzio, ancora silenzio.
"E tu invece? E poi chi sarebbe 'lui'"?
Chiese lui interrompendo quegli attimi di silenzio.
"Cosa ci guadagneresti sapendolo?"
Dissi io tentando di imitare la sua stessa espressione nel fare quella domanda.
Lui semplicemente rise scuotendo la testa, e mi ritrovai, inconsciamente, a sorridere.
Spostai lo sguardo verso l'esterno del finestrino perdendomi nei miei  più profondi pensieri.
Mi ricordavo quel suo sorriso meschino dinanzi alle mie rare lacrime, di quel giorno lontano.
Notai che eravamo arrivati dopo tipo tre minuti e decisi così di affrettarmi a scendere.
"Ronnie"
Mi chiamò lui "costringendo" il mio subconscio a farmi girare. 
Non ebbi nemmeno il tempo di cominciare una frase sensata che le sue labbra erano pigiate sulle mie.
Non doveva andare così! Dovevo essere io a rubargli un bacio, ma beh, a quanto pareva la mia tecnica stava funzionando.
Ricambiai.
Era diventato uno di quei baci che non ti togli più di dosso, uno di quelli che ti lasciano il segno.Certo, nel sentire le sue mani scendere di qualche centimetro ad ogni boccata d'aria, mi affrettai a staccarmi da lui, sorrisi con quel sorrisetto di chi ha la situazione in pugno e poi, semplicemente, senza dire una parola, chiusi lo sportello.
"A domani, capo!"
Urlai marcando l'ultima parola.
E mi allontanai lungo il vialetto notando uno strano sorriso farsi strada sul suo volto che, come un effetto a catena, fece sorridere anche me senza che nemmeno me ne rendessi conto.

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