Ero svenuta per il forte dolore...
Non riuscivo a tenermi in piedi.
Era terribile...
Non volevo più alzarmi...
Non volevo più vedere nessuno...
Non volevo più vivere.
Era il 1945 e la guerra ormai stava per finire.
Gli alleati arrivarono nel paese dell'orrore e finalmente aprirono i cancelli di Auschwitz.
Tutto il mondo scoprì la verità, scoprì la terribile sorte non solo degli ebrei.
Vedere una società intera distrutta non era una bella scena.
Soprattutto quando nessuno sapeva la terribile situazione, la terribile verità.
Io ritornai.
Si...tornai nel mio incubo.
Tornai per incontare mia madre, Andrea...
Ritornai con mio padre...
Era ancora vivo...e finita la guerra ritornò nel nostro paese.
Non voleva portarmi con lui ad Auschwitz....
"Papà ormai ho capito cosa significa soffrire davvero.
Ormai sono cresciuta, sono cresciuta in quel campo, sono cresciuta con la solitudine, la tristezza, la paura, la sofferenza.
Voglio tornare per incontrare la mamma".
Mio padre capì e decise di portarmi con lui ad Auschwitz.
Quando arivammo c'era un tappeto di cadaveri che ricopriva il terreno.
Non fece alcun effetto su di me...
Ormai non avevo più paura, non provavo più emozioni.
Mentre camminavo nel mezzo di quel " tappeto" isolata da tutti, vidi dall'altra parte del campo dei cadaveri con delle divise.
Erano i soldati tedeschi morti.
C'erano migliaia di soldati tedeschi senza vita.
Girai lo sguardo e vidi per terra il corpo del mio angelo custode.
Il soldato Schindler.
Era morto anche lui.
Allora delle lacrime ricoprirono il mio viso.
Guardai il cielo sopra di me e non dissi niente perché a parlare era il mio cuore.
Chiusi gli occhi mentre le lacrime bagnavano la mia pelle, le mie guance e la mia bocca.
Mio padre le asciugò.
"Papà il soldato Schindler mi ha chiesto di salutarti."
Dissi questo mentre indicavo il suo corpo senza vita.
Mio padre mi rispose.
"Come dimenticarlo...
Sai prima della guerra eravamo amici.
Era un amico molto protettivo...
Ricordo che mi salvò la vita due volte...
Quando sei nata venne a farci visita e non voleva più staccarsi da te. Si era molto affezionato alla nostra famiglia.
Si era innamorato dei tuoi occhi che non ha mai dimenticato".
" É il mio angelo custode.
Forse é per questo che mi ha salvata nel campo.
Forse é grazie a lui che sono ancora viva".
Girai la testa e continuai a camminare.
C'erano tante persone ancora vive in quel campo.
Ma non vidi né la mamma né Andrea.
Ero distrutta.
I miei occhi non reggevano più dalle troppe lacrime versate.
Abbandonai il mio corpo nelle braccia di mio padre e chiusi gli occhi.
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Una vita senza memoria é un filo spezzato
General FictionHo deciso di scrivere questa storia per non dimenticare l'orrore della seconda guerra mondiale e i campi di concentramento perché solo ricordando possiamo essere in grado di non commettere gli stessi errori e soprattutto perché "Una vita senza memor...