14. Ciao...

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Era tutto buoi quando uno spiffero d'aria ghiacciata mi fece voltare verso la finestra. Non aveva tende e potevo dunque scorgere, per quanto mi fosse possibile, il parapetto del balcone; quanti ricordi messi da parte...
Già da piccola i miei genitori non stavano a casa ed io cercai sostegno e compagnia in un gruppo di ragazzi un po' allo sbando, anzi, un po' tanto allo sbando, ma era tutta la compagnia che potevo avere... Un giorno mi drogarono ed io mi buttai giù dal terzo piano, non so come ho fatto a rimanere intera.
Nessuno mi ha mai chiesto cosa avessi visto di così attraente da portarmi a oltrepassare il parapetto, infatti non ho mai detto a nessuno che vidi una donna insanguinata è vestita di nero piangere, né che quella donna ero io.
Una lacrima piena del dolore trattenuto fio ad ora, scese silenziosa come la morte sulle mie labbra tirate in un sorriso amaro e pieno di tristi ricordi.
Una mano sulla mia schiena mi desta dai miei pensieri. Osservo dal riflesso nella finestra che è Davide. Senza girarmi gli prendo la mano invogliandolo ad abbracciarmi, mentre con l'altra mi asciuga la lacrima.
Si avvicina fluttuando il corpo di una donna bianchissima vestita di nero, appena è abbastanza vicina posso percepire la morsa del gelo che regna in lei, è morta e ricoperta interamente di sangue. Sussulto facendo uno scatto in dietro, Davide non c'è più e anzi che cadere mi accorgo che sono in un fluido. Mi sembra naturale poter respirare qua dentro, ho la sensazione di essere a casa.
Alle mie orecchie giunge il suono di un pianto straziante, è una voce femminile e mi accorgo che proviene dal cadavere. Cerco di raccogliere tutto il coraggio che ho e mi avvicino a lei
"Perché piangi?" La mia voce esce più sicura di quanto io non sia nonostante tremi, la donna fissa i suoi occhi vitrei nei miei, sono castani con dei toni verdi come i campi, come i miei.
"Sono sola e chi mi ama è destinato ad uccidermi, anzi, lo ha già fatto" sono confusa, le sue labbra non si sono mosse, ho la sensazione che sia stata io a parlare e non lei.
"Come ti chiami?" Questa scena per me è come un'accoltellata al cuore, è come se qualcosa mi costringesse a parlare.
"Alice. Mi chiamo Alice" questa volta fu lei a parlare. Io iniziai a piangere e le posi la domanda temuta.
"Chi ti ha uccisa?" Le lacrime mi scorrono calde sulle guance, ma il mio sorriso è sempre lì, indifferente a ciò che provo.
La donna mi mi mostrò le sue mani, inesistenti, le erano state tagliate.
La donna prese la voce di Davide
"Alice, Alice svegliati!" Una bici compare di fianco a me, ci salgo sopra e inizio a pedalare ovunque sia abbastanza lontano da lei o da me...
La voce si fa sempre più forte ed io cado dalla bici.

Mi sveglio sudata e con il volto fradicio delle mie lacrime salate come il mare.
"Finalmente sei sveglia!" Davide è seduto davanti a me e tiene in braccio i miei mici, mi viene istintivo toglierglieli dalle braccia, ma mentre lo faccio sento uno strano freddo nei loro corpi, sono morti. Davide inizia a ridere del mio dolore, poi si fa improvvisamente serio.
"Alice, volevo solo dirti che ti amo. La ragazza che ho liberato per te è andata a dire tutto alla polizia e quindi saranno qui tra poco" tira fuori un'arma da fuoco e me la punta in fronte con aria triste, io lo guardo con aria comprensiva, ma non ho paura.
"Ti amo" mi dice prima di baciarmi
"No, tu non mi ami. Io ti amo" detto questo tirò il grilletto e sparò. Ci fu un secondo sparo, voleva uccidersi anche lui. Quando arrivò la polizia, vide Dave con la pistola in mano semi sdraiato sul letto vicino ad una ragazza dai lineamenti di una donna, vestita di nero che teneva al petto due gatti, uno tigrato è una nera, ricoperti di sangue. Nessuno sa che quella donna ero io...

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