Un amico

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Mentre ero nel treno sentivo il ronzio della gente che dormiva.

Io non riuscivo a chiudere occhio perché avevo un pensiero vivo nella mia mente e non facevo altro che pensare a mio fratello.

Era rimasto solo e la cosa peggiore era che non poteva uscire da quella gabbia.

Ma come ho fatto a non pensarci prima di chiuderlo!

Perché avevo fatto quello?

Forse per la fretta e per la paura...

"Come ti chiami?"

Mentre pensavo a tutto questo, una voce dolce mi fece tornare alla realta...

Era la voce di un ragazzino.

"Hanna...e tu chi sei?"

Risposi con voce fredda.

"Mi chiamo Andrea".

Andrea...che bel nome...

Mi voltai e vidi per la prima volta quel visino dolce come la sua voce e quegli occhi di un azzurro candido che si sposavano perfettamente con i suoi capelli biondi...come il grano maturo.

Come era bello con quelle guance rosee che sorridevano insieme alla sua bocca di un rosa pallido.

"Quanti anni hai?" mi chiese dolcemente.

"Quattordici, tu?"

"Sedici. Sai, sei molto bella"

In quel momento rimasi sorpresa ed incantata dalle sue parole, quando mi confessò di essere bella...

"Grazie".

Diventati rossa per la vergogna...

In effetti anche lui lo era, molto, ma non avevo il coraggio di dirlo, come aveva fatto lui.

Tra tanti ragazzini che c'erano in quel vagone, avevo fatto amicizia solo con Andrea.

Gli altri bambini non si muovevano dal fianco della loro mamma, e li capivo.

Ma lui...lui era venuto da me...e io ero felice di parlargli e ascoltarlo...

"Sai perché siamo qui?"

Mi domandò in seguito.

"No" risposi con tono triste.

"Stiamo andando in un campo di lavoro. Mia madre mi ha informato su tutto. Ci porteranno a lavorare e se faremo il nostro compito per bene...ci lasceranno andare".

"Io devo tornare a casa. Ho lasciato solo mio fratello e sono preoccupata per lui."

"Di chi é quella chiave che porti al collo?" mi domandò sorpreso.

"Ho chiuso mio fratello in un armadio per salvarlo, ma devo liberarlo".

"Ma come farai? Siamo in viaggio e ormai siamo lontani da casa nostra. Non torneremo per ora, almeno credo".

Quelle parole non furono per niente rassicuranti.

Avevo ancora più timore.

Quando saremo tornati a casa? Ormai erano passati tre giorni da quando eravamo partiti e non si vedeva ancora nulla.

La fame e la sete aumentavano, ma resistevo ancora...

Una vita senza memoria é un filo spezzatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora