Capitolo 17

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Il falco che spesso appariva nelle visioni di Emma e che era apparso alla festa della piccola Tonks pochi mesi prima, raggiunse Vivyan e si mise a volare gracchiando. Vivyan avanzò verso i ragazzi e si scoprì il capo, lasciando ricadere i suoi lunghi capelli neri sulle sue spalle. Le labbra rosse e la pelle cadaverica come sempre riflettevano cattiveria, ma i suoi occhi dorati sembravano essere piatti, privi di emozioni. La calda e strana professoressa Bell di una volta era scomparsa per lasciare spazio ad un mostro egoista. Dal suo collo pendeva la lunga collana con il ciondolo nel quale era incastonato lo zircone che, a quanto avevano potuto capire i ragazzi fino ad allora, la aiutava a controllare il suo nutrimento.
-Al, lascia tuo fratello alla sua sorte, proprio come gli altri. Lascia provare anche a lui cosa significa morire dissanguati.- disse la sua voce soave, guardando un punto fisso con occhi ed espressione vuota.
-Vivyan, tesoro, stai...-
-Taci, Al. Sto bene. Prima ci sbarazzeremo di loro e prima potrò rivedere...prima il nostro padrone manterrà la sua promessa.- tagliò corto squadrando i Jess uno ad uno.
-Lei è un mostro! Ci sta consegnando a Titanus per i suoi interessi!- esclamò Scorpius indignato.
-Se solo pensasse alle conseguenze di...- iniziò Emma con cautela.
-Cosa pretendi da un vampiro, Emma? Non ha un cuore.- disse Selene con tono duro e fermo.
-Non sa amare, ma sa far credere benissimo di saperlo fare.- sibilò James guardando prima Vivyan e poi Albus, che si mise subito a difenderla.
-Io e Vivyan ci amiamo! Se non siamo ancora morti è per l'amore che ci lega!- urlò il ragazzo dagli occhi verdi.
Era un piccolo Harry diabolico.
-Non potete pensare che il vostro amore basti a proteggervi da Titanus, perchè se lui deve finirvi, lo farà senza esitare.- disse Scorpius.
-E poi che c'entra il vostro amore con la vostra sopravvivenza?- chiese Emma titubante.
-Già.- fece Selene.
-Non sono affari vostri.- sbottò Albus, ma Vivyan lo bloccò con un braccio non appena vide la sua bacchetta scattare contro Selene. James si parò prontamente davanti a lei.
-Morirete presto, quindi mi sembra crudele non spiegarvi il perchè del tradimento di Albus e il perchè del mio lato oscuro.- disse con la solita voce e con gli occhi ancora dorati, ancora umani.
-Perchè, ovviamente, ucciderci non rientra nella categoria delle "azioni crudeli", giusto?- chiese ironico James, senza ricevere risposta.
-Ci dica cosa è accaduto. Intendo dire fin da quando è arrivata ad Hogwarts. Era una Titana già da allora, vero?- fece Selene curiosa di scavare in fondo, per trovare la radice di tutto ciò che a loro non era mai stato chiaro.
-Mia cara, ricordo che eri la prima della classe...anzi, la seconda, perchè Albus era più bravo di te in Erbologia.- iniziò guardandola per poi distogliere lo sguardo e guardare nel vuoto, come se potesse vedere la sua vita passarle davanti agli occhi come le scene di un film. -Comunque no, non vi racconterò la mia venuta ad Hogwarts, non solo. Comincerò a raccontarvi tutto a partire da molto prima di un anno fa, proprio dalla festa dei miei sedici anni.-

*flashback di Vivyan*

-Prego, signorina.- mi disse con cortesia il lacchè porgendomi una mano e chinando il capo calvo verso di me.
Sorrisi immensamente e lo ringraziai con gli occhi dorati che brillavano.
Scesi dalla carrozza porgendogli una mano coperta da un guanto di pizzo.
Indossavo un abito ampio e argenteo che alla luce delle stelle rifletteva la sua bellezza insiema a quella del mio giovane e solare volto.
I capelli neri raccolti mi ricadevano da un lato e qualsiasi invitato si voltava ad ammirarmi in tutto il mio splendore.
Ero una ragazza solare e gentile, ricca di aspettative per il futuro, di sogni, di pretendenti, ma soprattutto ero piena di affetto. I miei genitori mi amavano più di qualunque altra cosa al mondo. Ero la loro unica figlia.
Il mio padre era un conte ricco e stimato dall'intera Nothing Place, antichissima città Scozzese dell'ottocento, e io ero una delle fanciulle più ambite dai giovani aristocratici.
-Figliuola, sei stupenda, tutti i ragazzi presenti ti stanno mangiando con gli occhi e le ragazze ti stanno invidiano sfacciatamente!- esclamò mia madre al mio orecchio, dopo essersi avvicinata goffamente e velocemente per prendermi sottobraccio e portarmi dentro il palazzo, dove ci attendevano tutti gli invitati.
-Oh, ma io non voglio essere invidiata.- dissi arrossendo alla vista di un giovane che si distingueva dal resto della gente per i suoi occhi verdi come smeraldi.
Mia madre sorrise e continuammo a camminare fino ad entrare nel castello, dove lei mi lasciò camminare sul tappeto rosso centrale che attraversava tutta la grande sala fino ad arrivare alla poltrona simile ad un trono, dove mi sarei dovuta sedere.
Mentre camminavo mi sentivo a mio agio nonostante fossi l'oggetto del desiderio e dell'attenzione di chiunque, e quando esposi il discorso che mi era stato dato da imparare a memoria, gli occhi di tutti gli invitati erano puntati sui miei, ma io guardavo solo quel paio di smeraldi di prima.
Dopo il discorso, ricevetti degli applausi, che si ripeterono anche dopo il brindisi che si tenne all'aperto per augurarmi un buon compleanno e un felice ingresso in società.
-Tesoro, auguri.- mi disse mio padre non appena la folla di invitati si distrasse per bere gli aperitivi.
-Grazie, padre. Questo è tutto ciò che ho sempre voluto per i miei sedici anni!- mentii gettando le braccia esili al suo collo, senza dare peso al fatto che fosse poco conveniente ad un ricevimento di quel calibro.
Lui rise e poi mi guardò negli occhi dicendomi: -Lo so che non hai sempre desiderato questo, bensì un cimelio di famiglia.-
Arrossii e sorrisi.
-Ecco il mio regalo per te.- disse facendomi voltare e facendomi scorrere sul collo una collana gelida d'oro bianco, con un ciondolo circolare schiacchiato e con un grande zircone al suo centro. Quella che porto tutt'ora.
-È stupendo!- esclamai allargando nuovamente le braccia per abbracciarlo di nuovo, ma lui mi fermò con un gesto della mano e con un sorriso.
-Tesoro, non dobbiamo sottovalutare gli occhi indiscreti di alcuni invitati.- disse ridacchiando.
-Hai ragione, io-
Venni interrotta dalla musica che proveniva dalla piccola orchestra alle mie spalle. Essa era composta da strumenti musicali che si suonavano da soli grazie ad un incantesimo di mia madre.
-Apriamo le danze?- mi chiese mio padre, ricevendo il mio consenso.
Ci incamminammo verso il centro del grande "giardino" e cominciammo a danzare, seguiti da altre coppie che man mano si univano alle danze.
-Permette?-
Smisi di danzare e mi voltai di scatto non appena udii quella voce roca provenire dalle mie spalle.
Il giovane dagli occhi verdi era davanti a me.
Guardai mio padre come per chiedergli il permesso e lui acconsentì felicemente.
Io e il ragazzo danzammo per un tempo che sembrò durare secoli, e forse fu davvero così.
Lui era tremendamente bello ed io così giovane ed ingenua, quindi quando mi chiese di seguirlo lontano dal resto degli inviati, io accettai volentieri.
Pensai che fosse un pretendente che mio padre aveva già "esamminato", così mi comportai con naturalezza come al mio solito.
-Io mi chiamo Edmund, giovane Bell.- si presentò.
Avevano un non so che di misterioso la sua voce roca e i suoi occhi verdi.
-Chiamami Vivyan.-
Parlammo a lungo dei nostri interessi per poi sederci in una panchina che, se dovessi rivederla oggi, riconoscerei immediatamente.
-Dolce Vivyan, siete così bella...- disse ad un tratto con la sua voce roca, mentre avvicinava una mano sul mio volto per accarezzarlo.
Al suo tocco non m'irrigidii, ma mi mostrai consensiente. Quel ragazzo mi attraeva troppo, tanto da non badare alle severe proibizioni di mio padre sull'argomento "matrimonio".
Ad un tratto mi allontanai da lui, che aveva ormai avvicinato il suo volto al mio, feci un sorrisetto accattivante e dissi: -Vuole baciarmi, Edmund?-
Lui sorrise maliziosamente cominciando a passarmi l'indice attorno al viso per poi scendere lungo il collo e le spalle, abbassandomi leggermente la spallina dell'abito.
-Oh, no, io voglio molto di più.- sussurrò talmente vicino al mio orecchio che riuscii a malapena a vedere la sua trasformazione.
I suoi occhi divennero scuri, neri come la pece, la sua pelle pallida completamente cadaverica e i suoi canini più affilati.
Non feci in tempo a sfilare la bacchetta nascosta tra le pieghe del vestito, che lanciai un urlo, ma esso mi si soffocò in gola, quella stessa gola che venne addentata con tenacia pochi istanti dopo.
Il dolore era talmente forte da non riuscire nemmeno più a sentirlo. Quando mi risvegliai era notte fonda ed ero ancora su quella panchina, solo che Edmund non c'era più. Scossi la testa come pensando che fosse stato tutto un incubo, ma il dolore al collo ancora grondante di sangue si fece sentire. Il vento sussurrava tra le foglie e in lontananza potevo vedere le squadre di pattuglia di mio padre che perlustravano la zona, probabilmente alla mia ricerca. Mi alzai per correre verso di loro, ma mi bloccai alla vista di una lepre nei paraggi.
Sentii i miei denti affilarsi e gli occhi probabilmente erano diventati scuri come era accaduto a quelli di Edmund. Avevo fame, fame di sangue. Ma mi trattenni e lasciai sgattaiolare via la creatura. Sentivo che quei sedici anni da allora in poi sarebbero stati eterni, almeno esteriormente.
Non potevo essere un vampiro, non dovevo. Cosa avrei detto ai miei genitori? Come avrei vissuto? L'eternità...solo il pensiero mi spaventava. Stavo girando in tondo senza una meta e sentivo il mio stesso respiro affannoso e la mia paura battere al ritmo del mio cuore. Ma lo avevo ancora un cuore?
Arrivai al castello senza incrociare le pattuglie o le guardie, perchè vidi direttamente mio padre consolare mia madre che piangeva.
Erano ancora nel giardino con il buffet immacolato alle loro spalle.
-Madre, padre!- li chiamai da lontano e con un sorriso disperato. Scoppiai in lacrime e gli corsi incontro.
-Tesoro, stai bene?!- urlò mia madre correndo verso di me a braccia aperte.
Mio padre sospirò sollevato, ma rimase immobile, lasciando mia madre libera di abbracciarmi per prima.
-Io...quell'Edmund, sangue e...sangue...-
Le parole mi uscivano di bocca sempre più lentamente mentre mia madre mi stringeva a sé.
Il suo collo emanava vita. Nel suo collo, nelle sue vene, scorreva sangue.
I miei occhi si mutarono da dorati a neri e i denti malefici affondarono nel collo di mia madre. Sentivo il sapore del suo sangue, non avevo il controllo di me stessa e delle mie azioni. Non sentivo emozioni, non sentivo le sue urla, ero diventata un vampiro.
Non appena mi soddisfai, vidi gli occhi di mia madre spalancati e il terrore dipintosul suo volto. Un terrore che l'avrebbe accompagnata anche dopo che si accasciò ai miei piedi, morta. Mio padre corse in suoi aiuto urlando e guardandomi con lo stesso terrore. Chiamò le guardie. Io vedevo tutto al rallentatore, ancora insonsapevole di ciò che avevo commesso e che stavo per commettere nuovamente su mio padre. Senza pietà e insoddisfatta del primo pasto, morsi anche lui e uccisi le guardie vicine sfoderando la bacchetta e lanciando loro contro l'Anatema che Uccide.
Mi smaterializzai di lì non appena vidi le pattuglie tornare al castello allarmate e lanciandomi contro maledizioni di ogni tipo.
Mi ritrovai in un luogo sconosciuto dell'India, tra i boschi oscuri, e lì mi addormentai per passare la prima notte da vampiro sotto un grande salice.
Mi risvegliai in lacrime. Avevo avuto degli incubi. Avevo sognato la morte dei miei per mano mia, la loro figlia adorata. Ero un mostro da uccidere. Volevo morire.

JESS E IL POTERE DEL DIAMANTE 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora