Una stanza per due

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Dopo aver pagato il conto al bar ed aver raggiunto l'auto, partiamo subito per arrivare fuori dal palazzo di Tatiana, la mamma di Federico.

Devo ammettere che me lo ricordavo esattamente cosí com'é: un palazzo grigio, isolato dal resto delle case e circondato da un piccolo piazzale.

Fede apre il bagagliaio e scarica la mia valigia per poi raggiungere il portone e suonare al campanello per diverse, troppe volte.

"Il citofono di casa é rotto... Quindi questo é un modo efficace per farmi riconoscere" dice Federico rivolgendosi a me.

E in effetti é cosí: meno di cinque secondi e il  portone é aperto.

Entriamo tutti e tre: Emi davanti, io al centro e infine Fede con la pesante valigia appresso.

Raggiunto il pianerottolo troviamo una felicissima Tatiana che mi guarda sognante, dopo i diversi e lunghi anni sembrerebbe sia felicissima di vedermi.

"Ciao mamma" la saluta Fede, che viene però snobbato alla grande, dato che la madre corre subito verso di me accogliendomi tra le sue braccia.

"Santo Cielo Beatrice, sei piú bella di quanto ricordassi.." dice allontanandosi e osservandomi da capo a piedi.

"Mi ricordi tanto tua madre" aggiunge poi con un velo di malinconia negli occhi.

Sorrido, cercando di evitare che i tristi ricordi riaffiorino nella mia mente " Grazie, Tatiana.. Sei sempre molto gentile" dico abbassando lo sguardo, in imbarazzo per via di tutta l'attenzione rivolta nei miei confronti.

"Quindi? Vogliamo entrare o pensate di fare un festino sul pianerottolo?" chiede sarcastico Emiliano.

Sia io che la donna davanti a me sbuffiamo verso il mio amico che a quanto pare é in vena di battutine.

"Che sbuffate? Sarei il primo a festeggiare"

Alzo gli occhi al cielo scuotendo la testa.

"Saresti il primo solo se ci fosse alcol" commenta Tatiana lanciandogli un'occhiata di rimprovero.

"Probabilmente si, ma dettagli" risponde muovendo la mano a mezz'aria per concludere il discorso.

Federico, che durante questa scena ha partecipato passivamente sorridendo e ridendo, si fa largo tra di noi, entrando nell'appartamento con la mia valigia.

Lo seguiamo all'interno e, mentre Tatiana si dirige in cucina e Emi si lancia sul divano, io seguo l'altro mio amico al secondo piano verso quella che sarà la mia stanza per questi primi mesi.

Sono un po' spaesata, nonostante il posto non mi sia nuovo dato che il locale è stato a dir poco rinnovato e rimodernizzato sia al piano terra che al piano superiore.

Arriviamo alla fine del corridoio e Federico si ferma davanti ad una porta che presumo sia quella dove dormirò.

"Ecco qua la nostra stanza" dice voltandosi e indicandomela in modo teatrale.

Non noto tutte le piroette e i gesti strani che fa perché la mia mente si é fermata direttamente alla parola NOSTRA.

Nostra? É serio? Sta cercando di dirmi che in questa stanza non passerò la notte da sola ma in compagnia? Che dovrò condividere la stanza con lui ad un metro di distanza?

"Quindi tu e io.. " inizio a chiedere ma non concludo perché lui mi precede.

-Dormiremo qui.. Insieme- dice annuendo.

Okay, dormirò per non so quanto in sua compagnia.. Spero almeno in due letti separati.

"E si, tu in un letto e io in quello affianco" continua rispondendo alla mia domanda implicita, che non so come ma riesce a cogliere dalla mia espressione che a quanto pare non dovrebbe essere tra le migliori.

Perfetto, non é nulla di che, due migliori amici che dormono insieme: perché dovrebbe essere un male?  Ci siamo addormentati cosí tante volte in camera da piccoli, e per di piú nello stesso letto, che ora non farà differenza.

A parte il fatto che sono passati poco piú di dieci anni, io ne ho 18 e lui praticamente 26 e non siamo piú bambini. Ma si può fare: il nostro rapporto é equivalente ad un legame tra fratello e sorella, non ci sarà imbarazzo e non sarà nulla di ambiguo.

Spero.

"Bea, riesco a sentire le rotelline del tuo cervello che girano e rigirano tra loro macchinando chi sa quali ragionamenti" dice lui scherzando.

C'è poco da scherzare...

"Saranno due mesi di convivenza e poi ti lasceró soletta.. Io con il mio tour e tu con questa stanzetta tutta per te" aggiunge facendomi un'occhiolino.

Poi si sposta e mi lascia lo spazio per entrare, cosa che faccio subito per fuggire al suo sguardo.

Mi siedo sul letto e mi guardo attorno.. La camera é tappezzata di poster di vari rappers americani dai nomi impronunciabili, tra gli scaffali della libreria pochi libri.. Un computer sulla scrivania e dei fogli svolazzanti vicino.

Chissà se è proprio in questa piccola e intima stanza che il mio amico crea le sue canzoni.

"Insomma farai un tour?" chiedo ripensando a ciò che ha detto e per calare l'imbarazzo creatosi poco fa.

"In realtà é già iniziato, rimangono diverse tappe e poi ritornerò per pensare ad un nuovo disco.. O magari per una pausa, chissà" risponde pensieroso.

"Devi averne di fantasia per scrivere tutti quei pezzi in rima" commento osservandolo.

"Ne ho sempre avuta, non ti ricordi per caso?" mi chiede entrando e sedendosi su quella che dovrebbe essere l'altro letto, ma che é piú che altro una branda.. Non sembra molto comoda e ne é la prova il cigolio che crea appena Fede ci si posa.

Ricordo benissimo la sua fantasia, eravamo piccoli e avevamo voglia di vivere a fondo la nostra infanzia.
Ci divertivamo sempre, qualsiasi cosa facessimo, ma la maggior parte delle idee su quello che potevamo fare le aveva Federico.
Idee tutte molto irrealizzabili, ma che nel nostro piccolo cercavamo di attuare.

Iniziamo cosí a commentare i ricordi passati, stupendoci entrambi della nostra capacità di ricordare cose che pensavamo fossero sepolte dopo così tanti anni.

"Quella volta che di notte siamo usciti di nascosto per andare ai giardini a vedere le stelle?" chiede lui osservando il soffitto sognante.

"Altro che stelle.. era scoppiato un temporale fortissimo e siamo tornati di corsa a casa"  rispondo scuotendo la testa sorridente.

"Cazzo se si erano incazzati i miei" commenta lui.

Mia madre non fu da meno: mi proibì di vedere i miei amici per una settimana.. come se potesse servire a qualcosa.

"E ti ricordi quella volta che siamo saliti tutti e tre sul monopattino?" dico io tra una risata e l'altra.

"Come faccio a dimenticarmi? Mi sono rotto il braccio cazzo!! Emi aveva provato ad impennare e sono caduto di faccia" risponde con un'espressione addolorata al solo ricordo.

Ho ancora impressa la scena: Emiliano che ride, Federico che urla e io che piango per lo spavento.

Nonostante i diversi e soprattutto numerosi incidenti eravamo tre bimbi pazzi e scalmenati che riuscivano a divertirsi anche con poco o nulla, inconsapevoli di quelle che sarebbero state le nostre vite, che ci saremmo dovuti separare e che i nostri rapporti si sarebbero spezzati per cosí tanto tempo.

A volte mi chiedo come sarebbero state le nostre vite se fossi rimasta qui, se la nostra amicizia non si fosse interrotta.. avevamo dei sogni, tanti e tutti riguardavano il nostro futuro insieme, frequentare la stessa scuola, lavorare assieme.. chissà se avrebbero avuto il coraggio e la volontà per diventare quello che sono ora..

Continuiamo per ore e ore a ridere e raccontarci aneddoti, io lo aggiorno su ciò che facevo in America, su mio padre, sulla scuola sulla fantastica vita frenetica del luogo, e lui sulla sua qua, su come ha deciso di interrompere la scuola e lottare per realizzare quella che era diventata la sua vera passione.

Parliamo e parliamo, incuranti del tempo che passa e di Tatiana e Emiliano al piano di sotto.

Il tempo scorre ma noi non ce ne accorgiamo, spaparanzati su due letti a dirci tutto, nella sua, ormai nostra, stanza.

Fratelli a metà|| Fedez e Emis KillaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora