Capitolo 3 - Stregato dalle... fiamme

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Nell'attesa del ritorno della beneamata zia, non sapendo cosa fare, Sheila saettava libera e allegra nel bosco fino a raggiungere il loro orto privato, un bellissimo terrazzo al sole con il minimo indispensabile per mantenerle in vita senza patire la fame, con uno spazio dedito alle erbe officinali di cui ancora Sheila non conosceva appieno le molteplici proprietà. Non si era accorta di un buffo ragazzetto di circa quindici anni, dagli occhi azzurri che la fissava assorto seduto nell'incavo di un bellissimo castagno. Si era allontanato da casa, stufo dei vincoli che lo costringevano, si era messo gli abiti del suo amico staffiere e stava gironzolando dalle parti del bosco quando si decise di riposarsi tra le fronde degli alberi, all'ombra.

Rimase come stregato.

Quella ragazzina rossa, sembrava avesse in testa le fiamme! Era snella e dinoccolata saltellava tra una pianta e l'altra canticchiando, a volte parlando alle piante, sgridando leggermente le fragoline che non ne volevano sapere di fare capolino, sfiorando con leggerezza le cime fresche delle pianticelle che stavano nascendo, i boccioli dei fiori di zucca, le piante di pomodoro, il profumo della menta che si spargeva ad ogni suo movimento della mano. Albert aveva visto abbastanza e voleva diventare amico di quella rossa ragazzina che pareva oltremodo allegra e forse pure simpatica. Il ragazzo si appese al ramo e con una spinta atterrò sulle foglie secche sotto al castagno. Accompagnò la caduta con un saluto forte e chiaro: "Ehm, ciao!". La ragazza, presa alla sprovvista urlò e balzò di lato, si frugò nel grembiule da lavoro, tirò fuori un paio di forbici e le puntò verso il richiamo dello sconosciuto. Il suo viso era allarmato, non più gioviale come con le piante, gli occhi stretti a fessura e due lampi verdi saettarono verso il ragazzetto buffo con i pantaloni troppo grandi per lui. "Chi sei, che ci fai qui?" disse terrorizzata di essere stata scoperta nel suo orto privato. Aveva sentito parlare da sua zia Amber del divieto di farsi orti privati e si dolse di essere stata scoperta.

"Ciao, come ti chiami? Che bel giardino che hai!" Le parole del ragazzo sembravano sincere, il suo sguardo era dolce e gentile. Non aveva armi con sé e avanzava baldanzoso in quelle brache ridicole ed informi. "Mi chiamo Sheila e... grazie... Tu chi sei?" io sono Alb..." si fermò riflettendo ed aggiunse:"Solo Alb..." "Ah bene Soloalb!" Il ragazzetto fece una smorfia di scherno a sentirsi chiamare così e stava per aggiungere che bel nome fosse Sheila ma si trattenne anche se non sapeva perché, invece aggiunse "Puoi smettere di puntarmi addosso le parti tonde delle forbici? Così non faresti del male a nessuno" "Ah eh..ops.. già!..."

Insieme, all'unisono dissero "Che ci fai da queste parti?" e scoppiarono a ridere dalla comicità della situazione. Avevano detto le stesse cose insieme... e lui fece galantemente un gesto a lei per iniziare a parlare. Sheila, un po' titubante, disse "Beh.. io vivo poco distante da qui con mia zia e... come vedi... se sai come mantenere un segreto, coltiviamo quello che ci serve per sopravvivere e delle erbe medicinali." Poi si rivolse verso di lui e disse ferma e determinata, stringendo gli occhi e mandando lampi come prima, con i pugni chiusi come un pugile "altrimenti ti dovrò uccidere!" Di colpo abbassò le braccia e le spalle e rimase sbigottita dalla reazione di lui. Albert si stava tenendo la pancia e si stava scompisciando dalle risate. Mai aveva riso così tanto al cospetto di una ragazzetta. Si accorse della delusione nei suoi occhi e subito si riprese tossicchiando. "Scusa è che non ti ci vedo aggressiva, insomma, sei pur sempre una femmina!" e così dicendo fece una leggera smorfia. "Sono gli uomini che si battono e vincono le battaglie o le giostre in onore delle damigelle come te!" Ma quanto era sdolcinato questo ragazzo? Ma da dove veniva fuori? Dall'uovo di Pasqua? "Gne gne gne!" Gli fece il verso Sheila. 

Prese il suo coltellino e senza più di tanto prendere la mira lo lanciò nel centro perfetto di un tronco d'albero dove mancava un ramo e la rotondità permetteva proprio una sorta di lancio dei coltelli. Un fischio acuto di ammirazione partì dalle labbra di Albert, ancora impietrito a fissare ancora il centro perfetto, restando immobile sui suoi piedi. C'era poco da scherzare con quella ragazza se non voleva venire infilzato da quei suoi gingilli nascosti nelle tasche del grembiule. La ragazzetta, con i soliti occhi ora stretti a fessura lo guardava a braccia conserte, come se stesse per dire: "Sfidami ora!". A quella domanda implicita, fatta solo di sguardi, Albert stirò le labbra in un sorriso sornione e sempre guardandola, mise le mani dietro la schiena, imbracciò fulmineo l'arco che Sheila non aveva notato prima, incoccò la freccia sempre sorridendole e questa volò piantandosi giusto sopra il coltello appena lanciato da lei. A Sheila cadde la mascella. Il ragazzo non aveva nemmeno preso la mira, non si era dimostrato timoroso, non aveva fatto nessuno sforzo ed aveva uguagliato la sua bravura? Ma chi era costui? Quasi sghignazzando Albert si sistemò la faretra e l'arco sulle spalle e le porse la mano. "Che ne dici se diventassimo amici?" "Beh, piuttosto di un nemico è meglio averti come amico!" "Anche io l'ho pensata subito allo stesso modo Sheila!" "Va bene Solly" Lui la guardò disgustato per il nomignolo che gli aveva appena appioppato già il primo non gli piaceva, figurarsi il secondo. Quando mai si era presentato come Solo Alb. Forse invece aveva fatto bene. Meglio non spargere in giro la voce che il figlio del conte se n'era andato a zonzo per la campagna a fare strane amicizie. Ed era pure riuscito ad eludere la domanda che si erano rivolti prima insieme. Cosa avrebbe risposto? Si diedero appuntamento il giorno dopo alla stessa ora e Sheila correva felice verso casa, non credendo fosse vero di aver incontrato quel folletto dagli intensi occhi azzurri nel bosco.

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