capitolo 1

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Stavo fissando quel libro.
Era in assoluto il mio preferito, era un po' consumato negli angoli a forza di leggerlo.
Ero fatta così, ero diversa, e questo mi rendeva felice.
Solo Dio sa quante estati ho passato chiusa in quella camera, seduta sul letto a leggere qualsiasi tipo di libro mentre ascoltavo la musica.
Mi affascinavano quei libri, in quelle storie tutto era così perfetto, la ragazza trovava il suo principe azzurro, sempre fedeli, pieni di passione, non si lasciavano mai...
Insomma, tutto era perfettamente irrealistico.
"Leah, forza, vieni giù, siamo tutti pronti!"
Ero così persa nei miei pensieri che non mi ero neanche accorta di aver lasciato mia madre e mio padre ad aspettarmi alla porta.
Misi il libro nello scatolone insieme agli altri per poi fiondarmi giù dalle scale, rischiando anche di cadere.
"Hai preso tutto?" Chiese mio padre mentre gli davo lo scatolone da mettere sul camion.
"Sì, tutto"
Quella era l'ultima volta che avrei visto quella casa, la casa in cui passai la mia intera infanzia.
"Andiamo, allora"
Salii con fatica sul camion.
Ero bassa, sì, ma per confortarmi diedi la colpa all'esagerata altezza del mezzo.
Mi misi comoda sul sedile posteriore allacciando la cintura.
Mi aspettava un lungo viaggio, ci saremmo trasferiti in California, e non vedevo l'ora.
In preda all'agitazione, presi le cuffiette dalla mia piccola borsa e alzai il volume della musica, cosicché non avrei dovuto ascoltare i miei genitori parlare della nuova casa.
Doveva essere una sorpresa.
Guardai con nostalgia quella casa allontanarsi da me.
Ma forse era la cosa migliore, avevo passato troppe cose lì, c'erano tutti i miei incubi e nessun sogno.
Avrei ricominciato da capo, finalmente.
"Leah" mia madre mi richiamò toglienromi una auricolare.
"Dimmi"
"Mancano tre ore e siamo arrivati-"
"Sono già passate tre ore?" la interruppi, sorpresa.
"Sì"
Wow, pensavo che il tempo sarebbe passato più lentamente, mi ero completamente persa nei miei pensieri.
Meglio così, immagino.
"comunque, stavo dicendo, vuoi fermarti a pranzare in un ristorante o vuoi andare dritta a casa?"
"non ho molta fame, sinceramente"
"Io sì, quindi ci fermiamo" aggiunse mio padre.
Figuriamoci se lui non aveva fame.
Alla fine abbiamo optato per un McDonald e non ho toccato cibo.
"Leah, ci sei?"
Mi risvegliati dai miei pensieri quando mia madre si alzò.
"Sì, uhm, andiamo" mi alzai per seguirli.
Le ultime tre ore di viaggio passarono più lentamente del previsto e, dopo aver ascoltato due volte di fila la mia intera playlist, mi arresi e ascoltai il loro discorso riguardo la nuova casa.
"Sarà in una piccola cittadina, il liceo è vicino a casa, quindi potrai andare a piedi" mi informò mia madre.
"Oh, fantastico"
Chi è che appena sveglio ha voglia di camminare fino a scuola?
Come se non bastasse, il concetto di mia madre di "vicino" non era come il mio, il che mi preoccupava, ma decisi di tenere il commento per me.
"Abbiamo anche dei vicini simpatici"
"Okay" commentai distrattamente.
"Il loro figlio è un bel ragazzo"
La cosa si stava diventando piuttosto interessante.
"Come si chiama?"
"James Kennedy"
"Bel nome"
"Come se ti interessasse il nome" rise mio padre.
"Papà, no."
"Scherzavo, lo so che ho una figlia santarellina"
"Non sono santarellina"
"Come no" trattenne un'altra piccola risata.
Come se non me ne fossi accorta.
"Che ne sai?" Alzai un sopracciglio sfidandolo.
Era ovvio che non avrei mai fatto certe cose, ma aspettai la reazione di mio padre che non aspettò ad arrivare, facendomi scoppiare a ridere per un momento, prima che si ricomponesse.
"Eccoci arrivati!" Esclamò mia madre entusiasta.
Imprecai mentalmente per via della sua voce acuta, ma mi trattenni.
Non dovevo essere scontrosa.
Almeno non quel giorno, poi molto probabilmente l'indomani avrei ripreso le mie abitudini.
"Carina" commentai cercando di sorridere, nonostante la stanchezza quando scesi dal camion.
Non sembra, ma viaggiare in macchina stanca.
"Già" sorrise mia madre.
Era una delle classiche case americane, due piani e un garage laterale.
All'esterno era ricoperta di assi bianche, il che le dava ancora di più l'impressione di essere vecchia.
Bloccai i miei pregiudizi e decisi di seguire i miei genitori che intanto erano entrati in casa.
Subito si mostrò un grande salone decorato elegantemente, il divano bianco in ecopelle era in fondo alla stanza alla mia sinistra contro il muro color crema, ai lati c'erano delle lampade che davano un non so che di elegante.
Già non sopportavo quella casa.
"Ehm, dov'è la mia stanza?" Chiesi mentre i miei genitori posavano gli scatoloni all'entrata.
"Al piano di sopra, l'ultima in fondo al corridoio"
Annuii semplicemente e presi la mia roba per poi correre su per le scale.
Tanto per cambiare, la mia stanza era piazzata peggio del salotto.
Tutti i mobili erano bianchi e neri e il piumino del letto grigio.
Non diedi retta ai miei commenti rudi e iniziai a sistemare i miei libri sulle mensole sopra al mio letto, uno dopo l'altro, passando da Charles Bukowski ed Oscar Wilde a John Green ed Anna Todd.
Erano in assoluto i miei scrittori preferiti, erano il pilastro della mia adolescenza.
Dopo aver sistemato i libri passai alla scrivania.
Presi dalla scatola i CD e i gadget dei miei cantanti preferiti posizionandoli accuratamente negli angoli, per poi mettere al centro il mio computer portatile.
Infine misi in un angolo le mie due chitarre, avevo sempre avuto questa passione per la musica, e fin da piccola mi affascinava l'idea di suonare la chitarra.
Ovviamente vinsi la battaglia contro mia madre e all'età di dieci anni acquistai la mia prima chitarra.
Una volta posizionate feci un passo indietro e sorrisi soddisfatta guardando la mia stanza.
Almeno adesso aveva un tocco della mia personalità.
Proprio quando mi stavo per buttare sul mio nuovo letto per "testarlo" la voce di mia madre arrivò dal piano di sotto.
"Leah, vieni di sotto!"
Sbuffai sconfitta.
"Solo un secondo!" Risposi, sedendomi sul letto.
Era già stata una giornata piuttosto stancante, ci mancava solo che si metteva a darmi ordini di aiutarla a pulire e sistemare e avrei infranto la mia regola del "sii civile il primo giorno".
Risi per il nome stupido che mi venne in mente e mi alzai dal letto per guardarmi allo specchio posto contro ad una parete.
Mi aggiustai i jeans e il maglioncino, faceva piuttosto freddo essendo in pieno inverno e oltretutto il riscaldamento era ancora spento.
Con una mano tirai nervosamente indietro i miei capelli rossi quando mia madre mi chiamò l'ennesima volta.
"mio Dio, arrivo!" Risposi seccata per poi scendere le scale facendo un lungo respiro.
Mi dovevo trattenere.
Almeno quel giorno.
Quando scesi l'ultimo gradino seguii lo sguardo compiaciuto di mia madre, e quando guardai davanti a lei arrossii di colpo.
Sarebbe stata una lunga serata.



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