Capitolo 13 - Il ritorno di fiamma

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Passarono i giorni e di Albert non c'era traccia. Un tardo pomeriggio nella casupola, Sheila rimuginava sugli eventi che le erano accaduti. "Non so se ho capito bene ma il giorno che mi regalò la sedia speciale mi ha pure chiamato tesoro!" "Mh.. Mh..." rispose pensosa una concentrata Amber. "Senti Sheila, mi aiuti a piegare questi asciugamani?" "Certo zia.. faccio quello che posso con un braccio solo. Ma... hai qualcosa da dirmi? Ti vedo così assorta..." "No eh che .. vedi... Secondo me hai trattato proprio male Solly lì, come lo chiami tu... Insomma, ti ha salvato la vita! Ti riempie di regali, ti faceva visita ogni giorno, chiede sempre di te e ti è stato al fianco nei due giorni seguenti mentre eri appesa tra la vita e la morte". "Eravamo soli? Noi due?" "Eh si! - fece con un sospiro la zia - ti ha messa a letto, ripulita e ti ha accudito come meglio non avrei potuto usando le pozioni che aveva trovato qui in casa." - Ripulita? Medicata? Toccata? Più ci rifletteva più voleva svenire dall'orrore! - Con una mano sul petto ansante rivisse con gli occhi della mente quello che poteva essere accaduto dopo. - Quei disgraziati l'avevano violentata? O era stata stuprata da Solly? No ma come poteva affacciarsi in lei un pensiero così terribile? Lui, il suo caro amico Solly, non le avrebbe mai fatto una cosa del genere, ma quell'aitante giovane, quello in cui si era tramutato Solly, forse sì. - E mentre ci pensava, Zia Amber si insinuò nella sua mente rispondendo alle sue domande inespresse e correndo al suo capezzale.

"No mia cara, non ci pensare neanche!" E le accarezzò quei quattro riccioli rossi che le si appiccicavano sulla testa... "Non sei stata abusata da nessuno, Solly è arrivato prima che ci provassero. E poi è rimasto qui, al tuo fianco, due giorni e due notti. Ero angosciata per te ma nessuno in paese sapeva indicarmi dove eri sparita quindi non mi era rimasto che tentare di trovarti alla casetta e lui era qui, seduto accanto a te, che ti accudiva senza mai riposare." "Ammetto di aver pensato anche io alla tua incolumità ma non l'avrei trovato al tuo capezzale intento al tuo benessere se avesse osato approfittare di te. Gliel'ho anche chiesto e lui rimase profondamente offeso dalla mia insinuazione." Sheila non riusciva a fermare i pensieri. L'aveva sicuramente portata in qualche modo alla casa, l'aveva svestita, lavata curata con gli unguenti che aveva trovato a portata di mano, aveva sicuramente letto le etichette e da come si stava riprendendo erano state le sue amorevoli cure iniziali che l'avevano aiutata a ristabilirsi quanto prima. Ma l'aveva vista nuda, indifesa, e questo ancora la agitava profondamente.

"Dici che davanti a lui dovrei vergognarmi per tutta la vita?" "E perché mai cara?" "La vita va avanti, è stato un caro ragazzo che si è preso cura di te, la cosa migliore sarebbe accettare di nuovo che venga a trovarti ogni tanto." "Ma sono brutta come la peste!" Con un sorriso furbo sulle labbra Amber disse: "Sciocca che sei, stammi bene a sentire, se fosse vero non ti avrebbe accudito con tanta dedizione ed una volta che l'ho sostituito, avrebbe potuto non farsi vedere mai più... invece..." Come se una luce si fosse accesa nella sua testa, Sheila si illuminò e le chiese consiglio. "Pensi che se lo mando a chiamare tornerà a salutarmi tutti i giorni? Mi mancano di già i suoi splendidi occhi che mandano lampi!" Beh sicuramente... ma vuoi farti trovare così?" "No no! Penso sia ora che mi faccia un bel bagno. Sono stufa di stare su questo letto." "Chiederò a George di portarti fino al fiume. "No mia cara zia!" Eccolo di nuovo il carattere intraprendente della ragazza.

"Ci vado da sola, costi quel che costi, ce la farò" disse alzando il braccio steccato "Non fare la sciocca, ti seguo con il sapone e gli asciugamani, non ti permetto di andare da sola." "E va bene zia." Con un forte sospiro di sollievo Amber si preparò ad assecondare quella tremendissima nipote. E ancora non le aveva rivelato cosa la turbava.

Albert era giorni che non la vedeva, e soffriva oh, come soffriva! Si rifugiava nell'orto, che ora era lasciato un po' incolto perché mancava la sua padrona dai riccioli rossi a zapparlo, a parlare con le piante, a ridere a giocare a ricorrersi. Allora si mise a occuparsene lui, come le aveva visto spesso fare. Prese la zappa ed iniziò a rigirare le zolle togliendo le erbacce che aveva imparato a distinguere. Portò vari secchi d'acqua per dare da bere a quelle povere piante semi abbandonate e assetate. Era come se continuasse a prendersi cura di lei. Provvedendo alle cose che Sheila amava. Ogni luogo dove posava lo sguardo la vedeva, non più dinoccolata e sciolta ma composta e sorridente, seduta di fronte a lui sui ceppi degli alberi, quelli che avevano posato tanto tempo fa. Quelli dove si erano scambiati i doni, quella dove lui aveva posato le labbra sulle sue. Brividi lungo la schiena al ricordo di quel tenero bacio che le aveva dato. E lei non aveva detto niente, come se nulla fosse, come se fosse un sogno.

Anche in quel momento la vedeva nei suoi sogni ad occhi aperti, non più bambina ma la splendida giovane che era diventata, rivestita solo dei suoi capelli, nuda che correva di qua e di là nel bosco. Ma lui riusciva a prenderla a girarla verso di sé, a tenerle la testa leggermente piegata e a darle il più torrido dei baci. Poi sognava di stenderla sotto di sé e baciarle i bianchi e sodi seni. Sognava di mordicchiarle i capezzoli fino a tenderli allo spasimo ed immaginava sentirla fremere sotto di sé. Mai aveva provato tutto questo per una ragazza. E si era volutamente tenuto lontano da quelle donne che lo avrebbero voluto portare nel loro letto. Era attratto sì dalle rosse dalla pelle color avorio, ma nessuna aveva eguagliato in bellezza la sua Sheila, nemmeno immaginandosela cresciuta dopo l'adolescenza passata lontano da lui. Era ancora intatta, lo sapeva... E lui aveva scelto di fare lo stesso. Per amarla e onorarla finchè morte non li separi... Ma... cosa avrebbero detto i suoi? Sarebbe stata una battaglia persa o l'avrebbe vinta? Sì, voleva sposare Sheila, la sua amica, la sua donna, la sua futura moglie. Ma.. lei non voleva più saperne niente di lui. Perché fantasticare così? Perché struggersi d'amore?

Nel frattempo si era incamminato verso il fiume ed una visione simile a quella dei suoi sogni gli si parò dinnanzi. La sua Venere sorgeva dalle acque. Si diede un pizzicotto sul braccio per cercare di capire se stava sognando o meno. Sheila era immersa nel fiume con la carrozzina. Come se fosse in una tinozza, il suo seno faceva capolino e le tenere e rosee punte dei capezzoli erano tese a pelo dell'acqua. La sua pelle risentiva del freddo e si era increspata come la pelle d'oca.

Si nascose dietro un albero per non perdere nulla della stupenda visuale alla quale stava partecipando. Zia Amber si affaccendava vicino a lei per porgerle al momento opportuno sapone o un secchio per sciacquarsi prima e più in fretta. Avrebbe tanto desiderato essere lui al posto della zia. Sarebbe stato il suo schiavo più devoto. Ormai l'eccitazione era alle stelle ed il turgore nei suoi pantaloni aveva raggiunto un'intensità tale che conosceva solo un modo per sfogarsi. E succedeva sempre quando si concentrava sul ricordo di una ragazza rossa che si divertiva a stuzzicarlo. Non era un maniaco, era solo un giovane uomo che non aveva potuto resistere all'affascinante spettacolo che gli si offriva. Si posizionò nell'incavo di un albero, e senza farsi né vedere né sentire, si masturbò lentamente mentre guardava l'oggetto delle sue premure. E mentre lei sollevava delicatamente le braccia e si strofinava il sapone tra i seni, lui venne e godette fino a perdere per un attimo i sensi. Poi si risistemò, scese dall'albero e le seguì a debita distanza finchè non finirono le loro incombenze e scomparvero alla sua vista.

Con un sorriso sornione e soddisfatto se ne tornò nei pressi del suo cavallo. Avrebbe messo la firma su qualche contratto se gli si presentava spesso e volentieri quella visione. Andò poi a bere un goccio alla taverna del paese, alla salute di quella florida bellezza.

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