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Non avevano mai dato troppa fiducia a Melanie. Forse per il suo esile corpo, la sua minutezza, la voce da bambina. Sua madre credeva che sarebbe per sempre rimasta così: fragile, indifesa. Ma, mentre gli occhi velati della gente la giudicavano, lei, in sé, continuava a crescere. Scoprì come fosse bella la vita, piena di sofferenze e d'affetto; capì che bisognava lottare per i propri sogni, aprire la propria mente a nuove esperienze.

Harry fu uno dei tanti, ma forse, per il suo giovane cuore, il più importante.

Era il primo giorno di primavera, quando Melanie prese la sua trousse con i trucchi e cercò di rendersi più bella possibile. Voleva rinascere, come lo faceva il ciliegio fuori casa sua, come gli animali uscivano dalle loro tane.
Ma niente in lei sembrava andare come lui si sarebbe aspettato.
Era brutta.
Glielo dicevano.
E lei lo sapeva già prima che glielo dicessero.
Lei non era bella, ma era come l'arte. E l'arte non dev'esser bella, deve essere in grado di trasmetterti qualcosa.
Cacciò uno sbuffo, si lavò il viso con un latte profumato e si ripeté che non poteva sembrare qualcun'altra. Che Harry non l'avrebbe mai notata come lei guardava lui.

Andò in cucina, mise della pancetta a friggere e preparò delle fette di pane con la marmellata. Sua madre scese le scale dopo di lei, mezza addormentata, e non riuscì nemmeno a baciare la guancia di sua figlia da quanto era stanca.

"Buongiorno, mamma" disse Melanie, mentre faceva saltare un tegamino con un uovo strapazzato.

"Siamo di buonumore oggi, amore" annunciò, stropicciandosi gli occhi.

"Mai stata meglio."

Alzò gli occhi al cielo, non capendo che volesse dire la figlia. "Come mai?"

"Così" rispose semplicemente, mentre il suo cervello svolazzava tra occhi verdi e dolci fossette.

E non ne era certa che quel giorno fosse perfetto, ma per lei, solo coltivare quell'ambiguo sentimento, era la cosa più importante.

// Credo che il prossimo vi piacerà eheh

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