"Si tratta di partire. Un anno. Negli Stati Uniti."
Poche parole, che fin da subito non riesco a concepire pienamente.
Le mie labbra si aprono leggermente: vorrei parlare, chiedere, capire, ma dalla mia bocca non esce alcun suono.
Respiro, respiro, e respiro ancora.
Osservo la stanza attorno a me, che d'un tratto risulta estremamente chiusa, incapace di colmare a pieno la necessità di ossigeno per i miei polmoni.
Il mio sguardo ricade sul piccolo divano alle mie spalle, così mi avvicino, lentamente, e mi ci siedo sopra tentando di calmare la sensazione di movimento e di vertigini mel mio corpo.
Trecentosessantacinque giorni.
Mai prima d'ora ho pensato all'enorme quantità di tempo che rappresentano quelle tre cifre. Per non pensare all'enorme distanza chilometrica che divide l'Italia dall'America.
Un'infinità di numeri che in questo momento non fanno altro che incrementare il senso di confusione e terribile sconcerto nella mia mente.
"Da quanto?" la mia voce esce dalle mie labbra in un suono flebile e acuto.
Alzo gli occhi verso il viso del ragazzo di fronte a me: ha le mani nei capelli, uno sguardo estremamente intimorito che assume un'espressione dubbiosa nel sentire la mia domanda.
"Co..cosa?" chiede poi, schiarendosi la voce.
Sbuffo in preda al nervoso ed all'eccessivo stress.
"Da quanto lo sai." Aggiungo poi spazientita.
Lui abbassa lo sguardo, incapace di guardarmi: sembra quasi che il tappeto a fiori di Tatiana sia di gran lunga più interessante della mia presenza.. Incredibile!
"Da questa mattina Bea.. ho cercato di dirtelo il più presto possibile".
"Da questa mattina dopo la chiamata?" chiedo sfuggendo dai suoi occhi, esattamente come lui ha fatto poco fa.
Federico annuisce.
Oh.
Ora tutto é piú chiaro.
Capisco lo strano comportamento di stamane, il suo modo di sfuggire ai miei sguardi, proprio dopo la telefonata del suo socio."E non potevi dirmelo subito?" chiedo guardandolo seria. "Non potevi evitare l'incontro di questo pomeriggio con i tuoi amichetti?" domando subito dopo.
Lui mi guarda, mi studia, rimane in silenzio per minuti tentando di capire il mio vero stato d'animo: se sono arrabbiata, triste, impaurita.
La verità é che nemmeno io so cosa provo, sento un miscuglio di sensazioni ed emozioni che non riesco a cogliere singolarmente.
Ho paura, sí: paura di quella che sarà la sua scelta finale, a meno che non l'abbia già presa.
Provo anche tristezza: per via dell'importanza che ho dato a questa storia, che in un battibaleno potrebbe terminare.
Ma soprattutto provo rabbia: rabbia per un qualcosa che è nato e che in un anno forse potrebbe scomparire, un qualcosa che lui probabilmente non ha mai voluto.Lo guardo anche io e, come lui con me, tento di interpretare il suo sguardo.
I suoi occhi sono fissi nei miei, ma sono anche totalmente persi in chissà quali pensieri, hanno un'anima triste, sconsolata, intimorita e confusa: forse lui stesso non sa cosa fare e tenta di trovare in me una conferma.
La sua bocca é semiaperta e piú volte si apre e si richiude, emettendo sussurri che si disperdono nella poca aria attorno a noi. Non ha la forza di parlare, di esprimersi, di dire qualsiasi cosa.Parlo io, non so bene cosa dire, ma so per certo che questo insistente silenzio fa piú male di qualsiasi altra parola.
Mi schiarisco la voce.
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Fratelli a metà|| Fedez e Emis Killa
FanfictionBea torna a Milano dopo diversi anni trascorsi con il padre all'estero. Tornando ritrova i suoi vecchi amici, tra cui Emiliano e Federico, che si conoscono fin dalla nascita e si considerano quasi fratelli. Qui si trova in un mondo nuovo, i due ra...