"Hanna! Dai...basta!"
"Voglio solo giocare Michael!"
"Mi fai solletico! Non resisto dai!"
Era mattina e con mio fratello stavo giocando sotto le lenzuola e con le mani gli solleticavo la pancia. Eravamo caldi sotto la coperta che aveva ricamato mia madre. Sembrava di essere in un mondo colorato.
Ad un tratto la nostra felicità si spense.
"Mamma! Hanno bussato forte alla porta"
Lo ricordo perfettamente, come se fosse ieri.
Bussarono talmente forte che il letto tremò, come il cuore nel mio petto.
Scendemmo velocemente dalla camera e vedemmo mia madre immobile davanti alla porta.
Sapeva già che cosa sarebbe successo, sapeva chi erano quelle persone che attendevano impazienti una risposta.
Prima di accogliere in casa gli sconosciuti, mamma ci raccomandò di tornare in camera.
Impaurita, presi mio fratello per mano e ritornammo nella stanza, quella stanza che non avrei mai più rivisto con quei colori, quella stanza che sarebbe stata per sempre nei miei ricordi, quella stanza che sarebbe diventata un'assassina per colpa mia.
Da sopra sentivamo le urla di mia madre che cercava in tutti i modi di mandar via quegli uomini ma senza risultato; entrarono in casa dando un calcio alla porta che non resistette e si ruppe lasciando entrare quegli uomini.
Avevano una divisa blu e dei strani simboli gialli che ricoprivano il cappello che portavano in testa.
In quel momento ricordai le parole di mio padre, quando parlava alla mamma degli uomini cattivi che entravano nelle case e portavano via gli ebrei, e non solo.
Si, erano loro, erano i soldati tedeschi gli uomini cattivi di cui parlava mio padre ed ora erano entrati in casa per portarci via.
Senza esitare ordinai a mio fratello di entrare nell' armadio segreto, un armadio che si nascondeva nel muro e che non poteva essere aperto senza la sua chiave.
"Rimani qui, ora io e la mamma dobbiamo andare, ma non so quando torneremo. Tu resta qui nascosto. Prendi questa torcia e un pezzo di pane e non fare rumore cosí non portano via anche te".
"No, per favore! Non lasciarmi qui da solo! Voglio venire con voi! Ho paura Hanna! Non voglio stare qui al buio!".
"Non preoccuparti...torneremo presto, te lo prometto".
Fu quella l'ultima volta che vidi mio fratello, l'ultima volta che vidi i suoi occhi pieni di vita, i suoi occhi azzurri, il suo viso innocente che implorava aiuto, le sue labbra che parlavano e che io non ascoltavo per paura...
Chiusi lentamente la porta dell'armadio e girai la chiave.
Lui era lì e io ero scesa giù da mia madre, mentre stava preparando una valigia con tutto il necessario.
"Dove andremo mamma?"
"Non lo so amore...non lo so".
Mi disse questo mentre i soldati ci guardavano mettendoci fretta. Mi avvicinai al suo orecchio e con un filo di voce le confessai che Michael era nascosto nell'armadio.
"Và a prendere tuo fratello, subito, prima che sia troppo tardi!"
Improvvisamente gli uomini ci presero da sotto le braccia e ci portarono fuori di casa dopo aver controllato ogni angolo dell'abitazione. Ci gettarono in un treno scuro, sporco dove c'erano altre persone malridotte.
Forse era davvero troppo tardi, come disse la mamma...
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Una vita senza memoria é un filo spezzato
Genel KurguHo deciso di scrivere questa storia per non dimenticare l'orrore della seconda guerra mondiale e i campi di concentramento perché solo ricordando possiamo essere in grado di non commettere gli stessi errori e soprattutto perché "Una vita senza memor...